Meno di 24 ore e profilo piuttosto basso negli Stati uniti. Oltre 72 ore, accoglienza con tutti gli onori e coreografia studiata nei minimi dettagli in Cina. I dettagli che fanno la differenza nelle visite di Lula a Washington e Pechino non sono poi così piccoli. Il presidente brasiliano ha rilanciato il ruolo globale del paese sudamericano dopo il protezionismo di Jair Bolsonaro, mentre Xi Jinping ha incassato l’esplicito sostegno di un pilastro di quel sud globale di cui si immagina guida. “Cina e Brasile sono i più grandi paesi in via di sviluppo e importanti mercati emergenti nei due emisferi”, esordisce non a caso il comunicato finale in cinese dopo l’incontro tra i due leader. Prima del summit, il presidente brasiliano ha posto un mazzo di fiori ai piedi del monumento per gli eroi del popolo di piazza Tiananmen, per poi essere accolto dal leader cinese sul tappeto rosso di fronte alla Grande Sala del Popolo. Tutt’intorno, un picchetto d’onore con oltre 400 militari e una folla di bambini con bandierine dei due paesi. Sullo sfondo, gli inni nazionali e la celebre “Novo Tempo” di Ivan Lins, canzone del 1980 che prefigurava la fine della dittatura militare. Presenti anche le consorti, Rosangela Lula da Silva e Peng Liyuan.
L’incontro ha subito avuto un tono confidenziale, con Lula che si è detto “commosso dello spettacolo dei bambini” e Xi che lo ha definito “un buon amico di lunga data”. Il presidente brasiliano ha detto che i rapporti tra i due paesi vanno oltre la sfera commerciale e mirano anche a “cambiare la governance globale” e “bilanciare la geopolitica mondiale”. Avviso ancora più esplicito: “Nessuno vieterà al Brasile di migliorare le sue relazioni con la Cina”.
Pochi risultati sull’Ucraina. “Le due parti hanno convenuto che il dialogo e il negoziato sono l’unica via d’uscita praticabile per risolvere la crisi e che tutti gli sforzi per risolverla pacificamente dovrebbero essere incoraggiati e sostenuti”, si legge nel comunicato finale. Nessuna menzione del “club della pace” ipotizzato da Lula e della sua proposta di ritiro russo dai nuovi territori invasi ma mantenimento della Crimea.
Molto più spazio al fronte commerciale, con la firma di circa 20 accordi dal valore totale di circa 9 miliardi di euro in investimenti. Coinvolti agricoltura, allevamento, infrastrutture e lo sviluppo dei satelliti Cbers-6. Altro segnale significativo lanciato da Lula la visita a uno showroom di Huawei, il colosso tecnologico soggetto da tempo a dure restrizioni imposte da Washington ma ancora ben presente in America latina. Lula ha lodato i progressi dell’azienda sulle infrastrutture di rete 5G, uno dei settori più critici nel mirino della Casa bianca.
La manifestazione più concreta del rilancio del sodalizio arriva dalla finanza e in ambito BRICS. A capo della Nuova banca di sviluppo del gruppo si è insediata Dilma Rousseff. A margine della cerimonia di Shanghai, Lula si è pronunciato di nuovo a favore della dedollarizzazione: “Ogni sera mi chiedo perché tutti i paesi debbano basare il loro commercio sul dollaro. Perché non possiamo commerciare in base alle nostre valute? Chi è stato a decidere che il dollaro fosse la valuta dopo la scomparsa dello standard aureo?”
Le stesse cose Lula le diceva anche nel 2010 a Brasilia, ospitando il summit dei BRIC (doveva ancora entrare il Sudafrica), ma ora si stanno iniziando a fare passi concreti. A fine marzo, Brasile e Cina hanno raggiunto un accordo per il pagamento degli acquisti di beni con le rispettive monete nazionali. Lula ha poi criticato il Fondo monetario internazionale per i tagli alla spesa troppo severi. “Nessun leader può lavorare con un coltello alla gola perché il paese deve dei soldi”, ha detto alludendo alla situazione dell’Argentina, che potrebbe presto entrare nei BRICS insieme all’Iran.
Macron è stato individuato dalla Cina come il suo “vero interlocutore” in Europa, unico in grado di promuovere una reale “autonomia strategica” della politica estera comunitaria, Lula viene invece identificato come il principale connettore con l’America latina. Non a caso il leader brasiliano ha rilanciato l’idea di un accordo di libero scambio tra la Repubblica popolare e il Mercosur. Di recente, Pechino ha avuto diverse soddisfazioni dalla regione. Oltre al rilancio dei rapporti col Brasile, ha avviato quelli con l’Honduras, che qualche settimana fa ha interrotto le relazioni diplomatiche con Taiwan. La stessa scelta potrebbe farla il Paraguay, nel caso di una vittoria di Efrain Alegre alle presidenziali del prossimo 30 aprile. Nel frattempo, Pechino estende la presa sulle miniere di litio in Bolivia, risorsa fondamentale per lo sviluppo delle auto elettriche di cui la Cina mira alla leadership globale. Non a caso, presto BYD potrebbe acquistare l’ex stabilimento di Ford a Bahia.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.