Le indagini confermano una conoscenza della Cina minima e preda di una percezione distorta dovuta prevalentemente alla narrazione mediatica. L’atteggiamento è positivo sul piano economico e sulla Nuova Via della Seta ma è molto critico sul piano dei diritti civili, sociali e umani e, in generale, in seguito alla pandemia la visione della Cina è in peggioramento
Per comprendere come la Cina racconta se stessa e, specularmente, come la racconta il resto del mondo, uno dei più importanti elementi è cercare di approfondire i legami e le differenze tra dati e percezioni. Una parte del percorso di Pcto curato quest’anno con le scuole di Prato e Pavia è stata infatti orientata all’analisi di conoscenze e percezioni all’interno dei gruppi classe. Un percorso che gradualmente ha condotto gli studenti a comprendere più da vicino come gestire le fonti secondarie e, soprattutto, come raccogliere informazioni di prima mano.
Le classi di quest’anno hanno avuto modo di partire dal lavoro della scorsa stagione realizzato sul tema della Sinofobia. Nel 2021 è stata condotta un’indagine interna ed esterna al Convitto Cicognini di Prato, coinvolgendo nel totale 445 persone. Emerse che oltre 7 rispondenti su 10 credessero che i cinesi fossero molto più numerosi rispetto alla realtà. I rispondenti inoltre non credevano che il virus fosse responsabilità di Pechino e testimoniavano fenomeni di discriminazione e sinofobia. Tra i sino-italiani, l’80% dichiarava di esserne stato vittima.
Quest’anno, l’indagine si è ampliata al tema della Narrazioni e ha ottenuto 468 risposte, confermando diversi trend e ribaltandone altri. La conoscenza della Cina (e della questione taiwanese) dei partecipanti è minima ed è preda di una percezione distorta dovuta prevalentemente alla narrazione mediatica. L’atteggiamento è positivo sul piano economico, sia per progetti come la Nuova Via della Seta e sia nel riconoscere la crescita, qualità e innovazione del Made in China. Tuttavia, c’è poca conoscenza delle questioni energetiche e di fenomeni nuovi come la gig economy. La percezione è invece molto critica sul piano dei diritti civili, sociali e umani. Tre quarti hanno dichiarato di aver visto atti di sinofobia e, in generale, in seguito alla pandemia, la visione della Cina è in peggioramento.
Anagrafica dei rispondenti
I rispondenti sono prevalentemente studenti (74,2%) e under 30 (78,7%) mentre uno su cinque ha tra i 30 e i 59 anni. Sono per la gran parte provenienti dal Nord Italia, in particolare dalla Lombardia (67,7%), mentre l’anno scorso povenivano per la gran parte dalla Toscana. Il 57,2% è composto da studenti o lavoratori dell’Istituto Cairoli di Pavia, il 4,9% del Convitto Cicognini di Prato e il 37,8% sono esterni. Sette su dieci sono di sesso femminile e il genere maschile sembra sempre meno interessato a questo tipo di indagini. L’anno scorso gli uomini contavano per il 40%, quest’anno solo per il 30%.
Il 5,8% è nato all’estero, contro il 4,5% dell’altra indagine, che però aveva ottenuto molte risposte da persone prive di cittadinanza italiana, circa uno su quattro. Ciò era dovuto probabilmente al gran numero di discendenti sino-italiani che, nonostante non siano nati all’estero, hanno preferito mantenere la cittadinanza cinese, la quale non permette il doppio passaporto.
La conoscenza della Cina
La seconda parte dell’indagine era volta ad approfondire le conoscenze minime sulla Cina dei rispondenti. La maggioranza (52,3%) non sa quanti abitanti vivano attualmente nella Terra di Mezzo. Del blocco erroneo, viene confermata la tendenza a credere che i cinesi siano più della realtà. Il 34% è infatti convinto siano tra 1,5 e 2 miliardi, quando in realtà sono 1,3. La quasi totalità (95%), invece, sa che la capitale cinese è Pechino mentre l’84% conosce il nome ufficiale del paese, ovvero Repubblica Popolare Cinese. Nonostante ciò, un buon 10% è convinto si chiami Repubblica Federale Cinese.
Tuttavia, solo il 53% è a conoscenza del fatto che il mandarino sia l’unica lingua ufficiale e solo il 47% sà che Taiwan è riconosciuto da soli 13 paesi. Una larga fetta (45%) pensa che a riconoscerlo siano 45 o 73. Cosicché solo il 47% è consapevole del fatto che l’Italia non riconosca ufficialmente la Repubblica di Cina. La gran parte dei rispondenti è convinta del contrario, ovvero non conosce la posizione del proprio paese rispetto ad uno dei temi (se non il Tema) geopolitici più sensibili dei nostri tempi. Possiamo affermare che, a parte le informazioni più banali, come il nome del paese e della sua capitale, solo 1 rispondente su 2 ha una conoscenza minima della Cina.
Percezioni sulla Cina
La terza, ultima e più corposa parte dell’indagine è stata invece volta a ricercare le percezioni su diverse tematiche come: Democrazia, Nazionalismo, Diritti, Economia, Energia e Migrazioni.
- Democrazia e Nazionalismo
Partiamo dalla terminologia su Xi Jinping. Nonostante la Cina lo chiami “Presidente” e ci sia un processo di elezione interno al Partito Comunista ogni 5 anni (il prossimo sarà a fine ottobre), la metà dei rispondenti pensa sia più corretto definirlo “Dittatore” mentre il 12% lo ritrae persino come “Imperatore”.
Gli italiani, sono pronti spesso a paragonare il proprio paese ad un regime, lo hanno fatto di recente e in più occasioni anche Giorgia Meloni e Matteo Salvini -principali favoriti alle prossime elezioni- nel parlare di pandemia e guerra. Eppure, i rispondenti considerano l’Italia il paese maggiormente democratico tra Cina, Giappone e Stati Uniti. Tre quarti dei rispondenti considerano la Cina poco o per nulla democratica. Tra questi paesi gli italiani si considerano anche di gran lunga i meno nazionalisti di tutti e vedono gli americani come quelli che lo sono maggiormente, anche in relazione a cinesi e giapponesi. Tokyo viene considerata meno nazionalista di Pechino nonostante il nazionalismo giapponese non sià un valore meno sentito che in Cina, come anche dimostrato dalla sua storia recente.
Il Giappone viene percepito anche come il paese che più tutela la privacy dei cittadini. Emerge l’idea che i rispondenti abbiamo una visione più positiva del Giappone rispetto alla Cina, e più positiva dell’Italia rispetto agli Usa. Diritti sociali, civili e umani
Parlando di diritti emergono risposte altrettanto interessanti. Infatti, per quanto concerne l’emancipazione di donne, immigrati, disabili e comunità lgbtq+ i rispondenti danno un punteggio maggiore al proprio paese, tuttavia, la differenza non è palese come nelle domande su democrazia e nazionalismo. Questo significa che, al netto dei due sistemi (democrazia e autoritarismo), i diritti civili sono percepiti come una situazione critica in entrambi i contesti.
Fà riflettere, in particolare, la percezione secondo cui in Cina la comunità LGBTQ+ sia molto meno tutelata che in Italia. Infatti, mentre si verifica una diminuzione di gravi reati in tutto il paese, in Italia i casi di omofobia sono in crescita da anni. In Cina, l’omosessualità è sicuramente malvista pubblicamente e politicamente, a tal punto da promuovere campagne contro gli effeminati in tv. Tuttavia, è socialmente accettata in diversi contesti e in entrambi i paesi non esiste una legislazione avanzata a contrasto dell’omofobia.
Sulla libertà di informazione solo uno su tre ha una visione positiva di internet in Cina, buona parte pensa sia oppresso e stagnante, anche quando aperto ad alcuni temi. Si ha invece una scarsa conoscenza dei diritti del lavoro. Il 57% non sa se la situazione della gig economy sia migliore per i lavoratori italiani o per quelli cinesi.
Per quanto riguarda i diritti umani, nella questione relativa agli abusi perpetrati dello Xinjiang, ci si divide in due blocchi: c’è chi pensa sia in corso un vero e proprio genocidio (49%) e chi è convinto che le persone vengano sfruttate ma non si possa parlare di genocidio (40%). Fattore che mostra la complessità nell’affrontare il tema a livello globale, in particolare quando fa emergere reciproche accuse. La Cina ha fatto notare più volte le stragi e i lager nel Mediterraneo o la situazione delle carceri e la brutalità poliziesca negli Usa.
- Economia ed energia
Sul piano economico la visione della Cina mostra tratti positivi. L’Italia fu il primo paese dell’Europa occidentale a firmare un Memorandum con Pechino sulla Belt & Road Initiative (Bri), anche detta Nuova Via della Seta. Un mega-progetto infrastrutturale volto a connettere il continente euro-asiatico attraverso rotte artiche, terrestri e marittime. Su questo tema il 50% ha un opinione neutra, oltre il 35% la vede positivamente e solo un 13% considera l’entarta italiana nel Bri come un fattore negativo.
Lo stesso si può dire per il Made in China, il quale non viene più associato ad una bassa qualità per un basso costo, ma viene visto dal 60% dei rispondenti come sempre più volto alla qualità e all’innovazione. Si può evincere che, anche chi non ha una conoscenza minima della Cina come mostrato in precedenza, è in grado di riconoscere l’evoluzione tech di Pechino. Sull’energia i rispondenti mostrano invece una percezione distorta. La Cina è il principale investitore in rinnovabili al mondo. Tuttavia, per i rispondenti il primo nel settore è l’Ue.
- Migrazioni
Alla domanda: “Quanti immigrati pensi ci siano in Italia ogni 100 persone?” Solo uno su cinque (22%) ha dato una risposta corretta, ovvero “meno di 10”. Una stima che si abbassa ulteriormente quando si parla di immigrati cinesi, i quali rappresentano lo 0,5% della popolazione al 1 gennaio 2021, ma che per l’85% dei rispondenti sono molti di più. Infatti, uno su tre è convinto siano tra il 10 e il 30%, ovvero da 20 a 60 volte il numero reale.
Nella scorsa indagine solo il 6% degli interni ed il 28% degli esterni avevano fornito la risposta corretta. In generale, c’è una percezione distorta del fenomeno migratorio. La gran parte pensa che gli immigrati in Italia siano oltre il 30% della popolazione nazionale, un dato in linea anche con quanto emerso nel 2019 dall’indagine Ipsos: in realtà corrispondono al 9%.
In questo, l’impatto dei media non è da sottovalutare. E’ infatti interessante notare come a Prato, città con oltre 25% di popolazione straniera (gennaio 2021), si abbia la stessa percezione distorta di Pavia (11% di stranieri) o di altre zone d’Italia, dove la popolazione straniera è molto più ridotta e non supera il 5% o il 10%. Ciò può significare che nella creazione di queste percezioni la realtà circostante effettiva influisca meno della narrazione politica e mediatica dominante.
- Covid e sinofobia
Il 75% dei rispondenti, ovvero tre su quattro, ha commesso o visto commettere atti di bullismo contro persone sino-discendenti almeno una volta di persona o su media e social. Un dato in linea con le precedenti indagini. Inoltre, Per il 62% il Covid non è una responsabilità diretta dei Cinesi, ma per uno su cinque non è un virus naturale come dichiarato dalla comunità scientifica, si tratta invece di una loro creazione artificiale diffusa intenzionalmente o per errore.
Nonostante la gran parte dei rispondenti abbia una visione neutra (37%) o positiva (34%) della Cina, con il Covid la situazione sembra essere peggiorata, non solo per quanto riguarda i casi di cronaca e le statistiche nazionali. Sebbene quasi 9 su 10 dichiarino di non aver cambiato idea sulla Cina, del restante 11,6% di quelli che lo hanno fatto, la gran parte (il 7,1%) ha sviluppato un’immagine più negativa.
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Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance. Collabora con diverse testate nazionali. Ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha perseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM). Membro del direttivo di China Files, per cui è responsabile tecnico-amministrativo e autore.