vista dell'area di shougang

Olimpiadi invernali 2022: il Politecnico di Torino e la seconda vita di Shougang

In Economia, Politica e Società, Sociale e Ambiente by Sabrina Moles

Un paesaggio post-industriale ospita oggi uno dei piani di rinnovo urbano emblematici della Nuova Era: niente più demolizioni, ma recupero. E più sport per tutti. L’intervista al professore Michele Bonino, che ha partecipato al progetto congiunto con la Tsinghua University

C’è anche un pezzo di Italia nel complesso delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022. Stiamo parlando di Visitor Center, situato nell’area di Shougang, ambiente che ospiterà le gare di Big Air (freestyle skiing e snowboard) a partire dal prossimo 4 febbraio. “Si tratta di una trasformazione impressionante del paesaggio”, racconta Michele Bonino, architetto e docente presso il Politecnico di Torino. Il suo team ha partecipato a un progetto congiunto con la Tsinghua University per la ricostruzione dell’area di Shougang, ed è l’unico gruppo italiano che ha collaborato ai progetti architettonici per questa edizione delle Olimpiadi.

La Cina non è più lo stesso paese che nel 2008 ha dislocato 1,5 milioni di cittadini per fare spazio alle nuove strutture. Questa volta – ed è anche un’esigenza tecnica – le gare si terranno ai margini dell’area metropolitana di Pechino. Una scelta che invita a riflettere sul futuro di queste zone. Area industriale gestita dal gigante statale dell’acciaio Shougang group, Shougang il 13 gennaio 2011 è andata “in pensione con onore” –dopo 91 anni di attività –  per “garantire la qualità ambientale promessa con i Giochi Olimpici”. Nel 2012 è arrivata la Tsinghua, che ha coinvolto il Politecnico di Torino nei primi progetti di rinnovamento dell’area: 9 milioni di metri quadrati di terreno, “tre volte l’area di Mirafiori”, come spiega Bonino.

Il progetto

“Il masterplan della Tsinghua University si è concentrato intorno al lago, che un tempo era un bacino di raffreddamento”, racconta il professore. “L’idea era di costruire un nuovo quartiere, ma questa volta la richiesta era chiara: bisognava concentrarsi sul riuso, sul recupero degli spazi e ottenere quindi quest’idea di una fabbrica che rinasce per ospitare nuove realtà”. Il cambiamento, sottolinea il professore, è impressionante: il quartiere oggi ha un nuovo aspetto, ma allo stesso tempo rimane quello di sempre: ci sono ancora gli altoforni, il Visitor Centre è ricavato da un’ala della “Oxigen Factory”.

 

Il nuovo paradigma urbano in Cina riflette un ragionamento diverso sullo scopo delle città, che cerca di allontanarsi da quell’immagine di ghost town che ci è così familiare – un agglomerato enorme di palazzi, grattacieli e strade costruiti ex novo, e perlopiù disabitati. Questi progetti vogliono lanciare un messaggio che va oltre l’annoso tema della speculazione edilizia. Qual è, infatti, il futuro dell’area di Shougang una volta finite le Olimpiadi? “Niente è ancora certo, ma l’ambizione è quella di farne un quartiere di servizi e dedicato alla ricerca per lo sport”, risponde Bonino. “Non solo riutilizzare questi ambienti per concerti o skate park all’aria aperta, ma attrarre i giovani ricercatori intorno alle discipline sportive”.

“L’area sta cercando di diventare un manifesto di questa nuova Cina dove il governo ambisce a far riscoprire lo sport, la salute e l’ambiente ai cittadini”, continua. “Si cerca di lanciare un messaggio intorno a uno stile di vita più salutare e in contatto con la natura”

La pandemia

Il progetto congiunto tra Tsinghua e Politecnico di Torino è andato avanti nonostante le difficoltà imposte dalla pandemia. Ciononostante, non è ancora facile pensare a un futuro dove i gruppi di lavoro torneranno a vedersi in presenza. Dei partecipanti al progetto Shougang, solo una dottoranda si trova nella Repubblica Popolare – complice la necessità di proseguire la sua ricerca sul campo. Prima che anche gli altri studenti italiani possano tornare in Cina ci vorrà tempo, e l’incognita rimane aperta: “I corsi online sono ottimi e questo permette comunque agli studenti di ottenere il doppio titolo, ma ovviamente manca l’esperienza diretta della Cina”, spiega il docente. “La stragrande maggioranza degli studenti cinesi invece è riuscita ad arrivare in Italia. Ma al rientro sanno che dovranno sottostare almeno a tre settimane di quarantena”.

Per approfondire: qui trovate la diretta Instagram dove abbiamo approfondito il tema dell’architettura in Cina oggi davanti alle sfide della sostenibilità ambientale e sociale.