Per ora si tratta di raccomandazioni per le aziende, ma potrebbe essere convertite in legge
Tokyo ha annunciato che si doterà di nuove linee guida per aiutare le aziende a individuare e prevenire che nelle proprie catene di approvvigionamento si verifichino violazioni dei diritti umani, come il lavoro coatto o quello minorile. Sarà il ministro dell’economia Hagiuda Koichi a prendersi la responsabilità di definire le misure.
Secondo un sondaggio governativo, circa la metà delle aziende giapponesi quotate in borsa non conduce controlli per garantire il rispetto dei diritti umani nella propria catena produttiva. Molte di queste non hanno le risorse o le conoscenze per effettuare i controlli: secondo Sugawara Junichi del Mizuho Research & Technologies, l’intervento statale sarebbe indispensabile in questo campo perché nemmeno le grosse aziende hanno la possibilità di ispezionare tutta la catena dei propri fornitori.
Le linee guida che sono allo studio del governo dovrebbero quindi chiudere questa lacuna. Le nuove misure forniranno alle aziende un modello di riferimento basato su principi e standard internazionali per ispezionare i propri approvvigionamenti, verificare le condizioni di lavoro e certificare il non coinvolgimento dei propri fornitori in violazioni dei diritti umani. L’adozione delle linee guida da parte delle aziende, sebbene incoraggiata, avverrà solo su base volontaria ma Hagiuda ha dichiarato che il governo considererà anche la possibilità di trasformare le raccomandazioni in legge, se queste misure dovessero risultare insufficienti.
Negli ultimi anni molti paesi occidentali hanno adottato direttive e regolamenti volti a proteggere le catene di approvvigionamento da abusi contro i diritti umani, ma il Giappone è sempre rimasto abbastanza in disparte. Gli Usa ad esempio hanno introdotto l’anno scorso una serie di norme che colpiscono le aziende cinesi sospettate di sfruttare il lavoro coatto della manodopera uigura, mentre l’azienda svedese H&M ha deciso di interrompere ogni rapporto commerciale coi fornitori operanti nella regione uigura dello Xinjinag. Uniqlo, il gigante dell’abbigliamento giapponese, ha invece rifiutato di rivelare informazioni sulle proprie forniture e nel 2021 gli Usa hanno bloccato un carico di magliette Uniqlo per timore che il cotone con cui erano state prodotte provenisse da fornitori sanzionati nello Xinjiang.
La posta in palio è dunque alta per le aziende e per il governo di Tokyo. I marchi giapponesi non intendono correre il rischio di ritrovarsi tagliati fuori dal circuito del commercio internazionale e degli investimenti mentre la concorrenza europea e statunitense si muove in quella direzione. Anche il consulente del premier per i diritti umani, Nakatani Gen, ha enfatizzato la necessità di procedere a tutta velocità per permettere alle aziende giapponesi di essere in linea con le pratiche internazionali.
Nonostante la crescente attenzione per i diritti umani dimostrata dal nuovo premier Kishida Fumio, il Giappone deve però fare i conti col forte vincolo economico cinese. Nella commissione che dovrà scrivere le linee guida saranno presenti anche i rappresentanti delle grandi aziende giapponesi che hanno grossi interessi commerciali in Cina. Un nodo chiave sarà quello di determinare quante e quali prove siano necessarie per poter dimostrare la propria estraneità da casi di lavoro coatto o minorile.
Oltre all’aspetto produttivo, c’è poi anche quello politico. Il cuore della questione è il rapporto con la Cina, attorno al quale si svolge una parte centrale della partita tra le correnti del Partito Liberaldemocratico. Takaichi Sanae, conservatrice della destra e vicina all’ex premier Abe Shinzo, è stata una voce forte a sostegno delle nuove linee guida. Inoltre i falchi del partito, guidati dalla stessa Takaichi, erano stati i primi a chiedere al governo di boicottare i giochi olimpici di Pechino e pochi giorni prima della cerimonia il premier Kishida, appartenente all’area più moderata, ha acconsentito anche a una dichiarazione di preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Xinjiang da parte del parlamento. Pur di non rompere l’unità del partito, Kishida sulla Cina sta concedendo molto alla destra nella speranza mantenere il controllo del partito fino alle elezioni generali di questa estate. Per il premier, ne va della sua visione di un «nuovo capitalismo» giapponese.
Di Guido Alberto Casanova
[Pubblicato su il manifesto]