Il blocco di Shenzhen e Shanghai ha evidenziato la complicata vita dei rider cinesi
Che i lavoratori gig soffrano la carenza di una solida rete di sicurezza sociale lo si discute da tempo, ma il lockdown di Shenzhen e quello ancora più catastrofico di Shanghai hanno manifestato in tutte le sue sfaccettature la precarietà di questo genere di professioni. Molti fattorini si sono visti costretti a dormire per strada per evitare di rimanere bloccati in casa come richiesto dalle misure di quarantena e, quindi, di non poter lavorare. E se non si consegna non si vede l’ombra di uno yuan.
Le foto di rider avvolti da coperte che passano la notte sulle panchine dei parchi urbani o che trovano riparo nei bagni pubblici hanno fatto il giro del web, quasi come se potessero adempiere al ruolo di manifesto universale della precarietà gig. Un articolo eliminato dal web cinese, poi reso pubblico dalla piattaforma indipendente China Digital Times, ha riportato la situazione di un gruppo di fattorini del distretto di Bao’an, a Shenzhen. A metà marzo, in pieno lockdown, si sono imbattuti in un nuovo cartello affisso all’entrata del villaggio urbano di Baishixia, dove risiedono: a grandi caratteri c’era scritto “zhi zhunjin, bu zhunchu”. In breve: si entra ma non si esce. Gli è stato spiegato che se fossero entrati nelle loro case non sarebbero potuti uscire per tornare in sella al motorino, fedele compagno di delivery. A nulla sono serviti i certificati di lavoro rilasciati dall’ufficio del Commercio e dalla società con cui collaborano – la Pupu Mall, uno di quei servizi di consegna espressa di generi alimentari freschi.
I documenti, mostra l’autore, attestano che la loro mansione è necessaria non solo per il sostentamento dell’individuo, ma anche per quello dell’intera città. Si ha bisogno del lavoro incessante dei fattorini “per mantenere le normali funzioni sociali e ridurre l’impatto del lockdown”, ha spiegato al sito Rest of World Hui Huang, dottorando al King’s College di Londra. Lo dimostra quanto successo a Shanghai, dove le catene di approvvigionamento di cibo e beni essenziali per i residenti in quarantena sono implose a causa di una commistione di mancanza di fattorini e blocco delle merci, uno scenario che Bloomberg ha definito “incubo logistico”. Come risultato, per settimane è stato praticamente impossibile ordinare dalle app di online grocery, come Dingdong Maicai o Meituan Maicai.
Sono proprio i dirigenti di Meituan, leader del settore di food delivery con i suoi 600 mila fattorini sparsi in tutto il paese, ad aver partecipato a una fugace conferenza stampa a fianco dei funzionari municipali, a poco più di una settimana dall’inizio del lockdown. Dopo che il vice-sindaco Chen Tong ha riconosciuto le gravi mancanze del governo nel garantire prodotti alimentari alla popolazione, i rappresentanti della società hanno annunciato misure straordinarie per aiutare i cittadini, soprattutto quelli più vulnerabili.
Pare che, dopo mesi e mesi di rimproveri e azioni di rettifica da parte del partito, la società abbia trovato l’opportunità di dimostrare di curarsi del benessere dei cittadini e, soprattutto, di fare da spalla destra al governo. In fondo, i servizi di food delivery hanno già dato prova di saper approfittare di focolai pandemici, visto il moltiplicarsi dei profitti per le aziende del settore in tutto il mondo. Ma il governo di Shanghai, commenta il magazine Fortune, “non sembra desideroso di incoronare Meituan un eroe del lockdown, in quanto significherebbe ammettere le proprie carenze”.
Ma non c’è fine alle sventure: proprio qualche giorno fa sul social network Weibo molti cittadini hanno raccontato di aver sofferto problemi di salute causati dal cibo avariato proveniente dai pacchi alimentari del governo. Le aziende private, al contrario, hanno risposto con prontezza, fornendo veicoli ai volontari che distribuiscono i pacchi e promuovendo servizi che consentono di fare acquisti di gruppo al posto della ben più dispendiosa vendita al dettaglio. C’è una soluzione per tutto, e se centinaia di fattorini dormono ancora sotto i ponti, ecco che Meituan e la sua competitor Ele.me hanno dichiarato di aver offerto loro pernottamenti gratuiti in hotel.
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.