I titoli di oggi:
- La superbanca cinese AIIB sospende le attività con Russia e Bielorussia
- NPC: delegati propongono di abolire reato usato contro i dissidenti
- Economist: la Cina viola la Convenzione di Vienna
- Pompeo chiede il riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan
- Crisi Ucraina: gli Usa ricuciono il Quad
- I guerrieri del soft power cinese
La superbanca cinese AIIB sospende le attività con Russia e Bielorussia
La Asian Infrastructure and Investment Bank (AIIB) a guida cinese ha messo “in pausa e in corso di revisione” tutte le attività legate a Russia e Bielorussia, per via del protrarsi del conflitto russo-ucraino. In una dichiarazione rilasciata giovedì 3 marzo, la AIIB si dice pronta a sostenere finanziariamente tutti i paesi che sono stati colpiti direttamente o indirettamente dalla guerra. La mossa della banca ha valore altamente simbolico. La Cina detiene infatti una quota del 30% delle attività della AIIB. Per questo l’istituto è visto da alcuni osservatori come uno degli strumenti impiegati da Pechino per tentare di ridisegnare l’ordine internazionale, attraverso la promozione di una sorta di alternativa alla World Bank. La Russia, dal canto suo, detiene il 6,7% del capitale totale della AIIB, mentre né Ucraina né Bielorussia sono membri partecipanti. In un colloquio telefonico tenutosi martedì con l’omologo ucraino Kuleba, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che la Cina ha “sempre sostenuto il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i paesi”, e che è quindi fondamentale che Ucraina e Russia si impegnino a trovare rapidamente una soluzione attraverso dei negoziati. La misura intrapresa dalla AIIB, unita all’astensione cinese dal voto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che condannava l’aggressione russa, dimostra, come sostengono alcuni esperti, che nell’ambito della crisi russo-ucraina Pechino sceglie la via dell’equilibrismo diplomatico.
NPC: delegati propongono di abolire il reato di “scatenare liti e provocare problemi”
In Cina si discute se abolire tra i reati penalmente perseguibili quello di “scatenare liti e provocare problemi” (寻衅滋事, xúnxìn zīshì). Xiao Shengfang, delegato all’Assemblea Nazionale del Popolo (NPC), e Zhu Zhengfu, membro della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (CPPCC), intervistati da Caixin, hanno detto che la vaghezza di questa legge penale fa sì che spesso venga abusata e impiegata specificatamente verso coloro che sono ritenuti una minaccia per la stabilità sociale. Venerdì 4 e sabato 5 marzo sono previste in Cina le “due sessioni” annuali dell’a NPC e della CPPCC, considerate tra gli eventi più attesi dell’anno, in cui verranno discussi obiettivi economici, leggi sui governi locali, tasse, ambiente e innovazione. In quest’occasione verrà anche proposta l’abolizione del reato di “scatenare liti e provocare problemi”. Si è discusso molto di questo reato negli ultimi anni, poiché tra i soggetti accusati vi sono attivisti, giornalisti e avvocati. Ma nemmeno un intervento della Corte Suprema del Popolo del 2013 è riuscito a rendere più specifica la fattispecie in questione. In mancanza di prevedibilità, sostengono alcuni osservatori, non si riesce davvero a fornire una guida per gli esperti di diritto penale, e il risultato è spesso un’applicazione selettiva della legge, che prende di mira i soggetti ritenuti “pericolosi” per la stabilità sociale.
Economist: la Cina viola la Convenzione di Vienna
Nuovi dettagli sull’arresto temporaneo di un funzionario dell’ambasciata giapponese fanno luce sull’irrilevanza attribuita da Pechino alla Convenzione di Vienna. Una decina di ufficiali della sicurezza di Stato cinese hanno circondato il rappresentante della legazione giapponese dopo il pranzo in un hotel, ignorando così il principio internazionale dell’immunità diplomatica. Per il diritto internazionale, ciascun agente diplomatico gode di una condizione di inviolabilità che lo tutela dall’eventualità di essere arrestato, detenuto o fermato per tutto il periodo della sua missione diplomatica.
Alla richiesta di scuse da parte del Giappone, la portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying ha preteso di tutta risposta che Tokyo “rispetti le leggi cinesi e disciplini rigorosamente il suo personale diplomatico in Cina per evitare che incidenti simili si ripetano”. Le “attività incoerenti” di cui è stato accusato il diplomatico si traducono spesso in accuse di spionaggio, e sono generalmente preliminari all’espulsione. Attualmente, le relazioni sino-giapponesi sono fredde ma stabili. Secondo il The Economist la gravità del caso è sintomatica del “periodo paranoico” che caratterizza la Cina degli ultimi anni, e che si allinea quella retorica del Partito comunista cinese che invoca spesso la necessità di proteggere la sicurezza nazionale dalla presunta ostilità delle forze straniere.
Pompeo chiede il riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan
Gli Stati uniti dovrebbero riconoscere Taiwan come uno “stato libero e sovrano”. Lo ha dichiarato stamattina l’ex segretario di Stato Mike Pompeo, in visita a Taipei da “privato cittadino”, ma con ambizioni presidenziali. Arringando il think tank governativo Prospect Foundation, Pompeo ha precisato che “non si tratta della futura indipendenza di Taiwan. Si tratta del riconoscimento di una realtà inconfondibile, già esistente”. L’ex braccio destro di Donald Trump ha quindi invitato Washington a stracciare 50 anni di ambiguità strategica, esaltando il sistema democratico taiwanese.
Crisi Ucraina: gli Usa ricuciono il Quad
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha richiamato indietro un telegramma riservato inviato lunedì, che ordinava ai diplomatici statunitensi di comunicare agli omologhi di India e Emirati Arabi che la loro posizione di neutralità rispetto alla crisi russo-ucraina faceva il gioco della Russia. I cablogrammi diplomatici sono delle comunicazioni ufficiali tra la madrepatria e i rappresentanti delle ambasciate, e nel caso degli Stati Uniti vengono controllati da numerosi funzionari prima di essere autorizzati alla distribuzione. I rappresentanti del Dipartimento di Stato hanno dichiarato che “il linguaggio in questione non è mai stato inteso per l’autorizzazione e il cavo è stato rilasciato per errore, motivo per cui è stato richiamato”.
I due paesi in questione, India ed Emirati, sono tradizionalmente considerati alleati di Washington. Ma gli Stati Uniti non hanno apprezzato la titubanza mostrata da New Delhi e Abu Dhabi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, quando si sono astenuti (insieme alla Cina) dal votare la risoluzione sull’aggressione russa dell’Ucraina. L’amministrazione Biden ha cercato allora di richiamare all’ordine gli alleati. I leader del gruppo di paesi Quad – Stati Uniti, Giappone, Australia e India – hanno anche tenuto una riunione giovedì 3 marzo. Alcuni rappresentanti dei paesi dell’Indo-Pacifico hanno letto il conflitto russo-ucraino come l’esito possibile del deteriorarsi delle relazioni tra Pechino e Taipei. Per questa ragione il primo ministro giapponese Kishida ha tenuto a specificare che durante l’incontro i paesi hanno concordato che “i cambiamenti unilaterali allo status quo con la forza come questo non dovrebbero essere permessi nella regione dell’Indo-Pacifico”, e ha aggiunto che quanto accaduto in Ucraina “rende ancora più importante lavorare per realizzare un Indo-Pacifico libero e aperto”.
I guerrieri del soft power cinese
Non manca nulla. Un attore drammatico della tv di Hong Kong, un famoso attore sino-canadese, un rapper di una boy band, una star modella e attrice e un esperto di sopravvivenza conosciuto in Nuova Zelanda. Espliciti rimandi alla storia del Partito comunista cinese, toni epici e drammatici e una produzione internazionale. Il 9 novembre scorso, il giorno dopo l’apertura del Sesto Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese, è stato rilasciato il reality di sopravvivenza Journey of Warriors (勇敢者的征程): nei sei episodi le cinque celebrità viaggiato per la Cina seguendo le tappe della la Lunga Marcia, lo storico percorso compiuto tra il 1934 e il 1935 dall’Armata Rossa per ritirarsi ed evitare l’annientamento da parte delle forze nazionaliste del Guomindang, e che consentì a Mao di completare la sua ascesa e diventare leader indiscusso del Partito.
Prodotta da Tencent Video e dalla multinazionale statunitense Discovery, con l’intervento della China International Communication Center (CICC) e del Dipartimento Centrale di Propaganda (che pare sia stato omesso nelle locandine in lingua inglese), la docu-serie si presenta come un preciso sforzo del governo di proporre contenuti più attraenti per un pubblico internazionale – non a caso il registra è il premiato Phil Stebbing, che ha lavorato in passato con la BBC, Discovery Channel e National Geographic – e, ha scritto China Media Project, come “un’allegoria del viaggio contemporaneo della Cina così come lo immaginano i leader del paese”. Molto apprezzato dagli utenti della Repubblica popolare cinese e vincitore del premio per la migliore comunicazione internazionale all’11° China Academy Awards of Documentary Film, dal 28 novembre il reality è trasmesso in India e in tutto il Sud est asiatico. E si punta anche ai paesi europei e agli Usa.
A cura di Agnese Ranaldi; hanno collaborato Alessandra Colarizi e Vittoria Mazzieri
Laureata in Relazioni internazionali e poi in China&Global studies, si interessa di ambiente, giustizia sociale e femminismi con un focus su Cina e Sud-est asiatico. Su China Files cura la rubrica “Banbiantian” sulla giustizia di genere in Asia orientale. A volte è anche su La Stampa, il manifesto, Associazione Italia-Asean.