Cina 4.0. Nuove norme per quanto riguarda il mondo digitale cinese: alla legge sulla cybersecurity del 2017 sono seguite quella per la privacy e quella sulla sicurezza dei dati e perfino proposte di tassazione dei dati.-
Dal primo marzo entreranno in vigore le nuove norme per regolamentare gli algoritmi, affinché la navigazione degli utenti non sia influenzata per questioni di marketing o di intrusione della privacy. Si tratta dell’ennesimo regolamento per quanto riguarda il mondo digitale cinese: alla legge sulla cybersecurity del 2017 sono seguite quella per la privacy e quella sulla sicurezza dei dati e perfino proposte di tassazione dei dati.
La bussola è la sovranità digitale e la volontà da parte del governo cinese di difendere gli interessi nazionali, imporre delle regole alle piattaforme per non ammazzare il mercato e favorire ancora l’innovazione, e infine difendere i diritti degli utenti.
Tra le altre cose che la si prefigge di regolamentare con le norme sugli algoritmi, c’è anche un’attenzione alle fake news e all’accesso ai servizi di bambini e anziani. In attesa di andare più nel dettaglio, eventualità da verificare quando le norme saranno applicate, vediamo alcuni degli elementi più rilevanti.
L’articolo 1 del regolamento (link in cinese) è l’introduzione delle norme, create “Al fine di standardizzare le attività di raccomandazione degli algoritmi dei servizi di informazione su Internet, promuovere i valori fondamentali socialisti, salvaguardare la sicurezza nazionale e gli interessi pubblici, proteggere i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini, delle persone giuridiche e di altre organizzazioni e promuovere lo sviluppo sano e ordinato di Internet”.
Come si può notare, intanto, siamo nel pieno della spinta ispiratrice della Cina per questa sequela di norme sul mondo digitale: la sicurezza nazionale è posta come principio cardine e giustificatorio di qualsiasi modifica all’assetto vigente. E come sappiamo il concetto di sicurezza nazionale è una fisarmonica che si può ridurre e ampliare a piacimento. E il direttore d’orchestra è sempre il Pcc.
Ma porre ad esempio la gestione dei dati (con la legge sulla sicurezza dei Big Data) e anche gli algoritmi all’interno di questa categoria, costituisce un elemento saliente di tutta la produzione normativa più recente cinese. Come ha fatto notare Qz, inoltre, la volontà di regolare gli algoritmi è un desiderio un po’ di tutti, solo che per la Cina portare a compimento alcune cose è più facile che per altri, data la natura del proprio sistema politico.
Venendo al dunque: la principale richiesta alle aziende è quella di offrire agli utenti la possibilità di disattivare le raccomandazioni algoritmiche e di consentire agli utenti di eliminare o conservare determinati comandi che le piattaforme utilizzano per formulare raccomandazioni. Teniamo presente che per alcune app queste regole mettono in discussione il proprio modello di business (pensiamo a Tik Tok, ad esempio).
Viene richiesto anche uno sforzo esplicativo: le aziende devono anche rivelare i principi di base, le intenzioni e i principali meccanismi operativi alla base del servizio di raccomandazione dell’algoritmo. Insomma si gioca a carte scoperte, almeno secondo le aspirazioni della norma. Le regole richiedono inoltre alle società di “migliorare la gestione della registrazione degli utenti e la protezione della privacy in conformità con la legge sulla privacy personale di recente emanazione”.
Una delle aggiunte più sorprendenti – secondo le parole di Trivium China riportate da Asia Nikkei– “rispetto al progetto di regolamento iniziale, è una clausola che vieta ai fornitori di informazioni di utilizzare algoritmi per generare e diffondere fake news”. Ci sono poi, altra novità rispetto al draft iniziale, due cose su bambini e anziani. Dal regolamento si legge che “I fornitori di servizi di raccomandazione di algoritmi non devono trasmettere ai minori informazioni che possono indurrli a imitare comportamenti non sicuri, violare l’etica sociale, indurre cattive abitudini e (trasmettere) altre informazioni che possono influire sulla salute fisica e mentale dei minori e non devono utilizzare servizi algoritmici per indurre i minori alla dipendenza da internet”.
Per quanto riguarda gli anziani il regolamento specifica che: “le aziende devono proteggere i diritti e gli interessi di cui godono gli anziani in conformità con la legge, considerare pienamente le esigenze degli anziani per i viaggi, le cure mediche, il consumo e gli affari di gestione, e fornire servizi intelligenti per gli anziani in conformità con le normative nazionali pertinenti”.
In attesa di capire le applicazioni è bene ricordare le intenzioni di Pechino al riguardo riassunte in modo preciso, a suo tempo, da The Diplomat: la Cina cerca di affrontare molteplici preoccupazioni , come la diffusione della disinformazione, la mancanza di autonomia dell’utente, i danni economici percepiti per le variazioni dei prezzi dei servizi e prodotti on line, la dipendenza online”.
Di Simone Pieranni
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.