I titoli di oggi:
- Xi invita i leader europei in Cina
- Le Big Tech cinesi assumono nei team di produzione di chip
- Incontro Giappone-Corea del Sud per superare le controversie storiche
- Cooperazione sul clima “a tutto campo” tra Cina e Usa
- La disoccupazione giovanile preoccupa Pechino
Xi invita i leader europei in Cina
I leader europei sono stati invitati a Pechino per un incontro con il presidente cinese Xi Jinping, previsto per il prossimo novembre. L’incontro dovrebbe coincidere con il summit dei leader al G20 a Bali e seguire di poco il XX Congresso nazionale del Partito comunista cinese, che secondo alcune previsioni si terrà a ottobre. L’invito è stato rivolto al cancelliere tedesco Olaf Scholz, al presidente francese Emmanuel Macron, al primo ministro spagnolo Pedro Sánchez e al presidente del Consiglio italiano Draghi – non è chiaro se sarà esteso anche a chi prenderà il suo posto, vista l’attuale crisi di governo. I leader in questione sono assenti in Cina dall’inizio della pandemia, e che hanno aderito al boicottaggio diplomatico per questioni inerenti ai diritti umani non partecipando alle Olimpiadi di Pechino dello scorso febbraio. Ma non è chiaro se i leader europei accetteranno l’invito: per ora, chiarisce il South China Morning Post, a Parigi è in corso un “acceso dibattito” tra i paesi coinvolti. Ma pare che Pechino avrà occasione di perseverare con la richiesta, soprattutto durante la visita del prossimo settembre del ministro degli Esteri cinese Wang Yi in Europa, prima della sua partecipazione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di New York.
Oggi, intanto, si terranno i colloqui bilaterali commerciali tra Cina e Unione Europea che i paesi Ue stanno tentando di organizzare da mesi. Il commissario europeo per il Commercio Valdis Dombrovskis e il vicepremier cinese Liu He co-presiederanno l’incontro virtuale, a cui parteciperanno anche i rappresentanti dei ministeri del Commercio e dell’Economia dei paesi coinvolti. Sicurezza alimentare, prezzi dell’energia e catene di approvvigionamento saranno tra le questioni al centro delle discussioni. L’ultimo incontro ad alto livello tra le parti ha avuto luogo, sempre virtualmente, lo scorso aprile: allora i colloqui si erano concentrati sull’aggressione militare russa in Ucraina, ma Pechino non aveva dato alcuna garanzia che non avrebbe sostenuto finanziariamente o militarmente Mosca.
Al SCMP Noah Barkin, analista presso il think tank statunitense German Marshall Fund, ha affermato che i ritardi nell’organizzazione del meeting hanno probabilmente a che fare con il tentativo di Pechino di adattarsi a un nuovo scenario delle relazioni con l’Europa, “in cui l’Ue solleva tutte le questioni controverse delle relazioni ogni volta che si incontrano”. Malgrado relazioni diplomatiche non propriamente rosee, Pechino “è desiderosa di riprendere le normali relazioni commerciali con l’UE”, ha affermato Francesca Ghiretti, analista di Mercator Institute for China Studies (MERICS). L’Ue, tuttavia, non ha ancora ratificato il Comprehensive Agreement on Investment (CAI) con la Cina (ne avevamo parlato in diretta Instagram lo scorso gennaio proprio con Francesca Ghiretti).
Le Big Tech cinesi assumono nei team di produzione di chip
Pechino sta spingendo i suoi colossi tecnologici ad accelerare lo sviluppo dell’industria dei chip. HiSilicon, società del gigante tech cinese Huawei Technologies Co. con sede a Shenzhen, ha pubblicato annunci per circa cinquanta ingegneri altamente qualificati. La Big Tech punta a sviluppare il proprio software di progettazione di semiconduttori per far fronte ai limiti imposti dalle sanzioni americane. “La posizione finanziaria di Huawei è solida. […] Le sanzioni hanno influito in modo significativo sulla nostra attività, ma Huawei potrebbe riprendersi mentre sviluppa nuove linee di prodotti”, aveva detto a marzo (e lo avevamo riportato in rassegna) la chief financial officer Meng Wenzhou, tornata ufficialmente sulla scena pubblica in quei giorni dopo il rilascio dalle autorità Usa.
Anche Alibaba, Tencent e Xiaomi stanno investendo nella produzione di chip. ByteDance, casa madre di Douyin e della versione internazionale TikTok (la cui strategia di internazionalizzazione sta riscontrando non pochi problemi) nelle scorse ora ha aperto 31 posizioni lavorative nel campo dei semiconduttori. Ha affermato, tuttavia, che la creazione di un team per la produzione di team è ancora in fase preliminare e i talenti assunti si limiteranno per ora a supportare le crescenti esigenze di calcolo dei suoi servizi.
Se l’intenzione è quella di ridurre la dipendenza della Cina dalle tecnologie straniere, il paese tuttavia non può ancora fare a meno di aziende leader del settore, come le statunitensi Cadence Design Systems Inc. e Synopsys Inc. Gli sforzi della Cina hanno attirato l’attenzione degli Stati Uniti, che tra le altre cose stanno esercitando pressioni sul governo dei Paesi Bassi per revocare la licenza di esportazione verso la Cina delle apparecchiature di ASML Holding, essenziali per la produzione di semiconduttori (ne abbiamo parlato di recente nella newsletter di approfondimento settimanale – qui per sapere come ottenerla).
Incontro Giappone-Corea del Sud per superare le controversie storiche
Riconciliazione e speranza. È il messaggio dell’incontro avvenuto ieri a Tokyo tra il ministro degli Esteri della Corea del Sud Park Jin e il suo omologo giapponese Yoshimasa Hayashi. I due hanno espresso la speranza che Tokyo e Seul possano superare le “dispute storiche” – che risalgono all’occupazione giapponese della Corea dal 1910 fino al 1945. Le ripercussioni si sentono ancora ad oggi: la Corte Suprema sudcoreana, ad esempio, ha più volte ordinato alle imprese giapponesi di ripagare i coreani o le famiglie di coloro che durante il periodo coloniale sono stati sottoposti al lavoro forzato. Nelle prossime settimane il tribunale dovrebbe confermare o annullare l’ordine di sequestrare i beni delle aziende giapponesi accusate di non aver risarcito i lavoratori per l’epoca coloniale. Ma se l’ordine dovesse essere eseguito, ha avvertito Tokyo, ci saranno “gravi ripercussioni”. I paesi, comunque, si sono detti pronti ad accelerare il dialogo bilaterale anche sulla scia di questioni attuali come l’invasione russa dell’Ucraina. La cooperazione tra i vicini asiatici è fortemente promossa dagli Stati Uniti, al fine di fronteggiare questioni come i programmi missilistici e nucleari della Corea del Nord e la crescente influenza della Cina. Ma dai funzionari sudcoreani non sono mancate preoccupazioni sulle nuove priorità politiche che potrebbero emergere dopo il recente omicidio dell’ex premier giapponese Shinzo Abe.
Cooperazione sul clima “a tutto campo” tra Cina e Usa
Quella tra Cina e Stati Uniti è una “cooperazione a tutto campo”, stando alle parole utilizzate dal ministro dell’Ecologia e dell’Ambiente cinese Huang Runqiu, che nella scorsa settimana ha compiuto una visita negli Usa. Prima carica di alto livello in visita a Washington durante la presidenza Biden, lo scorso venerdì il ministro ha incontrato il segretario al Commercio statunitense Gina Raimondo, il vice amministratore della Environmental Protection Agency (EPA) Janet McCabe e il governatore della California Gavin Newsom. La visita è avvenuta una settimana dopo l’incontro tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il segretario di Stato americano Antony Blinken a Bali. Huang ha dichiarato di sostenere fortemente la transizione energetica a basse emissioni di carbonio, al fine di migliorare la qualità dell’ambiente “a vantaggio di tutti”. Gli Stati Uniti, ha aggiunto, sono un “utile riferimento” in tema di regolamenti e politiche ecologiche. Secondo l’account Twitter dell’EPA, l’agenzia ha dato il benvenuto a Huang “per evidenziare le relazioni di lunga data sulla protezione ambientale” tra i due paesi. Ma non mancano gli scetticismi sull’effettivo impatto di questi incontri: “A volte quando si tratta di questioni specifiche, l’ambito [della loro cooperazione] è relativamente ristretto”, ha affermato al South China Morning Post Shi Yinhong, ricercatore presso la Renmin University.
La disoccupazione giovanile preoccupa Pechino
I dati nazionali riportano che il tasso di disoccupazione a Shanghai è salito al 12,5% nel secondo trimestre di quest’anno. I focolai che hanno interessato la megalopoli l’hanno resa l’unica area in Cina a livello provinciale ad aver raggiunto un tasso a doppia cifra, di ben lunga superiore alla media nazionale del 5,8%. I numeri, tuttavia, sono migliorati a giugno, quando la situazione di prevenzione pandemica si è alleggerita e il tasso è sceso al 7%. Il mese scorso quello di Pechino si attestava al 5,1%, un tasso inferiore a quello di altre province colpite dalle politiche di contenimento, come Hebei, Henan, Liaoning, Shanxi, Mongolia Interna e Jilin.
A preoccupare è soprattutto la disoccupazione giovanile: i dati ufficiali della scorsa settimana mostrano un livello record del 19,3% a giugno, per i giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni – a fronte dell’8,1% degli Usa e del 13,3% dell’Unione Europea. Domenica il vicepremier Hu Chunhua ha sottolineato la necessità di adottare misure più efficaci per stabilizzare la situazione occupazionale. Le cause di numeri così alti risiedono nella effettiva diminuzione delle domande di assunzione e nei ritardi delle attività di reclutamento a causa delle politiche di prevenzione del Covid-19. A complicare il quadro quest’anno è l’ingresso nel mercato di 10,76 milioni di neolaureati, cifra record pari a circa 1,7 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
A cura di Vittoria Mazzieri
leader
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.