Società . Ammassati in pochi metri quadri, caro affitti e suicidi. Il Pcc prova a rimediare con nuove strutture a prezzi più contenuti
Letti a castello, scritte graziose alle pareti e confortevoli spazi comuni. Non si tratta di un ostello internazionale ma di una “comunità giovanile”, una di quelle strutture abitative pubbliche pensata per i lavoratori single. Situata a quindici minuti da Piazza del Popolo, a Shanghai, l’alloggio ha 87 camere e un totale di 144 letti, occupati per la maggior parte da lavoratori delle strutture ricettive, rider e autisti della gig economy.
A parlarne in maniera entusiasta è il Qingnian bao, quotidiano ufficiale della Lega della Gioventù Comunista, l’organizzazione giovanile del Partito. Lo scorso dicembre ha pubblicato sul social Weibo un video che mostra gli interni della residenza, lodandola per fornire ai giovani “posti letto a basso costo” a circa mille yuan al mese.
È da un posto sicuro ed economico come questo, recita il post, che “inizia il calore della città”. Peccato che i primi commenti non ne riflettano l’entusiasmo. Dal video, commenta un articolo di qualche ora dopo, si vede con chiarezza che in alcune stanze sono stipati anche otto letti, e che manca una cucina. Altri puntualizzano che mille yuan non possa essere considerato affatto un prezzo economico. “Stiamo parlando del Tomson Riviera, per caso?”, ha scritto un utente, riferendosi al compound di lusso a Pudong, l’area con lo skyline da cartolina della città.
Proprio a Pudong, una notizia dello scorso giugno aveva rivelato la presenza di un appartamento di 90 metri quadrati dove vivevano 39 persone, ognuna delle quali pagava 700 yuan a posto letto. La questione degli affitti irregolari è un problema radicato in città di “prima fascia” come Shanghai, dove tra ottobre del 2020 e marzo del 2021 si è registrata una crescita del 5,5% dei prezzi degli affitti – inferiore solo a quella del 9,2% di Guangzhou. Nel 2016, studiando la situazione abitativa dei gruppi a basso reddito in città, l’economista Julie Harten era riuscita a scovare, tra chat di gruppo su WeChat e forum online, più di 33 mila annunci di alloggi di massimo tre stanze, dove vivevano ammassati dai venti ai trenta inquilini.
Per far fronte alle difficoltà del mercato affittuario nelle grandi metropoli cinesi, negli ultimi anni sono nate piattaforme online che promettono soluzioni abitative accessibili attraverso il co-living – affittando, quindi, stanze di un appartamento come unità singole. Danke Apartment, fondata nel 2015, spingeva studenti e giovani lavoratori, mediante sconti vantaggiosi, a pagare un intero anno di affitto in anticipo.
Ma le gravi difficoltà economiche generate dalla situazione pandemica e dai problemi giudiziari di Gao Jing, fondatore e amministratore delegato della società, avevano comportato uno sfratto in massa degli inquilini in molte città cinesi. A dicembre del 2020, nel giorno in cui gli era stato notificato lo sfratto malgrado avesse versato un intero anno di affitto, un ragazzo ventenne aveva dato fuoco alla sua stanza di 10 metri quadri al diciottesimo piano e si era buttato dalla finestra.
Scandali di questo genere hanno spinto il governo a lanciare una serie di misure per reprimere le attività speculative nel settore immobiliare e, in generale, favorire una migliore “salute finanziaria”. Lo scorso giugno Xi Jinping ha fatto chiaro riferimento alla necessità di “migliorare la politica degli affitti a lungo termine”, un obiettivo che si iscrive nella più ampia strategia di controllare la crescita dei prezzi delle case, soprattutto nelle città chiave.
Riesumando il mantra “le case sono fatte per viverci, non per speculare” – celebre frase pronunciata nel 2017 da Xi Jinping – nel quattordicesimo piano quinquennale sono stati inseriti progetti per nuove residenze sovvenzionate dallo stato. La necessità di investire in alloggi pubblici è stata anche rimarcata nel dibattito, tornato di recente di grande attualità, sulla tassa di proprietà. Si tratterebbe, ha spiegato il Wall Street Journal, di riesumare la riforma degli alloggi avviata alla fine degli anni Novanta, che prevedeva “un doppio binario” di alloggi sovvenzionati dal governo e alloggi commerciali – poi sbilanciatasi a favore della commercializzazione.
Intanto, di recente, la filiale di Shanghai della Banca Popolare Cinese ha chiesto agli enti finanziari di sostenere la costruzione di strutture abitative a prezzi contenuti, e il governo municipale ha reso pubblico un progetto di creazione di oltre 200 mila posti letto. Gli alloggi pubblici a prezzi accessibili per giovani e migranti, oltre che a “contribuire a concretizzare la prosperità comune”, sono anche funzionali alle nuove politiche familiari di Pechino. Ma, commenta un utente sul web, “con quattro o cinque persone che vivono nella stessa stanza, non c’è privacy […] quindi il tasso di fertilità non potrà che diminuire”.
Di Vittoria Mazzieri
[Pubblicato su Il Manifesto]Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.