- Le ricchezze dei billionaire cinese crollano ai minimi da 24 anni
- COP27: Cina e Usa tornano a parlarsi
- Ndivia aggira il ban Usa con chip per il mercato cinese
- Pechino censura il discorso di Charles Michel sulla guerra
- Cina: estrazione terre rare più veloce e pulita
- Braccio di ferro sui dati tra big tech e banca centrale cinese
La Hurun Rich List cinese registra il più grande calo di ricchezza degli ultimi 24 anni. Il conflitto russo-ucraino, le restrizioni dettate dal Covid-19, la crisi dei mercati finanziari ha colpito i super-ricchi cinesi con un patrimonio netto minimo di 5 miliardi di yuan (690 milioni di dollari) annoverati in classifica. Anche il giro di vite normativo promosso negli anni della crisi sanitaria per limitare i profitti dei giganti tecnologici ha avuto delle conseguenze. Quest’anno solo 1.305 persone hanno avevano i requisiti patrimoniali per essere inseriti in lista, con un calo dell’11% rispetto all’anno scorso. Secondo il Guardian, la loro ricchezza totale è stata di 3,5 miliardi di dollari, in calo del 18% rispetto all’anno scorso. L’imprenditrice Yang Huiyan, proprietaria dello sviluppatore immobiliare Country Garden Holdings ha avuto problemi di indebitamento, e ha registrato il calo maggiore del ranking, seguita dal fondatore di Tencent Pony Ma. Il fondatore di Alibaba Jack Ma ha perso quattro posizioni è si è assestato al nono posto della classifica.
COP27: Cina e Usa tornano a parlarsi
Cina e Stati uniti hanno riannodato il dialogo sul cambiamento climatico. Secondo quanto dichiarato ieri al Wall Street Journal da John Kerry, l’inviato americano alla COP27 ha avuto modo di incontrare l’omologo cinese, Xie Zhenhua, nel corso del summit di Sharm el-Sheikh. Pechino aveva congelato i colloqui ad agosto in risposta alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Intanto la Cina, insieme all’India, è stata citata per la prima volta dall’Alleanza dei piccoli Stati insulari (Alliance of Small Island States) tra i paesi tenuti a contribuire economicamente alla lotta globale contro le emissioni, secondo il principio loss and damage. La linea di Pechino è invece che gli oneri spettano ancora alle economie pienamente sviluppate.
Ndivia aggira il ban Usa con chip per il mercato cinese
Il gigante tecnologico Ndivia progetta un nuovo chip per il mercato cinese promettendo di rispettare le normative statunitensi sulle esportazioni. La nuova scheda grafica GPU A800 è un’alternativa alla A100 che il governo statunitense ha vietato di vendere ai clienti cinesi senza licenza, come parte di uno sforzo generale per rallentare l’avanzata di Pechino verso lo sviluppo delle tecnologie più avanzate. L’intenzione di Ndivia sarebbe quella di mantenersi in equilibrio tra gli interessi strategici di Washington e i propri interessi commerciali. La Cina rappresenta circa un quarto del fatturato lordo totale, poiché i chip avanzati dell’azienda statunitense contribuiscono ad alimentare lo sviluppo dei programmi di intelligenza artificiale di Pechino.
Pechino censura il discorso di Charles Michel sulla guerra
Pechino ha censurato un discorso del presidente del Consiglio europeo Charles Michel registrato in occasione della China International Import Expo di Shanghai. Nel video di apertura il presidente menzionava la “guerra illegale” perpetrata dalla Russia contro l’Ucraina e la necessità di ridurre la dipendenza commerciale dell’Unione Europea dalla Cina. È quanto hanno raccontato a Reuters tre anonimi diplomatici europei, che si sono detti sorpresi della scelta delle autorità cinesi di rimuovere l’intervento di Michel. Nessuno dei co-organizzatori dell’esposizione, tra cui il ministero del Commercio cinese e il governo della città di Shanghai, ha risposto alle richieste di commento. Se dal 2019 l’Unione considerava Pechino come un partner, un concorrente economico e un rivale sistemico, un documento ufficiale del settembre 2022 identifica la Cina come un concorrente dell’UE che promuove una “visione alternativa dell’ordine mondiale”.
Cina: estrazione terre rare più veloce e pulita
Un gruppo di scienziati di Guanzhou ha affermato di aver trovato un metodo più sostenibile per implementare l’estrazione di terre rare da parte della Cina. Ciò potrebbe rappresentare un vantaggio strategico per la Cina che mira a rendersi ancora più competitiva nella catena di approvvigionamento globale di queste preziose risorse minerarie. Un’innovazione tecnologica messa a punto dal team di studiosi triplicherebbe la velocità di estrazione riducendo l’inquinamento. Le terre rare sono impiegate per la produzione di sofisticati dispositivi tecnologici e militari, ma gli strumenti di estrazione tradizionali impiegano sostanze chimiche tossiche per le piante e l’ecosistema, come i sali di ammonio. Gli scienziati hanno dichiarato che l’elettricità potrebbe essere prodotta da pannelli fotovoltaici, il che potrebbe ridurre ulteriormente il costo di produzione e i danni ambientali. Gli addetti ai lavori hanno negato un’intervista al South China Morning Post a causa della delicatezza della questione.
Braccio di ferro sui dati tra big tech e banca centrale cinese
La People’s Bank of China fatica a imporre la disciplina sui dati personali e le informazioni degli utenti ai grandi gruppi tecnologici. Pechino persevera nel suo sforzo di controllare in modo più stringente il ruolo del settore tecnologico sulla società per rafforzare la presa del Partito comunista cinese sullo stato. La banca centrale ha ordinato a Tencent, Meituan e altre piattaforme di condividere i dati degli utenti con due società sostenute dallo stato: Biahang e Pudao. La scadenza è fissata per l’inizio di dicembre. Secondo il Financial Times, queste società fornirebbero a loro volta un flusso di dati alle banche per aiutarle a valutare l’affidabilità creditizia dei potenziali mutuatari, ma i gruppi tecnologici si stanno opponendo all’accordo. “Né le piattaforme né le banche sono incentivate a seguire un ordine che danneggia la loro attività”, ha dichiarato un consulente della banca centrale. Alcune piattaforme hanno anche contestato il competitor JD.com abbia una partecipazione del 25% in Pudao, il che metterebbe in questione la neutralità della società a guida statale nel processo di valutazione. Molte banche in Cina si affidano alle risorse delle società legate a internet per valutare l’affidabilità di chi chiede loro di erogare credito, ma secondo gli esperti ci vorrà tempo prima che il settore raggiunga la piena conformità.
A cura di Agnese Ranaldi; ha collaborato Alessandra Colarizi
Laureata in Relazioni internazionali e poi in China&Global studies, si interessa di ambiente, giustizia sociale e femminismi con un focus su Cina e Sud-est asiatico. Su China Files cura la rubrica “Banbiantian” sulla giustizia di genere in Asia orientale. A volte è anche su La Stampa, il manifesto, Associazione Italia-Asean.