Più diritti ma anche più doveri. Durante il terzo mandato di Xi Jinping le donne cinesi godranno apparentemente di più tutele. Ma saranno contestualmente chiamate a svolgere un ruolo sociale imposto da una politica ormai tutta al maschile.
Il 30 ottobre il parlamento cinese ha approvato un atteso emendamento alla Legge sulla protezione dei diritti e degli interessi delle donne, varata nel 1992. La legge, che entrerà in vigore col nuovo anno, riguarda soprattutto le categorie disagiate – donne «povere, anziane e disabili» – e definisce le responsabilità del governo nella gestione delle denunce.
RISPETTO alla versione originale, le ultime disposizioni chiariscono ulteriormente le definizioni di violenza sessuale, includendo le aggressioni per mezzo di parole, testi, immagini o atti fisici. Così facendo, l’emendamento dovrebbe facilitare la raccolta di prove, uno scoglio contro cui si arenano la maggior parte delle denunce. Il testo definitivo richiede inoltre che, una volta ricevute le segnalazioni di molestie, le autorità debbano trattare i casi tempestivamente e fornire una risposta scritta formale al denunciante.
Altro tema affrontato dalle nuove disposizioni è quello delle discriminazioni sul posto di lavoro. Oltre a disciplinare il congedo di maternità, la legge ora vieta la richiesta di informazioni sullo stato civile e l’imposizione di test di gravidanza durante l’assunzione.
Più protezione anche fuori dalle aree urbane. Con l’emendamento vengono garantiti alle donne gli stessi diritti di proprietà degli uomini, consentendo loro di possedere collettivamente la terra nel caso di registrazione familiare nelle zone rurali ma matrimonio in un luogo diverso da quello di origine. Sempre alle campagne sono rivolte le misure contro i rapimenti e il traffico di esseri umani, un tema diventato recentemente di grande attualità dopo una serie di casi molto discussi in rete.
CON UN OCCHIO alla cronaca, i policymaker sembrano aver voluto principalmente rispondere alle preoccupazioni dell’opinione pubblica. Ma più che parità, a Pechino la parola d’ordine rimane stabilità. Non solo le nuove misure mancano di concretezza se paragonate alla Legge contro le violenze familiari, che dal 2016 concede l’impiego di un’ordinanza restrittiva. Le ultime disposizioni impongono anche ai media «moderazione» nella copertura delle problematiche di genere, favorendo l’autocensura.
Ma il vero vulnus resta la natura gerarchica delle relazioni tra i sessi secondo la morale confuciana. «Le donne dovrebbero obbedire alle leggi nazionali, rispettare la morale sociale, l’etica professionale e i valori familiari», recita il secondo capitolo della normativa. Tra le righe si intravede la preoccupazione per il rapido calo delle nascite e un paese che invecchia prima di aver raggiunto gli obiettivi di sviluppo nazionale. Tutelare i diritti delle donne nella vita quotidiana serve quindi anche a creare le condizioni affinché possano adempiere ai propri obblighi materni.
Non potrebbe essere altrimenti con una leadership composta unicamente da uomini. In apertura al recente Congresso del Pcc, Xi ha assicurato di volersi «impegnare nella fondamentale politica nazionale di uguaglianza di genere». Promessa infranta appena pronunciata. Con la riduzione del Politburo da 25 a 24 i membri, è stata rimossa l’unica posizione assegnata a una donna nel potente organo decisionale fin dagli anni ‘90. Una trasgressione delle regole consuetudinarie del partito che potrebbe avere ampie ripercussioni sociali.
IL PENSIONAMENTO della vicepremier, Sun Chunlan – in prima linea nella guerra contro il Covid fin dal focolaio di Wuhan – lascia la leadership politica cinese completamente al maschile, nonostante la rappresentanza femminile nell’economia nazionale stia crescendo esponenzialmente. Il Pcc conta quasi 100 milioni di membri, ma meno di un terzo è composto da donne. Più si sale di livello e più le quote rosa diminuiscono. Secondo Bloomberg, le donne si sono aggiudicate appena 11 dei 205 seggi del nuovo Comitato centrale con diritto di voto. Sarà in grado una classe politica dominata da uomini di affrontare correttamente le problematiche di genere? Il calo demografico non aspetta.
Di Alessandra Colarizi
[Pubblicato su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.