I titoli di oggi:
- Le mire della Cina sulle infrastrutture del Perù
- Alibaba nel mirino dei servizi del Belgio per spionaggio
- La Cina guadagna spazio nell’Artico
- A quanto ammonta la corruzione dei funzionari cinesi?
- Sui social network cinesi sempre più giovani usano l’alias “momo”
- Arrestati due giornalisti della redazione indiana di NewsClick
- I produttori di armi dell’Indonesia riforniscono di armamenti il Myanmar
- Sparatoria in Thailandia: il governo vuole regolamentare il possesso delle armi da fuoco
Le mire della Cina sulle infrastrutture del Perù
Le mire cinesi in Perù preoccupano gli Stati Uniti. Washington ha presentato i suoi timori a Lima, dopo gli ingenti investimenti di Pechino nella nazione sudamericana che hanno permesso alla Repubblica popolare di ottenere il controllo della società di fornitura elettrica alla capitale peruviana e di nuovo megaporto sulla costa del Pacifico. Un funzionario americano ha detto al Financial Times che le preoccupazioni riguardano le capacità del governo di Lima di non saper riconoscere vantaggi e svantaggi nel fare affari con la Cina.
Ma quali sono gli interessi di Pechino? La società statale cinese di spedizioni e logistica Cosco sta costruendo un porto a Chancay, 70 km a nord di Lima. Qui attraccheranno alcune delle navi mercantili più grandi del mondo, rendendo il Perù uno dei principali hub marittimi del Pacifico. Cosco possiede una quota del 60 per cento dell’infrastruttura, mentre la restante parte è nelle mani della compagnia mineraria peruviana Volcan. La fase iniziale del progetto, che dovrebbe costare 3,6 miliardi di dollari, dovrebbe essere inaugurata alla fine del 2024, quando il presidente Xi Jinping visiterà il Perù per il vertice APEC.
La Cina potrebbe mettere le mani anche su un impianto che apparteneva a Enel. Lo scorso aprile, la società energetica italiana ha annunciato la vendita della sua azienda elettrica peruviana, che fornisce energia al nord di Lima, alla China Southern Power Grid International per 2,9 miliardi di dollari. Il resto della fornitura di elettricità di Lima è stata venduta a un’altra società cinese, Three Gorges Corporation, nel 2020. Three Gorges possiede anche Chaglla, una delle più grandi dighe idroelettriche del Perù. Stando a quanto reso noto dalla Società Nazionale dell’Industria del Perù, se la vendita di Enel andasse in porto, “porterebbe a una concentrazione del 100 per cento del mercato della distribuzione elettrica di Lima nelle mani della Repubblica popolare cinese”. L’autorità garante della concorrenza del Perù sta esaminando la transazione.
Alibaba nel mirino dei servizi del Belgio per spionaggio
Il servizio di intelligence belga starebbe monitorando il principale complesso logistico europeo di Alibaba per presunte attività di spionaggio. Lo riportano fonti del Financial Times, secondo le quali il complesso logistico della compagnia cinese, situato presso l’aeroporto cargo della città di Liegi, è finito nel mirino dei servizi di sicurezza per “possibili attività di spionaggio o ingerenza” da parte delle entità cinesi. Il sospetto, secondo il quotidiano, è che Pechino stia sfruttando la presenza sempre più capillare della logistica e dell’e-commerce cinesi nell’Europa occidentale per condurre attività di sorveglianza e spionaggio. La presenza di Alibaba nella città della Vallonia è il frutto di un accordo del 2018 che prevede investimenti per 100 milioni di euro.
La Cina guadagna spazio nell’Artico
Pechino continua a espandere il suo ruolo nell’Artico per aumentare l’accesso alle rotte marittime, alle risorse naturali e ad affermare il suo peso militare e strategico. E lo fa sfruttando le debolezze economiche della Russia. Nonostante non abbia mai gradito la presenza della Cina nella regione, Mosca si sta rivolgendo a Pechino per realizzare progetti strategici, cercando l’aiuto delle aziende cinesi per sviluppare porti, miniere e altre infrastrutture nell’Artico.
Le cose sono cambiate con lo scoppio della guerra in Ucraina. La politica della Russia, che in precedenza si concentrava sul “rafforzamento delle relazioni di buon vicinato con gli stati artici”, ora enfatizza l’accesso a tutti gli stati stranieri, una mossa che apre ulteriormente le porte alla Cina. La ritrovata cooperazione è più evidente nell’aumento delle spedizioni di greggio attraverso la rotta del mare del Nord, che attraversa l’Artico dalla Russia nordoccidentale allo Stretto di Bering. Il volume, sebbene ancora piccolo rispetto a quello trasportato lungo le rotte del sud, è aumentato vertiginosamente nelle ultime settimane.
A quanto ammonta la corruzione dei funzionari cinesi?
Quanta corruzione c’è nella burocrazia cinese? La risposta si trova in un articolo pubblicato dal think tank NBER (National Bureau of Economic Research), realizzato da diversi economisti della Tsinghua University, della Wisconsin School of Business, e della Columbia Business School, che hanno esaminato i registri amministrativi dell’Housing Provident Fund, un programma di risparmio per l’acquisto di immobili sostenuto dal governo di Pechino, e li hanno confrontati con i guadagni dichiarati dai funzionari.
Secondo la comparazione, durante il periodo tra il 2006 e il 2013, il reddito non ufficiale (cioè quello non dichiarato) di un funzionario governativo medio ammonta all’83 per cento del suo reddito ufficiale. In termini di corruzione, quindi, il 13 per cento dei funzionari ottiene redditi non dichiarati e questa percentuale tende ad aumentare con il grado del funzionario. Secondo lo studio, i redditi non ufficiali sono diminuiti significativamente dopo la campagna anti-corruzione iniziata nel 2013, anche se non è ancora possibile quantificarne il valore.
Sui social network cinesi sempre più giovani usano l’alias “momo”
Gli utenti cinesi dei social media stanno adottando l’alias “momo” – abbinato all’immagine profilo di un dinosauro rosa dei cartoni animati – come un modo per parlare più liberamente, eludere la censura e proteggere la propria privacy. E soprattutto creare una community dove esprimere liberamente le proprie emozioni e affrontare temi comunemente censurati.
Stando a quanto racconta un articolo di Rest of the World, in origine il nick “momo” era di un utente registrato sulle piattaforme di Douban e Xiaohongshu. Dopo essere finito nel mirino di una comunità di fan per aver criticato una star, “momo” è diventato l’alter ego di numerosi netizen che vogliono spettegolare sulle celebrità senza essere molestati dai fan.
Arrestati due giornalisti della redazione indiana di NewsClick
Due giornalisti sono arrestati a New Delhi nell’ambito della massiccia operazione della polizia, che, ha fatto irruzione nelle case di più di quaranta tra giornalisti, illustratori, storici, editori del sito online indipendente NewsClick. I fermati sono il fondatore del sito e i responsabili delle risorse umane Prabir Purkayastha e Amit Chakravarthy, accusati di irregolarità contabili e finanziamenti occulti dall’estero, ma nei loro confronti è stato evocato anche il codice Uapa, che punisce le attività terroristiche e la cospirazione contro l’India.
Come vi abbiamo raccontato ieri, la stretta su Newsclick, tuttavia, segue la pubblicazione di un’inchiesta del New York Times, che ad agosto aveva denunciato il ruolo della piattaforma indiana nella campagna di disinformazione lanciata dalla Cina nel Sud globale. Gli agenti avrebbero sequestrato diversi telefoni e laptop appartenuti ai giornalisti della redazione.
I produttori di armi dell’Indonesia riforniscono di armamenti il Myanmar
Alcuni gruppi di attivisti hanno presentato una denuncia alla commissione nazionale indonesiana per i diritti umani, sostenendo che tre produttori statali dell’Indonesia abbiano venduto armi al Myanmar dopo colpo di Stato del febbraio 2021. Gli armamenti sarebbero arrivati tramite una società birmana chiamata True North, di proprietà del figlio di un ministro dell’esercito, sostengono la Chin Human Rights Organization e il Myanmar Accountability Project.
Sparatoria in Thailandia: il governo vuole regolamentare il possesso delle armi da fuoco
La terribile sparatoria, avvenuta il 3 ottobre a Siam Paragon, uno dei principali centri commerciali di Bangkok, ha riacceso il dibattito sulle armi da fuoco in Thailandia. Il “paese dei sorrisi” ha uno dei tassi più alti di possesso di armi e di omicidi con armi da fuoco in Asia. Secondo le stime di gunpolicy.org, dei 7,2 milioni di armi da fuoco possedute da privati nel paese, solo sei milioni sono registrate. Ora le autorità stanno pensando di regolamentare uno dei settori più sfuggenti: quello delle “pistole a salve”, come il modello utilizzato dal killer quindicenne, e che oggi possono essere acquistate online senza alcuna licenza.
A cura di Serena Console; ha collaborato Alessandra Colarizi
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.