Effetto Ucraina in Asia. Stati uniti e Filippine avviano la più massiccia esercitazione di sempre. Anche la Corea di Kim Jong-un scalpita: Seul e Tokyo si riavvicinano
All’alba della sua presidenza aveva annunciato il divorzio dagli Usa. Al tramonto ha officiato il rinnovo dei voti nuziali. Le Filippine tornano ufficialmente all’ovile a stelle e strisce, avviando la più grande esercitazione militare congiunta di sempre.
E dire che a ottobre 2016, pochi mesi dopo l’approdo a palazzo Malacañan, il presidente uscente Rodrigo Duterte sentenziò in visita a Pechino: «L’America ha perso. Mi riallineo al flusso ideologico cinese e magari andrò anche in Russia a parlare con Putin per dirgli che saremo noi tre contro il mondo». Il tutto dopo che il tribunale dell’Aja aveva dato ragione alle Filippine sulle dispute territoriali con la Cina nel mar Cinese meridionale. Una pandemia e un’invasione russa dell’Ucraina dopo, Duterte ha cambiato idea. Il Visiting Forces Agreement che aveva più volte promesso di stracciare è ancora intatto, dopo l’opera di persuasione dell’amministrazione Biden e l’incidente diplomatico della scorsa primavera scaturito dalla permanenza di centinaia di imbarcazioni cinesi in una porzione contesa di mare.
Da allora le tensioni tra Manila e Pechino si sono tornate ad alzare a intermittenza, anche nelle ultime settimane. La manovra Balikantan intrapresa lunedì si protrarrà per 12 giorni e vedrà la partecipazione di novemila militari impegnati in operazioni marittime, anfibie, antiterrorismo e umanitarie. Il generale filippino Andres Centino ha definito i test il simbolo del «rafforzamento dell’alleanza» bilaterale, in un momento nel quale diverse tendenze già in corso nell’Asia Pacifico hanno assunto una maggiore velocità a causa del riverbero del conflitto in Ucraina.
Washington sta cercando in tutti i modi di dimostrare ai partner regionali che sono al centro della sua strategia geopolitica che vede nella Cina il vero rivale nel medio e lungo termine. Nei giorni scorsi John C. Aquilino, comandante Usa per l’Indo-Pacifico, ha detto che l’Esercito popolare di liberazione avrebbe completamente militarizzato «almeno tre delle isolette artificiali costruite nel mar Cinese meridionale con sistemi missilistici anti navali e anti aerei, apparecchiature laser e jet».
Secondo Derek Grossman, analista di Rand, a correre i rischi maggiori di un’aggressione esterna potrebbe essere il Vietnam, perché sprovvisto di un’alleanza militare con gli Usa (così come l’Ucraina).
Pechino smentisce e sottolinea come sia Washington ad alzare le tensioni militari coi suoi tentativi di costruire una Nato asiatica. L’autonoma neutralità dell’India sull’invasione russa dimostra come questi tentativi siano per ora falliti, quantomeno in ambito Quad.
Ma gli altri tre lati del quadrilatero appaiono più esplicitamente allineati che in passato. Il Giappone ha reagito in maniera molto dura all’azione di Mosca. Fumio Kishida è anche stato a Nuova Delhi e Phnom Penh per provare ad «arruolare» due paesi rilevanti per gli equilibri asiatici, visto il ruolo dell’India e la presidenza di turno dell’Asean detenuta dalla Cambogia. Tokyo osserva con inquietudine diversi fronti aperti nelle sue vicinanze. Prima di tutto Taiwan, ovviamente, ma anche la penisola coreana. I test balistici di Pyongyang si susseguono a ritmo incalzante e ci si aspettano nuove azioni in previsione della festa nazionale del 15 aprile, quando in Corea del Nord si celebra il giorno del sole (il compleanno del fondatore Kim Il-sung).
Anche Seul è preoccupata, tanto che il presidente eletto Yoon Suk-yeol ha incontrato l’ambasciatore nipponico Koichi Aboshi, facendo capire che punta a fare fronte comune con Tokyo dopo la rottura diplomatica dell’era Moon Jae-in. Ma le azioni della Russia possono avere anche un effetto diretto sull’Asia orientale. La scorsa settimana il Cremlino ha inviato dieci navi militari nello stretto di Tsugaru, che separa le due isole principali dell’arcipelago giapponese. Sabato scorso, subito dopo aver annunciato la rottura dei negoziati di pace sulle isole Curili, l’esercito di Mosca ha condotto esercitazioni militari con tremila uomini intorno all’arcipelago conteso. Forse un modo per avvicinare la crisi a Pechino e provare a tirarla fuori dall’area grigia. Quell’area grigia nella quale ha prosperato lo status quo asiatico finora.
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.