I titoli di oggi:
- Macron sente Xi: “maggiore reciprocità negli scambi commerciali”
- Covid, il boom di contagi a Hong Kong preoccupa Xi
- La Cina non rispetta gli impegni della Wto
- La Banca Mondiale è accusata di finanziare la repressione nello Xinjiang
- Xi guarda al diritto per affrontare le sfide internazionali
Crisi in Ucraina e relazioni bilaterali: sono questi i temi trattati durante una conversazione telefonica tra il presidente francese Emmanuel Macron e l’omologo cinese Xi Jinping. Secondo il comunicato rilasciato dall’Eliseo, i due leader hanno sottolineato “la necessità di proseguire gli sforzi a favore di un calo delle tensioni e della risoluzione della crisi in Ucraina attraverso il dialogo”. Nel corso della telefonata il presidente cinese ha salutato l’azione della Francia e della Germania nel quadro del formato Normandia e ribadito il suo pieno sostegno all’attuazione degli Accordi di Minsk per sciogliere le tensioni tra Mosca e Kiev. Macron, nel quadro della presidenza di turno francese dell’Unione europea, si è appellato a Xi Jinping per un’azione volta a riequilibrare la relazione euro-cinese verso una “maggiore reciprocità”, in particolare, rispetto agli scambi commerciali, incoraggiando Pechino a rimuovere le sanzioni varate contro la Lituania. Xi, da parte sua, ha invitato il leader francese a continuare a condurre le relazioni bilaterali in linea con i principi del rispetto reciproco e della parità di trattamento. Per il presidente cinese, Parigi e Pechino dovrebbero rafforzare gli scambi e il dialogo a tutti i livelli, incrementare comprensione e fiducia nonché promuovere la cooperazione sino-francese per nuovi risultati. Nel 2021 gli sforzi compiuti dalle parti per promuovere lo sviluppo delle relazioni bilaterali hanno portato a “risultati fruttuosi”, ha detto Xi, osservando come gli scambi commerciali tra le parti abbiano superato gli 80 miliardi di dollari, accompagnati da un incremento delle importazioni di prodotti francesi del 40 per cento annuo. Xi è poi tornato a ribadire che Cina e Ue dovrebbero rispettarsi e incentivare il dialogo e la cooperazione che sia vantaggiosa per tutti. A tal proposito, Pechino si è detta disposta a collaborare con Parigi per la riuscita del vertice Cina-Ue e per accelerare il processo di ratifica ed entrata in vigore dell’accordo sugli investimenti tra Bruxelles e Pechino.
Covid, il boom di contagi a Hong Kong preoccupa Xi
La situazione pandemica a Hong Kong preoccupa Pechino. Il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato ieri un chiaro avvertimento all’amministrazione di Carrie Lam per la gestione della pandemia di Covid-19, dopo l’incremento dei contagi che si registra da qualche settimana. Secondo quanto riportato dai quotidiani pro-Pechino di Hong Kong “Wen Wei Po” e “Ta Kung Pao”, il leader cinese ha incaricato il vicepremier Han Zheng di trasmettere le sue rimostranze a Lam al fine di mobilitare tutte le forze e le risorse disponibili per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini dell’ex colonia britannica. Ore dopo la diffusione delle parole del presidente cinese, la Chief Executive Lam ha ringraziato il presidente Xi per le preoccupazioni espresse, dicendosi “determinata” a usufruire del sostegno di Pechino nel contenimento del virus. Ma permane il malcontento del governo centrale, che digerisce con difficoltà la gestione del virus a Hong Kong. Da una settimana, la media dei contagi giornalieri in città viaggia sulle mille unità, con le strutture ospedaliere e i centri di quarantena prossimi al collasso. Secondo i dati del governo, circa 12.000 persone risultate positive sono ancora in attesa di essere ricoverate in ospedale. Dopo cinque mesi senza decessi per Covid, Hong Kong ne ha registrati almeno 21 nell’ultima settimana, tra cui una bambina di tre anni e una donna di 100 anni lo scorso martedì. Come la terraferma, l’ex colonia britannica adotta l’approccio “Covid zero” e non sceglie quindi di convivere con il virus. Ma Hong Kong non ha gli strumenti che il governo cinese ha messo in campo per frenare la diffusione del virus: la città portuale, infatti, non ha a disposizione una forza quasi illimitata di medici e operatori sanitari che scendono in campo per testare tutta la popolazione. Nelle ultime 24 ore, infatti, si sono registrati 4285 nuovi casi di Covid-19. Questi dati, però, hanno valore indicativo, dal momento che esiste un arretrato di campioni da analizzare che non permette di definire con chiarezza la reale portata del virus. La politica “Zero covid” continua così ad alimentare i malcontenti in seno alla società. La Lega dei Socialdemocratici di Hong Kong, uno dei pochi partiti pro-democrazia ancora attivi in città, ha organizzato martedì una manifestazione davanti al palazzo dell’amministrazione contro le politiche adottate a contenimento del virus. Secondo il gruppo, le politiche finalizzate all’azzeramento dei contagi non sono più sostenibili per Hong Kong e un elevato tasso di vaccinazione non proteggerà la città dall’emersione di nuovi focolai.
La Cina non rispetta gli impegni della Wto
Gli Stati Uniti hanno accusato la Cina di non aver rispettato i propri impegni nei confronti dell‘Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e per questo stanno lavorando a nuove misure per combattere le pratiche commerciali aggressive di Pechino. Nel suo rapporto annuale sulla conformità della Cina alle regole del Wto, l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha riferito che Pechino non ha abbracciato i principi e le regole su cui si basa la Wto, nonostante le promesse che la Cina ha fatto quando è entrata nell’organizzazione più di 20 anni fa. Pechino, infatti, non ha aperto i suoi mercati alla concorrenza straniera e ha invece mantenuto e ampliato il suo approccio all’economia e al commercio a guida statale e non di mercato. Il rapporto, presentato ogni anno al Congresso Usa da quando la Cina è entrata a far parte della Wto, è il primo pubblicato sotto la direzione della rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Katherine Tai. Per Tai è chiaro che, perseguendo un approccio statale, le politiche della Cina stiano minando le regole e causando seri danni ai lavoratori e alle imprese in tutto il mondo, specialmente nei Paesi in via di sviluppo. Nel documento sono presenti anche i dati commerciali finali del 2021, che mostrano il mancato raggiungimento da parte di Pechino degli obiettivi biennali promessi per l’acquisto di beni, servizi ed energia statunitensi nell’ambito dell‘accordo di Fase 1 che ha allentato una guerra tariffaria tra le due maggiori economie del mondo.
La Banca Mondiale è accusata di finanziare la repressione nello Xinjiang
La Banca Mondiale è stata accusata di finanziare una campagna di repressione degli uiguri e di altre minoranze musulmane nello Xinjiang in un nuovo rapporto del think tank statunitense Atlantic Council. Il documento mostra prove significative, secondo cui diversi clienti della International Finance Corporation (Ifc), una sussidiaria della Banca Mondiale, avrebbero attivamente contribuito alle campagne di lavoro forzato portata avanti dalla Cina nello Xinjiang. Nel 2019 l’Ifc ha prestato 40 milioni di dollari a Chenguang Biotech Group, un’azienda produttrice ed esportatrice di estratti vegetali e additivi, allo scopo di supportare il suo fabbisogno di capitale circolante per sei anni. I ricercatori hanno scoperto che gli annunci di lavoro per posizioni amministrative nella consociata controllata da Chenguang, la Xinjiang Chenxi Pepper Industry, sarebbero stati rivolti esclusivamente a persone di “etnia Han”. La società avrebbe inoltre costruito impianti nella contea meridionale di Yarkant con l’intento specifico di “reclutare i lavoratori indigenti attraverso programmi di riduzione della povertà” promossi dallo Stato. Come precisa il rapporto, questa modalità di reclutamento della manodopera nascondeva tuttavia incarichi coercitivi, che spesso prevedevano l’assegnazione forzata delle persone bisognose a lavori con basso salario. Ma anche la Banca mondiale ha finanziato altre imprese coinvolte nella violazione dei diritti umani nello Xinjiang. Sempre nello stesso anno, Camel Group Co, uno dei maggiori produttori cinesi di batterie e fornitore di colossi come Volkswagen, Ford, Audi e General Motors, ha ricevuto un prestito da 81 milioni di dollari da Ifc per costruire impianti di riciclaggio e aggiornare gli stabilimenti esistenti nello Xinjiang. Secondo le rilevazioni del think tank statunitense, i lavoratori uiguri reclutati da Camel ricevevano un addestramento militare e ideologico, ed erano costretti a cantare canzoni patriottiche e imparare la lingua cinese in quella che veniva presentata come una formazione obbligatoria al lavoro. I ricercatori hanno invitato la Banca mondiale a lasciare la regione, sostenendo che il finanziamento – per un totale di 486 milioni di dollari in prestiti diretti e investimenti azionari a quattro società operanti nello Xinjiang – ha violato gli standard dell’istituto internazionale.
Xi guarda al diritto per affrontare le sfide internazionali
Sanzioni e interferenze straniere: sono questi i temi cruciali per il presidente cinese Xi Jinping che ha invitato il paese ad adottare urgentemente una legge per normare aree considerate “urgenti”. Dalle colonne del periodico Qiushi, il principale giornale teorico del Partito Comunista, il leader cinese esorta a utilizzare “mezzi legali” per affrontare le sfide internazionali. L’articolo, pubblicato martedì, contiene alcune delle osservazioni fatte da Xi il 6 dicembre in una sessione di studio con il Politburo. Il leitmotiv resta quindi il diritto, che deve essere protagonista dei rapporti bilaterali con l’obiettivo di proteggere gli interessi esteri della Cina. Nell’articolo, Xi ha chiesto maggiori sforzi legislativi anche a livello nazionale in settori che riguardano l‘economia digitale, l’e-finance, l’intelligenza artificiale, i big data e il cloud computing. Per il presidente cinese è quindi cruciale il ruolo degli avvocati, che devono garantire maggiore lealtà politica e, in particolare, maggiore sostegno al Partito Comunista e al sistema legale socialista. L’appello di Xi è arrivato tra le crescenti tensioni tra Cina e Stati Uniti, dal momento che i due paesi ricorrono sempre più spesso a mezzi legali, come le sanzioni, per confrontarsi sul fronte geopolitico ed economico.
A cura di Serena Console
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.