La Women’s Tennis Association congela gli accordi congelati dopo l’accusa di violenza sessuale della campionessa. Ma il Cio fa scudo a Pechino (e a Olimpiadi miliardarie) e indebolisce la mossa della Wta
Fine dei giochi. La Women’s Tennis Association ha annunciato la sospensione immediata di tutti i tornei in Cina e Hong Kong per la condizione poco chiara della tennista cinese Peng Shuai. Era nell’aria da settimane, ma solo a distanza di un mese dal post sui social con cui Peng ha accusato di violenze sessuali l’ex vicepremier Zhang Gaoli, Steve Simon, numero uno della Wta, ha congelato gli accordi che lo legavano alla Cina.
Per Simon, che nutre seri dubbi sullo stato di sicurezza della tennista, è prioritario che le atlete disputino le competizioni in un ambiente sicuro. Simon è uno tra i critici più espliciti verso le autorità cinesi, a cui ha chiesto un’indagine chiara e trasparente sulle accuse mosse dalla campionessa. Ma Pechino ha sempre risposto con video, immagini e videochiamate con Thomas Bach, il presidente del Comitato olimpico internazionale, che sembrano architettate per silenziare critiche e preoccupazioni.
È sfida aperta con Pechino. L’amministratore della Wta non teme di perdere gli accordi milionari: nel 2019, prima della pandemia, la Cina ha ospitato nove tornei della Wta, aggiudicandosi anche le Finals, l’evento più importante del circuito, che vanta un montepremi di 30,5 milioni di dollari.
Il gesto della Wta ha perso forza quando il Cio, subito dopo, ha comunicato di avere avuto una seconda videochiamata con Peng (la prima lo scorso 21 novembre). Anche se non sono stati forniti dettagli sulla conversazione, l’unico elemento emerso è un incontro con la tennista a gennaio.
L’ente olimpico ha anche respinto le critiche di un atteggiamento compiacente con la Cina, sostenendo di adottare una «diplomazia silenziosa». Ma il Cio, evidentemente, osserva un rumoroso silenzio sul ruolo determinante che l’ex vicepremier Zhang ha avuto nell’organizzazione dei Giochi invernali di Pechino. Sul piatto pesano gli ingenti investimenti del Cio per le Olimpiadi invernali, che ammontano a 2,5 miliardi di dollari. Somma a cui l’ente non vuole rinunciare.
Il Global Times, quotidiano vicino alle posizioni del Pcc, in un editoriale diffuso solo su Twitter – social oscurato in Cina – ha minimizzato la decisione della Wta, sottolineando che negli ultimi due anni non sono stati comunque disputati tornei per la pandemia.
L’unico evento sportivo confermato restano le Olimpiadi invernali di Pechino. Ma l’evento rischia di diventare un caso politico per le intenzioni di diversi governi, Usa in testa, di osservare un boicottaggio diplomatico in risposta alla violazione dei diritti umani perpetrata dal governo cinese. Lo sport deve essere quindi considerato con una prospettiva sportiva. È questo l’appello lanciato da Pechino che si oppone «alla politicizzazione dello sport» e contesta la decisione della Wta.
La Cina ora si trova a dover arginare la pericolosa ondata #Metoo. Mentre la macchina censoria continua a lavorare sul caso che vede coinvolto l’ex vicepremier, lascia circolare liberamente le notizie che riguardano le aziende del tech. È dello scorso agosto il caso scoppiato nella sede Alibaba di Hangzhou: una dipendente 27enne ha denunciato su Weibo di essere stata violentata dal suo capo durante un viaggio di lavoro.
La donna ora riceve una doppia umiliazione: è stata citata in giudizio da Li Yonghe, ex presidente del Citywide Retail Business Group di Alibaba che si è dimesso dopo la vicenda, per danni alla reputazione e diffusione di false informazioni. Li, accusato di non aver preso provvedimenti interni dopo la denuncia, chiede le scuse pubbliche della donna da pubblicare sul sito dell’azienda e un risarcimento simbolico di uno yuan, circa 20 centesimi.
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.