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In Cina e Asia – Ex Ceo di JD patteggia a pochi giorni dal processo per stupro

In Notizie Brevi by Redazione

 

  • Ex Ceo di JD patteggia a pochi giorni dal processo per stupro
  • Xi Jinping e le “grandi battaglie” future
  • Pechino chiede un’ indagine sul possibile sabotaggio del Nord Stream
  • Moderna rifiuta di vendere la propria tecnologia a Pechino
  • Crollo azionario da record: Maotai supera Tencent
  • La Zero Covid colpisce il settore dei servizi 
  • Morti e feriti durante una partita di calcio in Indonesia
  • Thailandia: il primo ministro Prayut può restare in carica fino al 2025
Ex Ceo di JD patteggia a pochi giorni dal processo per stupro

Liu Qiangdong, Liu Jingyao e una storia di “presunta” violenza sessuale. Il primo è noto al mondo come Richard Liu, fondatore del colosso dell’e-commerce cinese JD.com (si è dimesso proprio quest’anno dalla carica di CEO) e uno degli uomini più ricchi del paese. La seconda è un’ex studentessa dell’Università del Minnesota, finita sotto i riflettori dopo che nel 2018 aveva accusato il tycoon di stupro: la giovane, all’epoca 21enne, aveva raccontato di essere stata invitata a una cena di alto profilo organizzata dallo stesso Liu, che si era poi conclusa con un rapporto sessuale non consensuale. Ma i pubblici ministeri si erano rifiutati di presentare accuse penali per seri “problemi probatori”.

Forte del sostegno del movimento MeToo cinese, tuttavia, nell’aprile del 2019 Liu Jingyao aveva intentato una causa civile per violenza sessuale chiedendo al miliardario e a JD.com un risarcimento di 50 mila dollari. Una somma che i tribunali avevano concordato essere sufficiente per procedere al processo civile. Che sarebbe dovuto iniziare oggi. Ma nella giornata di sabato 1 ottobre le due parti hanno concluso un accordo a porte chiuse: quanto successo non è altro che “un malinteso che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e ha causato profonde sofferenze alle parti e alle loro famiglie”, è la dichiarazione congiunta degli avvocati dei due Liu. In questi giorni il web cinese ha ospitato discussioni animate. Il processo avrebbe avuto portata storica, sia per la rilevanza dell’imputato sia perché si sarebbe svolto negli Usa a porte aperte.

Xi Jinping e le “grandi battaglie” future

Xi Jinping ha invitato i membri del Partito comunista cinese a concentrarsi sulla loro “missione storica” e a prepararsi alle “grandi battaglie” per il futuro. Lo ha riportato un articolo pubblicato sulla principale rivista politica Qiushi sabato 1 ottobre, giorno in cui si celebra la fondazione della Repubblica popolare. Il paese “non è mai stato così vicino” dal raggiungere l’obiettivo storico del “ringiovanimento nazionale”, ma l’ultimo miglio sarà costellato di pericoli e sfide. Sebbene non siano giunti chiarimenti su quali siano i citati ostacoli, viene immediato il pensiero alle sfide attuali del paese: la rivalità con gli Usa, le crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan (proprio a Taiwan abbiamo dedicato l’intero ebook di settembre), gli effetti della politica zero Covid su economia e popolazione e il rallentamento della crescita economica. E per stabilizzare l’economia serve un’azione immediata dei talenti del paese: è l’incoraggiamento del premier Li Keqiang durante un discorso pubblico tenuto lo scorso sabato. Non c’è spazio per l’inerzia, quindi, a pochi giorni dall’inizio del XX Congresso del partito, appuntamento quinquennale che scandisce la politica della Repubblica popolare cinese.

La Zero Covid colpisce il settore dei servizi

L’Ufficio nazionale di statistica cinese ha riferito che il settore dei servizi ha registrato una forte contrazione nel mese di settembre, nonostante la ripresa del manifatturiero, tornato in territorio espansivo. Il commercio al dettaglio, la ristorazione e i trasporti hanno risentito dell’inasprimento delle restrizioni anti-Covid imposte dalle autorità cinesi in vista dell’apertura del XX Congresso del Partito Comunista. Secondo gli esperti, insieme alla crisi immobiliare e alla crescita della disoccupazione giovanile, il dato mette in luce i limiti della campagna volta a stimolare la domanda interna. Goldman Sachs prevede che le misure di prevenzione non saranno allentate prima della metà del 2023 e avverte che ciò ostacolerà con buona probabilità la ripresa futura. La Banca Mondiale ha infatti tagliato le previsioni di crescita della Cina: stimato un 3% per il 2022, valore ben inferiore al 5,5%, prefissato come obiettivo ufficiale dalle autorità.

Pechino chiede un’ indagine sul possibile sabotaggio del Nord Stream

La Cina ha richiesto un’indagine in merito alle perdite nel Mar Baltico dei gasdotti russi Nord Stream 1 e 2, dichiarando che, secondo fonti di intelligence, si tratta con alta probabilità di un danneggiamento intenzionale. Venerdì Geng Shuang, vice rappresentante permanente della Cina presso le Nazioni Unite, ha commentato l’ipotetico sabotaggio, definito “un attacco a strutture civili multinazionali e a condutture sottomarine in violazione del diritto internazionale”, sottolineando che la stessa fuga di notizie evidenzia una fragilità delle infrastrutture transfrontaliere. Sempre venerdì, la Cina, insieme al Brasile, al Gabon e all’India, ha deciso di astenersi sulla mozione di condanna dei “referendum” di annessione delle regioni ucraine presentata da Stati Uniti e Albania in seno al Consiglio di Sicurezza e bloccata dal veto della Russia.

Moderna rifiuta di vendere la propria tecnologia a Pechino

Le opzioni a disposizione dei produttori stranieri di vaccini per il Covid-19 che vogliono vendere in Cina sono due: trasferire completamente la tecnologia a un produttore nazionale, o stabilire un impianto produttivo nel paese con un partner locale e mantenere il controllo sulla proprietà intellettuale. Il gruppo tedesco BioNTech ha scelto la seconda. Moderna sembrava aver virato sulla prima, ma ha poi rifiutato di consegnare la ricetta del vaccino a causa di problemi commerciali e di sicurezza. Come riportato ieri il Financial Times, il timore principale sarebbe legato al danno reputazionale nel caso l’azienda cinese commetta errori in sede di produzione. Ma nelle ultime settimane le dichiarazioni del capo dei ricercatori della società Paul Burton sembrano esplicitare un cambio di direzione: “Saremmo certamente desiderosi di collaborare con la Cina se ritenessero che ci sia bisogno di un vaccino in quel paese”. La Repubblica popolare cinese è l’unica grande potenza a non possedere un vaccino a mRNA (che offre livelli di protezione più elevati e duratori rispetto alla tecnologia utilizzata dai fornitori cinesi). Il commento di Burton giunge a pochi giorni dalle dichiarazioni del presidente americano Joe Biden, che ha assicurato che “la pandemia è finita” facendo crollare di oltre 10 miliardi di dollari il valore di mercato dei principali produttori di vaccini, tra cui Moderna. Per ora, tuttavia, la società non sarebbe ancora impegnata “in trattative di fornitura con la Cina”.

Crollo azionario da record: Maotai supera Tencent

Numeri da record per il colosso tech cinese Tencent, ma non c’è niente da festeggiare. Alla chiusura della borsa di Hong Kong dello scorso venerdì, il valore della società ha registrato un crollo del 64% rispetto al picco di gennaio dello scorso anno, quando si apprestava a superare il trilione di dollari. Un calo del valore da record di 623 miliardi di dollari, e non si vedono segnali di ripresa all’orizzonte: il ricavato della società “continua a essere sotto pressione a causa della debolezza del contesto macroeconomico”, ha detto a Bloomberg Kenny Wen, responsabile della ricerca sugli investimenti della società di servizi finanziari KGI Asia Ltd. La situazione attuale riflette le conseguenze del rallentamento della crescita economica, ma anche la crescente regolamentazione dell’industria tech del paese: dalle rigide politiche sull’approvazione di nuovi videogiochi, alle misure emanate da Pechino per limitare le ore in cui è consentito ai più giovani di utilizzare i servizi di gaming. Su altri fronti il partito si mostra invece più favorevole, come nel caso dei consumi di prodotti nazionali: venerdì scorso la società produttrice del prestigioso liquore cinese Maotai ha chiuso superando Tencent di oltre 5 miliardi di dollari di azioni.

Morti e feriti durante una partita di calcio in Indonesia

125 morti e oltre 320 feriti. È il bilancio dei disordini nati durante una partita di calcio che si è tenuta sabato scorso nello stadio Kanjuruhan di Malang, nella Giava Orientale. Dopo il fischio finale che ha sancito la sconfitta dell’Arema Fc contro il Persebaya Surabaya per 3 a 2, migliaia di tifosi della squadra perdente hanno invaso il campo. Poi, la follia collettiva. La polizia è intervenuta sparando gas lacrimogeni nel tentativo di disperdere la folla, una misura considerata “eccessiva” da Amnesty International, e dalla FIFA, che ha chiesto alla Football Association of Indonesia (PSSI) di fare chiarezza su quanto accaduto. Pare siano stati venduti 42 mila biglietti a fronte di una capienza dello stadio di 38 mila persone, e i responsabili dei vicini ospedali parlano di diffuse lesioni celebrali e altri gravi ferite da calpestamento. Tra i deceduti, anche un bambino di 5 anni. Intanto il presidente Joko Widodo ha ordinato alla sospensione di tutte le partite del campionato fino al completamento delle indagini. Non è la prima volta che l’Indonesia registra episodi di violenza legati alle forti rivalità tra i club calcistici, ma questa tragedia potrebbe compromettere la sua candidatura per ospitare la Coppa d’Asia 2023: lo scorso maggio la Cina ha rinunciato a ospitare la competizione visto il perdurare della pandemia di Covid-19, e il prossimo 17 ottobre la Asian Football Confederation prenderà una decisone su chi sarà il sostituto.

Venerdì la Corte Costituzionale della Thailandia ha annunciato che il primo ministro Prayut Chan-o-cha, momentaneamente sospeso dalle sue funzioni, potrà restare in carica fino al 2025. La sentenza risponde alla petizione presentata lo scorso mese da Chuan Leekpai, Presidente dell’Assemblea nazionale e della Camera dei Rappresentanti, che sosteneva che il mandato sarebbe dovuto terminare il 24 agosto di quest’anno. L’opposizione ne faceva risalire l’inizio al 2014, anno in cui il generale ha preso il potere con un colpo di stato. Il verdetto della Corte stabilisce invece che Prayut potrà mantenere l’incarico fino al 2025, in quanto si prevede che il mandato di otto anni debba essere conteggiato a partire dall’entrata in vigore dell’attuale Costituzione, ovvero il 6 aprile 2017. Nella stessa giornata, i gruppi pro-democrazia sono scesi in piazza per protestare contro il verdetto.

Di Vittoria Mazzieri e Michelle Cabula