La ripartenza del Vietnam parte dagli investimenti esteri. Ecco come una delle province meridionali sta attirando l’interesse degli investitori e le risorse di Hanoi per spingere l’economia nazionale in un contesto globale. Poi il viaggio di Widodo in Asia orientale e la rivoluzione foodtech
L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 29 luglio. Qui per iscriversi, leggerla intera e riceverla gratis tutti i venerdì
Un hub manifatturiero a vocazione sempre più internazionale si sta espandendo in Vietnam. Si tratta della provincia meridionale di Dong Nai, area a vocazione industriale localizzata a soli 100 km dal centro di Ho Chi Minh City, il principale centro urbano del sud. Un Guangdong in versione vietnamita che sta attirando tanto i fondi governativi per lo sviluppo economico quanto l’interesse degli investitori esteri.
Le riforme
La Strategia di sviluppo quinquennale di Dong Nai 2020-2025 ha posto le basi per accelerare lo spirito imprenditoriale della provincia: nel piano si prevede di puntare, tra una serie di obiettivi precisi, sull’attrazione degli investimenti esteri per innovare ed espandere le forze produttive del territorio. Tra le riforme adottate dal governo locale rientrano lo snellimento delle procedure burocratiche e una tassazione ridotta per i nuovi investitori. Ma non solo: in tutto il paese non è prevista una soglia minima di investimento per avviare un’attività, purché l’investitore sappia garantire di avere risorse sufficienti affinché l’impresa rimanga economicamente sostenibile.
Nell’area sono già presenti alcune realtà internazionali come Nestlé, che ha localizzato qui la sua più grande fabbrica nel paese per la produzione di caffè. Ma i settori di investimento sono i più vari. Le opportunità vanno dall’elettronica al tessile, dai farmaci all’industria ittica: una dinamicità favorita dalle agevolazioni per facilitare la cooperazione tra pubblico e privato, nonché tra imprese estere e società locali. Oltre alle zone industriali già presenti, il governo ha approvato e attivato la costruzione di nuovi parchi industriali nelle località di Xuân Lộc, Định Quán, Vĩnh Cửu, Thống Nhất, Tân Phú e Long Khánh.
Perché Dong Nai?
La provincia meridionale del Vietnam non è solo l’epicentro delle riforme amministrative per facilitare l’ingresso di capitali e competenze dall’estero. La posizione geografica della provincia offre un facile punto d’appoggio sia per il mercato interno che per le rotte internazionali: nella zona sono presenti gli aeroporti di Long Thanh e Ho Chi Minh City, diversi collegamenti stradali (alcuni di nuova costruzione) ed è in corso la costruzione di due nuovi collegamenti ferroviari verso Ho Chi Minh City e la provincia costiera di Ba Ria-Vung Tau. Infine, il porto di Dong Nai è uno dei principali porti regionali del paese.
Le opportunità offerte dal governo vietnamita per attirare gli investimenti a Dong Nai rientrano in un contesto più ampio di trasferimento delle imprese offshore verso i paesi ASEAN, complici la crisi globale della supply chain, l’innalzamento dei costi operativi in Cina e le restrizioni Covid tutt’ora implementate dalla Repubblica Popolare. In questo momento storico Hanoi ha saputo negoziare il suo ingresso nei principali accordi per gli standard commerciali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMS) e rendersi parte attiva nell’evoluzione di una zona di libero scambio ASEAN. Diversi sono anche gli accordi di libero scambio bilaterali e multilaterali, come l’appena avviata Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Non ultimo, l’accordo commerciale e per la protezione degli investimenti firmato nel 2019 con l’Unione Europea eliminerà il 99% dei dazi sui beni scambiati e ridurrà le barriere normative all’ingresso dei rispettivi capitali e prodotti nei due mercati.
Un’economia in crescita
Secondo gli ultimi dati della Asian Development Bank (ADB) il Vietnam sarà il principale motore della crescita economica nel Sud-Est asiatico. Con un tasso di crescita del PIL che si aggirava intorno al +6,3% tra il 2010 e il 2019 e dopo lo stop della pandemia, ora l’economia sta ripartendo: la banca prevede che il PIL del Vietnam crescerà del +6,5% nel 2022 e del 6,7% nel 2023, più di tutti gli altri paesi della regione.
Andando ad analizzare nel dettaglio i tassi di crescita segnalati dalle autorità vietnamite, l’area di Dong Nai si conferma tra quelle più performanti, con una crescita degli investimenti diretti esteri del +7,8% nel primo quadrimestre del 2021 rispetto al 2021, per un valore di 4,42 miliardi di dollari Usa. Il 59,5% è stato destinato all’industria manifatturiera, mentre il 30,3% si è focalizzato sul settore immobiliare.
In un incontro organizzato da Dezan Shira & Associates sulle opportunità d’investimento a Dong Nai è stato evidenziato, inoltre, come la zona di Dong Nai sia oggi il quarto polo d’investimento del Vietnam – un trend in costante crescita che sta attirando soprattutto i capitali delle imprese di tutto il mondo. Tra queste, spiccano i nomi di grandi società di Taiwan, Giappone e Corea del Sud.
Più investimenti, migliori investimenti
I passi avanti nella gestione della sostenibilità d’impresa in termini ambientali, sociali e amministrativi (Environment, society and governance – ESG) da parte di Hanoi stanno permettendo al Vietnam di allinearsi agli standard globali, adeguandosi alle richieste dei mercati che guardano al ranking ESG.
Le ultime direttive sul lavoro, definite da una circolare di dicembre 2021, incrementano le tutele all’interno delle aziende laddove, in passato, permanevano le zone grigie che rischiano di minare l’immagine dell’impresa. La settimana non deve superare le 72 ore e non è possibile superare le 12 ore lavorative al giorno. Viene previsto almeno un giorno di riposo, con un minimo di quattro giorni liberi ogni mese. I datori di lavoro hanno ora l’obbligo della massima trasparenza circa orari, compensi e inquadramento contrattuale.
Anche nel quadro della tutela degli ecosistemi del Vietnam sono aumentati gli obblighi per le aziende. Le ultime direttive vanno a implementare gli obiettivi della nuova legge per la protezione ambientale del 2020, che comprende gli standard da applicare all’industria, come il trattamento delle acque di scarico e la gestione dei rifiuti plastici.
A cura di Sabrina Moles
Il tour in Asia orientale di Widodo
Martedì 26 luglio si è conclusa la visita di due giorni del Presidente indonesiano Joko Widodo a Pechino. Si tratta del primo capo di stato straniero invitato in Cina ad incontrare Xi Jinping dalle Olimpiadi invernali di febbraio 2022. La visita ufficiale ha portato Jokowi ad incontrare Xi e il premier Li Keqiang al Diaoyutai State Guesthouse, dove un tempo anche il Presidente Nixon era stato accolto. L’incontro avviene in un momento internazionale a dir poco delicato, tra guerra in Ucraina, crisi degli approvvigionamenti e inflazione. Widodo ha ufficialmente invitato il Presidente cinese al summit del G20 di Bali. “Se Xi dovesse partecipare, sarebbe una svolta”, secondo il professore dell’Università di Chengdu di economia politica internazionale Pang Zhongying. L’Indonesia, presidente di turno del G20, ha il difficile compito di portare al tavolo del dialogo Cina e Stati Uniti, ma non solo. Con il viaggio in Ucraina e in Russia, il Presidente indonesiano ha cercato di creare un ponte di comunicazione tra i presidenti delle due nazioni in guerra. Il viaggio a Pechino di Joko Widodo si è concluso con un comunicato congiunto nel quale si manifesta l’intenzione di rafforzare i loro legami economici, nonché di portare a termine la costruzione dell’autostrada Jakarta-Bandung, che rientra tra i progetti della Belt and Road Initiative. La Cina ha promesso anche di importare un ulteriore milione di tonnellate di olio di palma dall’Indonesia, importante fonte di risorse naturali per Pechino. Tuttavia, secondo l’esperto Zhang Mingliang dell’Università Jinan del Guandong “il significato politico della visita di Jokowi [in Cina] sorpassa quello economico”. Widodo è stato anche in Giappone e in Corea del Sud, concentrandosi molto sugli investimenti. A Tokyo ha auspicato l’ingresso dei colossi giapponesi di settore nell’industria indonesiana dei veicoli elettrici, ottenendo subito l’annuncio di un programma da 1,8 miliardi di dollari da parte di Toyota.
Singapore guida la rivoluzione foodtech
Al Marriott Hotel di Singapore ogni giovedì viene servito un menù a base di carne prodotta in laboratorio, mentre su uno schermo scorrono le immagini della crisi climatica in corso. Singapore è l’unico Paese al mondo ad aver approvato il commercio di pollo realizzato in provetta, e lo acquista attualmente dall’unicorno statunitense Eat Just. Recentemente, però, ha iniziato a investire nello sviluppo di tecnologie alimentari a livello nazionale che saranno vitali per la sicurezza alimentare dei prossimi decenni. Potenzialmente, infatti, in laboratorio si può “coltivare” qualsiasi cosa. Secondo Isha Datar, direttore esecutivo dell’istituto di ricerca sull’agricoltura cellulare New Harvest, “la vaniglia non deve per forza essere coltivata nella foresta pluviale, gli albumi non devono necessariamente venire con il tuorlo, il foie gras può essere cruelty-free”. La rivoluzione alimentare prefigurata da queste tecnologie riuscirebbe a conciliare le istanze ambientaliste, che includono la trasformazione in chiave sostenibile della produzione di alimenti come la carne, e le contingenze storiche che sta attraversando l’Asia. I prospetti di crescita demografica della regione, che conta attualmente una popolazione di 4,6 miliardi di persone, prevedono un aumento di 700 milioni di unità nei prossimi tre decenni. Questo trend porterà con sé considerazioni sulle diseguaglianze socio-economiche, la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento e l’accelerazione della crisi di sicurezza alimentare già in corso in alcune aree. Secondo un rapporto di PwC, Temasek e Rabobank, circa il 65% della classe media mondiale vivrà nella regione entro il 2030, e si prevede che la spesa totale per il cibo in Asia raddoppierà a 8 trilioni di dollari. Ecco perché è essenziale per l’Asia orientale dotarsi di tutte le soluzioni più all’avanguardia per affrontare il tema della sicurezza alimentare. Così Singapore, con la sua azienda di investimento Temasek, guida il Sud-Est asiatico nel settore di ricerca e sviluppo del foodtech.