Un altro caso mediatico nello star system cinese: l’idol Cai Xukun avrebbe frequentato una ragazza minorenne per poi costringerla ad abortire. Ma dal web le reazioni sono state più placate rispetto agli scandali che in passato hanno coinvolto altre celebrità. “Dialoghi” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio di Milano
Cai Xukun 蔡徐坤, classe 1998, è un rapper e ballerino cinese. Come molti altri della sua generazione, la sua fama è legata ai reality show: programmi costruiti per produrre “idol” (ouxiang, 偶像, o anche aidou, 爱豆), celebrità la cui immagine pubblica viene plasmata e curata da agenzie di talenti. Molti sono cantanti, altri finiscono per ricoprire ruoli importante nelle serie tv e nel cinema. Tutti mantengono un forte legame emotivo con i fan: il loro grado di apprezzamento e di fedeltà alla celebrità che supportano sono fattori che influenzano considerevolmente le scelte delle agenzie.
Il talent show che funziona come trampolino di lancio per Cai è Super Idol, conosciuto anche come Star Moving Asia, traduzione letterale del nome cinese Xing Dong Yazhou, 星动亚洲. Il giovane, all’epoca adolescente, partecipa alla prima e alla seconda stagione del programma e nel 2016 debutta con il gruppo SWIN. Ma il futuro ha in serbo per lui una carriera ben più luminosa. Abbandona gli SWIN e la società discografica Pelias Entertinment, partecipa a un altro reality (il celebre Idol Producer, Ouxiang Lianxisheng, 偶像练习生, della piattaforma di intrattenimento IQIYI, Ai qi yi, 爱奇艺) e lo vince. Nel 2018 diventa il leader del gruppo Nine Percent, che si scioglierà l’anno successivo. In quei mesi Cai annuncia il suo primo tour da solista, presentandosi con il ben più accattivante nome “Kun”. Nel 2020 ritorna a Idol Producer, questa volta come mentore a fianco di Lisa delle Blackpink. Dopo qualche mese sforna un nuovo album e, per la fine del 2021, una statua di cera lo celebra al Madam Tussauds di Hong Kong.
È proprio in quel periodo che l’idol incontra una ragazza (a cui ci si riferisce solo con l’iniziale “C”), con cui intrattiene una breve relazione o forse un rapporto occasionale di una notte. Quando la giovane, dopo qualche settimana, scopre di essere incinta, il cantante fa pressione affinché abortisca. E lo faccia in segreto. C sceglie l’interruzione di gravidanza e tutto finisce lì: reputazione di Cai salva, scandalo mediatico scongiurato. Almeno fino al 26 giugno scorso, quando un paparazzo ha rivelato i presunti fatti in una live social in cui sono state anche condivise registrazioni vocali e messaggi WeChat.
Le questioni sono emerse una dopo l’altra, rendendo la storia ancora più controversa: pare che la madre di Cai, preoccupata per le conseguenze della gravidanza di C, abbia assunto un investigatore privato e abbia fatto istallare una telecamera che monitorasse l’ingresso dell’appartamento della giovane; che i filmati raccolti siano poi stati utilizzati per indurre la donna ad abortire; che C all’epoca dei fatti fosse ancora minorenne.
La risposta non si è fatta attendere. In un post sul suo profilo ufficiale Weibo pubblicato il 3 luglio, Cai ha ammesso di aver frequentato la ragazza, ma che il tutto si è svolto con il consenso di entrambe le parti. Ha anche aggiunto che “le questioni private tra noi sono state risolte nel migliore dei modi”, scusandosi con il suo seguito e assicurando di voler limitare “le mie azioni e accettare la supervisione del pubblico”.
In poche ore il post ha ricevuto oltre 6 milioni di like e gli hashtag “Cai Xukun risponde” (Cai Xukun huiying, 蔡徐坤回应) e “Cai Xukun ha fatto abortire C” (Cai Xukun C nushi datai, 蔡徐坤C女士打胎#) sono stati visualizzati rispettivamente oltre 2,4 miliardi e 3 miliardi di volte. Le dichiarazioni della celebrità sono state anticipate da chiare prese di posizione da parte delle autorità: l’Advertising Association di Pechino ha rilasciato una dichiarazione sui potenziali rischi di sponsorizzazione di un cantante cinese il cui cognome è Cai. Poi, il media di stato CCTV ha rimosso tutti i contenuti relativi all’idol sulla sua piattaforma di video streaming Yangshipin, 央视频. È stata notata l’assenza, tuttavia, di reazioni estreme. Sia da parte dei brand con cui la celebrità collabora (tra cui figurano Prada e Givenchy), sia dai suo gruppo di fan: un silenzio che il sito di notizie Jing Daily commenta come “sorprendente”, vista l’ “ipersensibilità” della fandom cinese.
In altri casi a sfondo sessuale, infatti, gli utenti si sono scagliati con violenza contro le celebrità coinvolte. “La più grande umiliazione della storia”, recitavano alcuni commenti dello scorso anno sui fatti che hanno coinvolto il noto attore Li Yifeng, famoso tra le altre cose per aver interpretato niente poco di meno che Mao Zedong in un colossal sulla storia del Partito comunista cinese. A settembre 2021 le autorità ne hanno dichiarato l’arresto con l’accusa di aver adescato ripetutamente delle prostitute. Ad aggravare il tutto il goffo tentativo di Li di difendersi sui social media. Per i fan non c’è stato più nulla da fare: l’attore “ha davvero perso la faccia”, hanno detto in molti. In quel caso inoltre la casa di moda Prada, per cui l’attore era ambassador in Cina, ha interrotto immediatamente i rapporti.
Verrebbe quasi da dire che la velocità con cui si è placato il clamore attorno al caso di Cai e le reazioni più controllate da parte dei fan mostrino come il Partito sia riuscito nel suo intento di contrastare gli eccessi del settore degli idol. Gli scandali che negli ultimi anni hanno coinvolto le celebrità cinesi sono stati veicolati da due matrici. Da una parte, il movimento #MeToo, entrato nella Repubblica popolare nel 2018 con il caso che ha visto la giovane Zhou Xiaoxian denunciare per molestie sessuali un noto giornalista televisivo. E grazie al quale tematiche come il dibattito sulle discriminazione di genere e la prevaricazione sulle donne da parte degli uomini in condizioni di potere hanno raggiunto diffusione virale, pur oscurando in parte temi e volti del femminismo autoctono (come le Feminist Five).
Dall’altra, le prese di posizione di Pechino, che nel 2021 ha lanciato una campagna per spingere celebrità del paese a mostrare comportamenti più morali e a “opporsi consapevolmente alle idee decadenti del culto del denaro, dell’edonismo e dell’individualismo estremo”. Ad agosto di quell’anno la China’s National Radio and Television Administration (NRTA) ha organizzato due giornate di “sessione di formazione etica” per decine di idol (ne avevamo parlato in una puntata di Dialoghi), proprio nel pieno dello scandalo che aveva coinvolto il cantante sino-canadese Kris Wu, finito agli arresti dopo diverse accuse di stupro.
Una mossa che ha coinvolto una serie variegata di attori e attrici, cantanti e influencer, non solo coinvolti in scandali sessuali. E che ha puntato il dito anche contro gli atteggiamenti “malsani” e “devianti” riproposti da persone che farebbero di tutto per difendere il proprio idol. All’epoca a scandalizzare l’opinione pubblica era stato in particolar modo la modalità con cui migliaia di fan avevano risposto all’invito del talent show Youth With You di scansionare il QR code presente sulle confezioni di una marca di latte per supportare le star preferite: nelle ore successive una folla esagitata di seguaci aveva acquistato 270 mila bottiglie di latte, buttandone letteralmente nel cesso il contenuto, come testimoniano i video diffusi sul web.
Gli utenti sul caso Cai hanno sì veicolato critiche su quanto successo, ma senza abbracciare decise prese di posizione. Nell’orda di commenti sono emersi anche quelli di fan sconvolti non tanto per le sue presunte azioni, ma per il fatto che l’idol avesse avuto una relazione. Nel caotico mondo dei fan club (fanquan, 饭圈) coreani e cinesi, infatti, ci si aspetta che la celebrità abbracci la pubblica castità per non tradire l’amore platonico di milioni di giovani sostenitori.
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.