liu bolin artista invisibile

Chinoiserie – Liu Bolin, l’artista invisibile

In Chinoiserie, Rubriche by Camilla Fatticcioni

Liu Bolin, l’artista invisibile, ha fatto del camouflage il tratto distintivo della sua produzione.  In questa nuova puntata di Chinoiserie, la rubrica sull’arte cinese a cura di Camilla Fatticcioni, prosegue il racconto della Cina Contemporanea attraverso i suoi artisti. 

Si è appena conclusa a Palazzo Vecchio la mostra dedicata al mago del camouflage. Un anno fa, Liu Bolin iniziava il suo progetto Hiding in Florence, coronamento della sua più ampia serie Hiding in Italy dedicata al nostro paese. In Italia Liu Bolin si è “mimetizzato” tra i nostri monumenti, fondendo il suo corpo con la storia e la cultura Italiana. Liu è forse l’artista che ha fatto della sua “assenza” il cuore della sua pratica artistica. Performer e fotografo, Liu Bolin interpreta il suo corpo come una scultura vivente da fondere con l’ambiente circostante. Questo è possibile solamente attraverso un attento studio dello spazio e della luce e lunghe sessioni di meticoloso body painting.

liu bolin artista invisibile

Liu Bolin, Civilian and Policeman n°1, 2006 (Courtesy: Boxart Galleria d’Arte)

 

Gli esordi 

Nato nello Shangdong nel 1973, Liu studia scultura alla Central Academy of Fine Arts (CAFA) di Pechino. Iniziando la sua carriera artistica da giovane nel famoso 798 Art District di Pechino, Liu Bolin ha iniziato a creare le sue prime opere d’arte, tra cui la famosa scultura del pugno chiuso in bronzo, che rappresenta il potere oppressivo del governo sull’individuo, come dichiarato dall’artista stesso. Negli anni successivi,  Liu ha continuato a esplorare il tema degli abusi politici e i loro molteplici effetti collaterali. Questa riflessione si è manifestata in varie opere d’arte, tra cui la serie fotografica “Hiding in the City” (2005-), che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Hiding in the City nasce come come reazione alla demolizione di Souja Village, un distretto artistico della città di Binzhou, nello Shangdong. All’epoca Suojia Village era popolato da numerosi studi di artisti, e la sua demolizione ha fatto profondamente riflettere Liu Bolin. Mentre le scavatrici buttavano giù i palazzi,  decide di mimetizzarsi tra le macerie portando ad una riflessione sull’imparità tra sistema ed individuo, che troppo spesso diventa invisibile agli occhi delle istituzioni. Negli anni Liu Bolin ha continuato a farsi ritrarre come scultura vivente, guadagnandosi il titolo di artista camaleonte. Secondo la cultura cinese, l’uomo è parte della natura e in queste opere, l’artista non sparisce ma, in realtà, si unisce alla natura stessa. Per Liu ognuno dei luoghi che sceglie per le sue fotografia, così come gli oggetti, anche i più piccoli, hanno un’anima che li caratterizza e in cui mimetizzarsi, svanire, identificarsi nel “tutto”.

 Plasticizer

Negli anni, si è fatto ritrarre davanti ai più importanti monumenti del mondo, a opere d’arte, a librerie, a scaffali dei supermercati, a montagne di rifiuti e in mezzo a gruppi di migranti.
Stessa tipologia di foto, significato diverso. Ogni progetto mimetico dell’artista racconta un pezzo della nostra realtà, o la critica. Nel 2010 Liu si mimetizza tra gli scaffali dei supermercati. La serie Plasticizer racconta come la nostra società viene quotidianamente inghiottita dalla produzione di masse.
I plastificanti sono degli additivi che aumentano la fluidità di un materiale. Nel 2011 scoppiò in Cina uno scandalo, perché furono trovate notevoli quantità di questi additivi nelle bottiglie d’acqua. Con questa serie Liu non racconta semplicemente il consumismo, ma la sua lotta quotidiana per la sopravvivenza.

liu bolin artista invisibile

Plasticizer (2010), Courtesy of the Artist

Nascondersi in Italia

Liu Bolin arriva per la prima volta in Italia nel 2008, invitato come artista in residenza a Verona da Boxart. Durante la sua residenza elabora la sua personale Hide and Seek, mostra che presente opere in due luoghi diversi, ma anche con molte connessioni. L’Italia e la Cina.

Parte delle opere di Hide and Seek sono infatti realizzate a Pechino.  Liu  riflette sul contesto sociale del suo paese, evidenziando la sua preoccupazione per il processo di urbanizzazione brutale e talvolta assurdo della Cina contemporanea. L’altra parte del progetto invece viene creata a Verona, dove Liu invece inizia ad esplorare l’atteggiamento dell’Italia nei confronti del proprio patrimonio culturale come la memoria umana e architettonica che influenzano il paesaggio. Dal 2008 in poi è ampio il capitolo che Liu dedica all ‘Italia e alle sue città d’arte, da Venezia a Milano, da Caserta a Pompei fino ad arrivare ad oggi con questo bellissimo tributo alla città di Firenze.  Anche se identiche nell’esecuzione e nella tecnica, ogni scatto di Liu racconta uno spazio ed una storia diversa ed un modo dell’artista di relazionarsi con l’ambiente che lo circonda. Come scrisse Aristotele, l’arte è mimesi. Gli ultimi anni di produzione di Liu rappresentano un vero e proprio tributo all’arte e alla cultura, lasciando a questa il potere di “inghiottire” il resto.

Hiding in Florence (2022), Courtesy of the artist

 

“Oggi esistono molti differenti modi di pensare. Ogni persona sceglie la propria strada nel venire a contatto col mondo esterno. Io scelgo di fondermi con l’ambiente. Invece di dire che scompaio nello sfondo circostante, sarebbe meglio dire che è l’ambiente che mi ha inghiottito e io non posso scegliere di essere attivo o passivo. In un contesto che privilegia l’eredità culturale, il mimetismo non è di certo un posto sicuro dove nascondersi.” – Liu Bolin, Hide and Seek (2008)

 

*Alcuni dei contenuti di questo articolo sono stati tratti dall’intervista a Zhang Huan nel libro “Il Dragone d’acciaio – Interviste a dieci artisti cinesi” di Annarita Curcio.