Taiwan Files – Il giorno di Pelosi

In Relazioni Internazionali, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Edizione speciale della rassegna di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni) con le ultime novità sulla possibile imminente visita di Nancy Pelosi a Taiwan

«Se ci saranno conseguenze serie ci saranno  dopo che se ne sarà già andata, quando qui ci resteremo noi». Ieri è stato il momento in cui Taiwan ha iniziato a fare i conti con i potenziali rischi della più che probabile visita di Nancy Pelosi, come testimonia questa considerazione di una fonte qualificata. Una visita passata quasi inosservata per circa una settimana, così come le minacce di ritorsioni da parte di Pechino.

NEL TG DI SABATO SERA, TVBS ha parlato di Pelosi poco prima di un servizio su un autista capace di prendere 16 multe di seguito per eccesso di velocità. Il clima è cambiato ieri, quando proprio TVBS ha dato per certo l’arrivo di Pelosi per martedì sera. Voce raccolta anche dal sottoscritto, che può confermare l’anticipazione dell’allerta logistica rispetto a quella iniziale di mercoledì. Pelosi potrebbe arrivare stasera alle 22 locali dopo aver completato le prime due tappe del suo viaggio in Asia, Singapore e Malesia e prima di spostarsi in Giappone e Corea del Sud. I dettagli della sua visita possono fare la differenza, determinando almeno in parte la reazione cinese.

Le voci diffuse dai media taiwanesi sulla sua agenda sono molteplici ma concordano sul fatto che Pelosi si fermerebbe per la notte (forse al Grand Hyatt o al Marriott) per poi incontrare la presidente Tsai Ing-wen mercoledì mattina, prima di ripartire per il Giappone (dove si aspettavano la sua partecipazione a un discorso in memoria di Shinzo Abe) o per la Corea del Sud (dove ha un appuntamento con l’omologo Kim Jin-pyo giovedì mattina).

Secondo altre voci che ho raccolto, la visita potrebbe prolungarsi fino a mercoledì inoltrato, comprendendo un pranzo al Grand Hotel con il fondatore o il presidente di TSMC, Morris Chang e Mark Liu, che proprio ieri in un’intervista alla Cnn ha dichiarato che un’invasione paralizzerebbe gli stabilimenti del colosso dei semiconduttori. Possibile l’incontro con uno dei leader delle proteste di Tian’anmen e un passaggio allo yuan legislativo. Quest’ultima sarebbe forse l’azione letta in maniera più provocatoria da Pechino, perché metterebbe in modo inedito di fronte speaker della Camera e parlamento taiwanese.

NELL’UNICO precedente del 1997, Newt Gingrich incontrò Lee Teng-hui nel suo ufficio presidenziale in un imprevisto allungamento del suo viaggio nella Repubblica popolare, nel quale sostenne di aver detto a Jiang Zemin che l’America avrebbe difeso militarmente Taiwan in caso di invasione. Altri tempi. La Cina era meno forte, gli Usa meno deboli (almeno politicamente). Quel viaggio sigillò la fine della terza crisi sullo stretto, quello di Pelosi potrebbe secondo alcuni aprirne una quarta. L’appartenenza allo stesso partito di Joe Biden fa sì che Pechino veda il suo arrivo come un segnale politico. Anche se sui media cinesi, quelli rivolti verso un pubblico interno, si nota una personalizzazione della vicenda. Si legge su Taiwan.cn: «Pelosi ha agito in modo sconsiderato sfruttando il sistema di separazione dei poteri statunitense, ma mostra anche che non c’è un consenso completo nella Camera degli Stati uniti e nel Partito democratico sulle relazioni con la Cina».

E ANCORA: «I padroni di casa che ospitano Pelosi potrebbero non essere in grado di credere veramente all’efficacia delle promesse fatte da una politica al crepuscolo della sua carriera, che ha deliberatamente fomentato le tensioni regionali per un proprio tornaconto». Stessa linea tenuta dal corrispondente da Bruxelles dell’agenzia di stato Xinhua, Chen Weihua. Non solo si sottolinea la non credibilità della speaker ma si evidenzia anche la divisione tra Partito democratico (dunque Biden) e la Camera dei rappresentanti (Pelosi). Ciò lascia intendere che si potrebbe provare a giustificare la visita di Pelosi come segno del caos interno Usa (con l’ex segretario di Stato Mike Pompeo che attacca la Casa Bianca per non aver sostenuto Pelosi). Ma a non essere credibili per Pechino sono anche le garanzie di Biden.

VERSO L’ESTERNO, infatti, il messaggio veicolato è di fuoco e fiamme. In un video rilasciato in occasione del suo 95esimo anniversario, il comando orientale dell’esercito cinese dice di essere «pronto a combattere il nemico». Sui social girano le immagini di mezzi armati in spostamento verso sud per le esercitazioni di oggi e mercoledì al largo del Guangdong, mentre sono state diffuse quelle del nuovo missile ipersonico. Intanto stamattina via a nuove esercitazioni militari, con navi e aerei che lambiscono la linea mediana, Taiwan ha rafforzato livello allerta dell’esercito. Quello su cui tutti gli analisti sono concordi è il fatto che una reazione ci sarà.

Xi Jinping, in avvicinamento al XX Congresso, non può mostrarsi debole. Non avendo aumentato le incursioni aeree nei giorni scorsi si tiene aperta questa carta con possibile nuovo record jet nello spazio di identificazione di difesa aerea: sarebbe una reazione molto visiva ma nella sostanza non sarebbe una vera escalation. Forse non abbastanza, se quello di Pelosi sarà più di uno stop-over. C’è chi ipotizza il passaggio di un jet direttamente sopra l’isola di Taiwan, o persino il lancio di missili balistici nello Stretto o la presa di una delle isole minori amministrate da Taipei. Matsu, Kinmen, Penghu o magari le remote e senza abitanti civili Dongsha e Taiping. Gli Usa rispondono con una «zona cuscinetto» nella quale sono impegnati la portaerei Ronald Reagan, posizionata nel mare delle Filippine, e il suo gruppo d’attacco. Il tutto mentre ieri sono cominciate le Garuda Shield, le esercitazioni congiunte tra Usa e Indonesia che quest’anno vedono coinvolti anche Australia e (per la prima volta) Giappone.

I dettagli della visita di Pelosi e il grado della reazione di Pechino ci diranno se esisteva una sorta di “assenso” sulla gestione della crisi scaturito dalla telefonata tra Biden e Xi della scorsa settimana. Oppure se Biden, nel tentativo di ripetere il gioco fatto efficacemente con Pompeo di prendere le distanze dalla visita mostrando i suoi dubbi e quelli del Pentagono, non abbia invece svelato le sue carte e la sua debolezza a Xi, elevando il rischio di una reazione più aggressiva.

La prima risposta di Pechino è intanto sul lato commerciale, sospendendo nella notte l’import di beni alimentari da oltre 180 imprese alimentari taiwanesi. Mentre la visita di Pelosi ha portata soprattutto simbolica, la ritorsione commerciale si farà sentire in modo molto concreto. Nonostante le tensioni e l’assenza di dialogo politico tra governi, nel 2021 l’interscambio commerciale tra Pechino e Taipei ha raggiunto il record storico, con bilancia commerciale favorevole a Taiwan.

Qui un articolo sulle relazioni commerciali, qui uno sul fondamentale dossier dei semiconduttori.

IL MONDO OSSERVA che cosa succederà durante il probabile arrivo di Pelosi, Taiwan allaccia le cinture per quando se ne sarà andata.

Di Lorenzo Lamperti

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