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In Cina e Asia – Hong Kong: Xi incorona il nuovo chief executive

In Notizie Brevi by Agnese Ranaldi

I titoli di oggi:

  • Xi incorona il nuovo chief executive
  • Il Pcc cresce ma ringiovanisce
  • In sospeso i colloqui tra Cina e Ue 
  • Cambogia e Myanmar, i nuovi motori del manifatturiero asiatico

 

“Dopo aver sperimentato vento e pioggia, tutti hanno dolorosamente realizzato che Hong Kong non può più rimanere nel caos”. Con queste parole Xi Jinping ha riaffermato l’importanza del modello “un paese due sistemi” per assicurare la longevità dell’ex colonia britannica. Celebrando i 25 anni dell’handover, il presidente cinese ha sottolineato come “lo sviluppo di Hong Kong non può essere ritardato di nuovo e qualsiasi interferenza [esterna] deve essere eliminata”. Xi ha definito quattro priorità per Hong Kong: migliorare il rapporto tra governo e forze di mercato; rilanciare l’economia locale integrando la città nei piani di sviluppo nazionali: risolvere i problemi di sussistenza sociale, in particolare la crisi abitativa dovuta ai prezzi elevati delle case; salvaguardare la stabilità e l’armonia. Toccherà a John Lee, da oggi nuovo chief executive, esaudire i desideri del leader cinese. L’ex zar della Sicurezza ha assunto ufficialmente l’incarico stamattina.

Il discorso di Xi ha incontrato le critiche di Stati uniti, Ue, Gran Bretagna e Taiwan. Boris Johnson ha condannato Pechino per non aver rispettato gli accordi presi prima dell’handover. Anche il capo del Guomindang, Eric Chu, ha utilizzato parole particolarmente dure: “Un governo totalitario e autoritario non durerà mai a lungo e la ricerca della libertà da parte del popolo non può essere repressa per sempre. Spero che un giorno la gente celebrerà il ritorno della libertà a Hong Kong, piuttosto che il suo ritorno di un regime”.

Ma Xi ha le idee chiare per il futuro dell’hub finanziario. Un futuro che è sempre più interconnesso a quello della mainland. Il simbolismo è evidente trattandosi della prima visita ufficiale fuori della Cina continentale dall’inizio del Covid. Il segretario del Partito Comunista Cinese si è confrontato con un gruppo di politici e magnati locali vicini al governo di Pechino presso l’Exhibition and Convention Centre di Wan Chai, prima di recarsi a ispezionare il Science Park di Tai Po, dove hanno sede un centinaio di aziende. Inclusa SenseTime, il colosso cinese del riconoscimento facciale accusato dall’Occidente di supportare la videosorveglianza di massa, sfruttata da Pechino anche per contenere il dissenso sociale.

Il Pcc cresce ma ringiovanisce

Il Partito Comunista Cinese (PCC) è in crescita e ha quasi raggiunto i 97 milioni di iscritti, con un aumento in particolare nelle fasce della popolazione più giovani e istruite. È quanto evidenziano le statistiche ufficiali, che sottolineano anche l’aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente. Dall’insediamento di Xi Jinping alla guida del Partito, i requisiti per il reclutamento di nuovi iscritti si sono fatti più severi, ma nel 2021, anno del centenario del PCC, il volume delle nuove reclute è balzato dell’80% a 4,38 milioni. Secondo le statistiche ufficiali, circa il 53,2%, dei membri del partito è oggi in possesso di una laurea o di un diploma associato o superiore – circa il 13,2% in più rispetto al 2012. Inoltre, nel 2021 più del 35% dei membri del Partito aveva meno di 40 anni e gli studenti rappresentavano il 3,16% del totale dei membri.

Come, sottolinea il South China Morning Post, nonostante la popolazione cinese abbia imboccato la strada dell’invecchiamento demografico, questo trend non si riflette nella composizione della base del Partito: il numero assoluto di membri del partito di età pari o superiore a 61 anni è in aumento, ma la loro quota sul totale dei membri del partito è in calo. Infine, le statistiche dimostrano un sostanziale squilibrio di genere nel Partito Comunista Cinese, che riflette le forti diseguaglianze che attraversano la società cinese: le donne rappresentano il 49% degli 1,4 miliardi di abitanti della Cina, ma sono meno di un terzo dei membri del partito.

In sospeso i colloqui tra Cina e Ue 

I colloqui tra la Cina e l’UE sono giunti a un punto morto. Le relazioni diplomatiche tra Bruxelles e Pechino – in peggioramento da anni a causa delle politiche industriali cinesi e delle violazioni dei diritti umani in Xinjiang – si sono raffreddate ulteriormente dopo la mancata condanna cinese dell’invasione russa dell’Ucraina. Secondo il SCMP, Pechino non avrebbe ancora dato le sue disponibilità per un incontro di follow-up dopo il disastroso vertice del 1 aprile. Fattore che si somma alle preoccupazioni per il ritardo nella nomina di un nuovo ambasciatore cinese all’Ue che sostituisca Zhang Ming, nominato segretario generale della SCO diversi mesi fa.

Nel frattempo, fonti di alto livello hanno affermato che l’UE è “propensa” a supportare una disputa all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sulle presunte ritorsioni commerciali contro la Lituania da parte della Cina. La controversia è incentrata sulla decisione della Lituania di ospitare, a novembre, una missione diplomatica di Taiwan. Intanto gli stati Ue hanno raggiunto un accordo per introdurre regole che impediranno alle aziende sostenute da sussidi esteri “distorsivi” di acquistare imprese nel blocco dei 27 o di partecipare a gare d’appalto pubbliche. “L’UE è il mercato più aperto del mondo. Ma apertura fa rima con equità”, ha ribadito la presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen.

Cambogia e Myanmar, i nuovi motori del manifatturiero asiatico

Cambogia e Myanmar si contendono il ruolo di hub manifatturiero in Asia, mentre in Cina è in corso un esodo delle aziende del settore causato dall’aumento del costo del lavoro. Wang Huanan, un esperto del settore, ha affermato che “il Vietnam è stata una destinazione molto popolare per gli ordini di esportazione (dalla Cina), ma Myanmar e Cambogia stanno recuperando terreno negli ultimi anni”. La guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti ha riacceso la competizione nel settore manifatturiero e tessile tra i paesi del Sudest asiatico, sostenendo la delocalizzazione intraregionale. Cambogia e Myanmar hanno creato le condizioni legali per incrementare il flusso di investimenti diretti esteri (IDE) nel settore, con una serie di esenzioni fiscali e di incentivi politici per le multinazionali e i finanziatori che intendono sfruttare le risorse nazionali dei loro mercati emergenti. In Cambogia, il volume totale degli scambi commerciali ha raggiunto i 22,47 miliardi di dollari nei primi cinque mesi del 2022, con un aumento del 19,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le esportazioni totali hanno raggiunto i 9,41 miliardi di dollari, con un aumento del 34,5% rispetto all’anno precedente. I beni più esportati sono stati gli indumenti, gli articoli in pelle e le calzature.

Il Myanmar è un’altra destinazione popolare, specie per le fabbriche di abbigliamento cinesi. Secondo esperti del settore, il numero di queste aziende è passato da meno di 100 nel 2012 a più di 500 nel 2019. Tra il 2012 e il 2019, la crescita media annua delle esportazioni di abbigliamento del Myanmar ha superato il 18% e in alcuni anni ha superato il 50%. Lo sviluppo del settore è stato rallentato dalla pandemia nel 2020 e dal golpe militare dello scorso anno.

A cura di Agnese Ranaldi; ha collaborato Alessandra Colarizi