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In Cina e Asia – Elezioni Hong Kong: Pechino punta sull’ex zar della sicurezza

In Notizie Brevi by Serena Console

I titoli di oggi:

  • Elezioni Hong Kong: Pechino punta sull’ex zar della sicurezza
  • La strategia Zero Covid preoccupa le aziende europee
  • Puniti 13 funzionari per un altro caso di traffico di esseri umani
  • YouTube ha sospeso il canale del blogger cinese in Ucraina
  • Seul e Washington rafforzano l’alleanza strategica

Era nell’aria e l’annuncio non ha suscitato grosse sorprese. Il Chief Secretary di Hong Kong, John Lee, ha consegnato le sue dimissioni a Carrie Lam, Chief Executive uscente, per prepararsi alla corsa elettorale per il futuro capo esecutivo, in calendario l’8 maggio prossimo. Il numero due del governo di Hong Kong, che ha lasciato il suo incarico con effetto immediato, ha poi tenuto una conferenza stampa per annunciare la sua decisione di correre per il governo dell’ex colonia britannica. Rivolgendosi ai giornalisti, Lee ha definito “glorioso” poter servire il popolo di Hong Kong e ha ringraziato l’attuale capo esecutivo, per la fiducia accordatagli.

L’ormai ex Chief Secretary, che non ha risposto alle domande dei cronisti, nel suo breve intervento non ha fornito dettagli sui suoi piani futuri, limitandosi a dichiarare che inizierà a lavorare alla sua candidatura dopo l’eventuale approvazione delle sue dimissioni. L’annuncio di Lee segue la rinuncia alla candidatura ufficializzata da Lam nella conferenza stampa del 4 aprile, durante la quale la leader uscente ha precisato che non cercherà un secondo mandato.

Prima di servire come Chief Secretary nell’amministrazione attuale, Lee si è conquistato la fiducia di Pechino per aver sedato con il pugno di ferro le proteste pro-democrazia del 2019, quando ricopriva l’incarico di sottosegretario alla Sicurezza.

Lee potrebbe avere già la strada spianata verso la vittoria. L’ex Chief Secretary ha avuto la benedizione del governo del presidente Xi Jinping di diventare amministratore delegato. Privilegio che non spetta ad altri candidati. Secondo gli analisti, Pechino vuole puntare su Lee per garantire la sicurezza di Hong Kong a scapito del suo status di hub finanziario ed economico dell’Asia orientale.

Ad Hong Kong infatti non si ferma l’ondata di arresti. Nella giornata di ieri, sei attivisti sono stati arrestati per aver causato ‘disturbo’ in un’aula di tribunale di Hong Kong durante il processo dell’attivista Hang Tung Chow (ora in carcere). Le sei persone, quattro uomini e due donne, sono state arrestate per sedizione, in base all’interpretazione estremamente restrittiva di una legge dell’era coloniale contro le proteste in aula. Tra gli arrestati, un giornalista di giudiziaria, Siew Yun-long, e Leo Tang, ex leader della Confederazione dei sindacati di Hong Kong (HKCTU), ora sciolta.

La strategia Zero Covid preoccupa le aziende europee

La strategia “Zero Covid” è l’ultimo chiodo sulla bara di Shanghai. A pensarlo è Bettina Schoen-Behanzin, vicepresidente del comitato esecutivo della Camera di commercio europea in Cina, che in occasione di un incontro con i media ha espresso preoccupazione per le difficoltà logistiche evidenziate dalla gestione dei recenti contagi. Sono molte le aziende europee ad aver manifestato insofferenza per la situazione epidemica e non solo nella capitale economica cinese. Christoph Schrempp, presidente della Camera di Tianjin, ha affermato che il 70% delle aziende associate non è realmente in grado di incontrare i clienti e rischia un “decoupling” dalle sedi all’estero. “Abbiamo bisogno che l’ambiente aziendale diventi di nuovo prevedibile e una strategia chiara per uscire dalla situazione Covid”, ha spiegato Harald Kumpfert della Camera di Shenyang. Le infezioni non accennano a diminuire, sebbene le autorità di Shanghai abbiano promesso di intervenire per rimuovere gli ostacoli nella distribuzione delle risorse. “Dobbiamo osare sfoderare le nostre spade e combattere tutti i comportamenti che interferiscono e minano la situazione complessiva della lotta contro l’epidemia”, ha sentenziato ieri il partito di Shanghai. 

Puniti 13 funzionari per un altro caso di traffico di esseri umani

I casi relativi alla tratta di esseri umani fanno cadere diversi funzionari locali, segno che il governo centrale sta ponendo una costante attenzione sul tema. Almeno 13 funzionari della provincia dello Shaanxi sono ritenuti responsabili di non aver condotto le dovute indagini sul caso di una donna che soffre di schizofrenia, ritrovata chiusa in una “gabbia di ferro”. E’ il risultato del rapporto delle autorità locali sul caso di Tao, nota sul web come “Xiaoyu”, vittima di traffico umano a scopo matrimoniale. La donna viveva con un uomo di nome Li, 48 anni, il quale raccontava la sua vita con Tao attraverso brevi video pubblicati su Kuaishou. Secondo l’indagine congiunta della polizia locale, degli affari civili e dei dipartimenti sanitari locali, l’identità di Tao è stata confermata dai suoi parenti così come dal test del DNA effettuati dalla donna e da suo padre.

La sua storia ricorda quella di Xiao Huamei: Tao, infatti, è stata rinchiusa da suo marito nella struttura di ferro perché ritenuta incapace di prendersi cura dei suoi due figli a causa dei suoi problemi mentali. Nata nel 1983 nella contea di Foping nello Shaanxi, Tao ha iniziato a mostrare segni di malessere mentale e difficoltà a parlare già nel 2002. Nello stesso anno è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico, ma ha fatto perdere le sue tracce nell’agosto 2010. Un mese dopo, è stata trovata e presa da una donna di nome Wu, che l’ha poi messa in vendita. E’ stata la sorella di Wu a contattare Li, che l’ha acquistata per circa 1500 euro per averla come moglie. Wu e sua sorella sono state arrestate per traffico di esseri umani il 10 marzo, mentre le accuse contro Li sono cadute. Tao è ora ricoverata in un ospedale psichiatrico di Shanghai.

YouTube ha sospeso il canale del blogger cinese in Ucraina

YouTube ha sospeso per un breve lasso di tempo l’account di Wang Jixian, il blogger cinese, residente da quattro anni nella città ucraina di Odessa dilaniata dalle bombe russe. Wang, 36enne programmatore informatico originario di Pechino, ha usato i social network per raccontare l’assedio russo. Il giovane ha postato sui social cinesi i primi video il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa in Ucraina, e poi si è trasferito su YouTube. Nei suoi filmati girati di notte oppure per le strade della città di Odessa, Wang mostra e racconta le atrocità commesse dalle truppe russe. Il giovane cinese è finito anche nel mirino della censura cinese: i suoi video sono stati oscurati su WeChat e Douyin.

L’ultimo video pubblicato su YouTube risale a quello del 30 marzo, quando il blogger si è scagliato contro i suoi connazionali che l’hanno accusato di tradimento nei confronti della Cina, definendoli “spazzatura”. Per questo Wang crede che il suo account sia stato segnalato dai sostenitori pro-Pcc. A Radio Free Asia Wang ha spiegato che il suo canale è stato momentaneamente chiuso per aver pubblicato “contenuti violenti” in un video pubblicato il 28 marzo, nonostante non ci siano elementi violenti.

La sospensione è stata revocata il 3 aprile, dopo che Wang è stato criticato dal Global Times per aver “diffamato la Cina con parole e azioni malevole”. Il blogger non si è arreso: ha aperto un altro canale YouTube dove racconta le violenze della guerra perpetrate dalle truppe russe e dove ammonisce il governo cinese perché non prende una posizione netta sul conflitto. Il nuovo canale, a distanza di 6 giorni dall’apertura, ha già 33mila iscritti.

Seul e Washington rafforzano l’alleanza strategica

Manca meno di un mese all’insediamento alla Casa Blu di Yoon Suk-yeol, ma il neo presidente eletto sudcoreano pone già da ora le basi per la politica estera della Corea del Sud. Secondo le intenzioni del conservatore, Seul potenzierà l’architettura di sicurezza che gli Stati Uniti stanno costruendo in Asia per contenere le ambizioni espansionistiche della Cina e per frenare le minacce della Corea del Nord. E’ questo l’orientamento emerso durante i colloqui a Washington tra i funzionari dell’amministrazione di Joe Biden e la delegazione sudcoreana, guidata dal deputato Park Jin. Durante l’incontro, Park ha discusso con il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan di un possibile schieramento sul territorio sudcoreano di asset strategici statunitensi. Il dispiegamento di bombardieri, portaerei e sottomarini nucleari statunitensi fa parte del programma elettorale di Yoon che promette di “rispondere con fermezza” alle minacce provenienti dalla Corea del Nord. Gli Stati Uniti hanno acconsentito ad innalzare il livello dell’alleanza strategica con la Corea del Sud, e ribadito il loro appoggio agli sforzi per una denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile della Corea del Nord. Durante il colloquio è stato concordato un vertice tra Biden e Yoon subito dopo l’insediamento del conservatore al governo sudcoreano.

A cura di Serena Console; ha collaborato Alessandra Colarizi