Il mercato della birra in Cina si sta contraendo, e i consumatori preferiscono prodotti di qualità maggiore. Lo ha capito il principale produttore di birra della Repubblica popolare, che si sta inserendo nel mercato di baijiu, il distillato considerato vero e proprio orgoglio della nazione. “Dialoghi: Confucio e China Files”è una rubrica curata in collaborazione tra China Files e Istituto Confucio di Milano
Baijiu (白酒) e birra appartengono a due categorie di prodotti molto diverse. Il nome del primo si traduce letteralmente come “alcol bianco”: si tratta di un distillato alcolico a base di cereali (sorgo, grano, riso o mais), la cui produzione si concentra prevalentemente nelle aree centrali della Repubblica popolare, nel Sichuan e nel Guizhou.
Oltre ad aggiudicarsi il premio di bevanda alcolica più venduta al mondo (ne vengono prodotti e consumati circa 10 miliardi di litri all’anno), è un ospite imprescindibile delle cene di affari per cinesi dentro e fuori i confini nazionali. Una bottiglia di baijiu pregiato è un dono prezioso, e può anche finire per partecipare a incontri diplomatici di alto livello (venne servito a Pechino all’allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, nella sua storica visita del 1972).
La birra, invece, si è diffusa in tutto il paese con estrema velocità, diventando una delle bevande alcoliche più consumate. Ma è sempre più suscettibile ai trend di consumo, che vedono le nuove generazioni andare alla ricerca di prodotti di qualità maggiore (con risvolti simili al mercato del caffè, a cui abbiamo dedicato questo contenuto).
Le due bevande alcoliche potrebbero continuare ognuna per la sua strada: le vendite della birra vanno forte d’estate, quelle del baijiu crescono con l’inverno. Ma un caso recente ha mostrato come la contrazione del mercato della birra spinga i produttori a guardare con interesse al “liquore bianco”.
Baijiu batte birra
È il momento di “entrare nel mercato dei liquori”, ha dichiarato di recente a Yicai Global l’amministratore delegato di China Resources Beer (CR Beer), il principale produttore di birra del paese. Lo scorso ottobre la società ha annunciato che una sua unità, la China Resources Wine Holdings, acquisterà una partecipazione del 55,19% della società Guizhou Jinsha Jiaojiu Winery Industry, una delle maggiori nel settore del baijiu. Il valore della quota dovrebbe superare i 12 miliardi di yuan.
La Guizhou Jinsha Jiajiu Winery Industry si sarebbe distinta, secondo i portavoce dell’acquirente, per aver raggiunto negli ultimi anni “solidi risultati finanziari”. Nella prima metà del 2022 l’azienda ha registrato un fatturato di 2 miliardi di yuan, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente.
Ad attirare l’interesse di CR Beer è stato di certo il suo prodotto di punta: il baijiu di qualità jiangxiang 酱香, “aroma di salsa”, noto per il sapore deciso che pare assomigli alla salsa di soia. Lo stesso genere di prodotto che ha permesso a Kweichow Moutai di diventare il più grande produttore di “liquore bianco” e di controllare il 17% del mercato nazionale. Con il tipo jiangxiang si va sul sicuro: nel 2021 le vendite di questo particolare baijiu, ha riportato la società di consulenza Boston Consulting Group, hanno ammontato al 32% del totale delle vendite di liquore nel mondo (190 miliardi contro 603 miliardi complessivi).
Se per ora non sono stati ancora forniti i dettagli su quando l’acquisizione verrà finalizzata, si sa che CR Beer ha già fatto incursioni nel mondo dei distillati. Già a ottobre del 2021 la società aveva acquistato una partecipazione del 40% di Shandong Jingzhi Baijiu. A giugno dello scorso anno è stata la volta di Anhui Golden Seed Winery, di cui il gigante della birra ha acquistato una quota del 49% .
Un mercato in contrazione
Lo scopo dichiarato è quello di diversificare le sue attività e affacciarsi su un mercato prolifico e più stabile di quello della birra. Nikkei ha parlato infatti di “cambiamenti strutturali”, che vedono i consumatori cinesi sempre più attratti da vino e altre bevande alcoliche. E, inoltre, preferire sempre di più birre di fascia medio-alta. I numeri riportati da Euromonitor International, società britannica specializzata in ricerche di mercato, indicano che il valore delle vendite di birra nella Repubblica popolare ha registrato un aumento del 34% nel periodo 2015-2021. Ma in quanto a volume, le vendite sono calate del 7% nello stesso periodo. Si compra meno birra, si compra quella che costa di più.
Intanto, il mercato cinese è ancora dominato da marchi locali. Le prime cinque posizioni della classifica, tuttavia, sono occupate in ordine sparso da Tsingtao Beer, Yanjing Beer, Carlsberg e Anheuser-Busch InBev (multinazionale che possiede tra gli altri i marchi Budweiser, Corona, Stella Artois e Beck’s). E, ovviamente, China Resources Beer, il cui il prodotto di punta è la birra Snow.
Snow e birra artigianale sono agli antipodi, ma il produttore sta compiendo sforzi per seguire la tendenza delle birrerie indipendenti e di prodotti più ricercati. Nell’ultimo periodo Cr Beer ha iniziato a ridurre la propria capacità produttiva: negli ultimi cinque anni il numero di birrifici è sceso del 30% e la forza lavoro è stata ridotta del 60%. Dalla sua il colosso può contare anche sulle attività del gigante olandese Heineken, che la società cinese ha acquistato nel 2019.
Un mercato in espansione
Il settore del baijiu, invece, sembra non conoscere difficoltà. Secondo il sito The Drink Business il 2023 potrebbe essere l’anno più importante per il baijiu a livello internazionale. I consumatori crescono, anche all’estero. Lo dimostra il fatto che Kweichow Moutai investirà 2,23 miliardi di dollari in nuovi impianti di produzione per soddisfare la crescente domanda di prodotto. Sono previste 68 nuove distillerie e 69 depositi di stoccaggio. Un impulso alle vendite che si spiega anche con l’apertura di sette nuovi supermercati CostCo in Cina, dove i prodotti Kweichow vengono venduti a prezzi scontati.
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.