La segretaria del Tesoro degli Stati uniti accusa Pechino di «pratiche economiche inique». E garantisce di non volere una separazione delle economie. La Cina non si fida
“Quando è atterrata a Pechino è apparso un arcobaleno nel cielo dopo un improvviso acquazzone”. Il Quotidiano del Popolo propone un’immagine quasi poetica per descrivere l’arrivo di Janet Yellen per la sua attesa visita in Cina, riproposta anche dal premier Li Qiang. Ci sarebbe la tentazione di identificare la segretaria del Tesoro nell’arcobaleno e Antony Blinken nell’acquazzone. Come se la realtà delle esigenze economiche prenda brevemente il sopravvento sui problemi politico-strategici impersonati dal segretario di Stato, anche lui di recente a queste latitudini. Ma non sarà facile che le due potenze si convincano a lavorare nella stessa direzione per “superare le tempeste e abbracciare il sole”, per continuare a citare l’organo ufficiale del Partito comunista. Pur presentandola come una figura pragmatica e ricordando che negli ultimi anni si è espressa più volte per una riduzione delle sanzioni imposte alla Cina da Donald Trump e confermate poi da Joe Biden, i media cinesi non si fanno molte illusioni sull’esito della visita, desiderata e cercata molto più di quella di Blinken.
Così come tre settimane fa, l’obiettivo principale è quello di riaprire i canali di comunicazione. Stavolta sul capitolo economico, in rapida risalita nelle priorità di entrambi i paesi, visto l’approssimarsi delle elezioni presidenziali da una parte e la ripresa meno rapida del previsto dall’altra.
Giunta nel tardo pomeriggio di giovedì, Yellen si è subito concessa una cena in un popolare ristorante con la speziata cucina dello Yunnan. Ieri raffica di incontri, caratterizzati da una misto di rassicurazioni e avvertimenti. “Vogliamo la diversificazione, non il disaccoppiamento”, ha ripetuto a Li Qiang e alla “vecchia guardia” delle politiche economiche della “nuova era”, l’ex vicepremier Liu He e l’ex capo della Banca popolare cinese Yi Gang. “Il decoupling sarebbe destabilizzante per l’economia globale e virtualmente impossibile da intraprendere”, ha aggiunto. Qualche settimana fa lo aveva definito un “disastro”. Ha promesso una “sana competizione” e non un approccio a “chi vince prende tutto”, sottolineando l’importanza di “regole giuste”. Li ha ribattuto sostenendo che “lo sviluppo della Cina è un’opportunità piuttosto che una sfida per gli Stati Uniti, e un guadagno piuttosto che un rischio”.
Più dura la segretaria del Tesoro, che ha chiesto riforme economiche al governo cinese, nel suo incontro coi dirigenti d’azienda statunitensi. A loro ha garantito che gli Usa reagiranno a quelle che definisce “pratiche economiche inique” della Cina, per poi esprimere preoccupazione per le restrizioni imposte nei giorni scorsi su gallio e germanio, due metalli chiave per la produzione di chip, che restano il dossier più delicato. “Stiamo valutando l’impatto di queste misure”, ha detto, mentre il ministero del Commercio cinese garantisce che non si tratta di azioni rivolte a un paese specifico. Sottotesto: “Al contrario dei vostri tentativi di escluderci dalle catene di approvvigionamento di tecnologia più avanzata”.
Riassume bene il sentimento cinese un titolo di Xinhua: “Voglio il tuo mercato, ma tu devi rallentare lo sviluppo tecnologico”. La Cina dice di non potersi fidare di Washington, per la discrepanza tra le sue parole e le sue azioni. E ritiene la riduzione del rischio un disaccoppiamento mascherato. “Ci auguriamo che gli Stati Uniti intraprendano azioni concrete per creare un ambiente migliore nelle relazioni”, continuano a ripetere gli ufficiali cinesi. Tradotto: una riduzione delle sanzioni e la garanzia che non ci saranno ulteriori restrizioni nel settore tech.
Molto complicato immaginare svolte in tal senso prima di domani, mentre sono possibili passi avanti sulle politiche finanziarie e macroeconomiche. Soprattutto nel chiarire le rispettive posizioni e nel darsi appuntamento a Washington per proseguire un dialogo appena ~cominciato~. Tanto che le nubi dell’acquazzone sono ancora lì, pronte a ricoprire l’arcobaleno.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.