La vicinanza con il centro Asia non è solo geografica ma anche culinaria: pane naan, riso pilaf cotto con grasso di agnello, ma anche samosa al forno (烤包子kaobaozi), gelati con echi di Turchia. Inoltre, c’è spesso un uiguro dietro le bancarelle street food che preparano spiedini di agnello alla brace, gli 羊肉串 yangrouchuan – abruzzesi d’Oriente. La rubrica sulla cucina cinese a cura di Livio Di Salvatore
Uscendo dalla porta nord della Sichuan Normal University, c’era una viuzza straripante di ristorantini dai prezzi modici. All’ingresso, signore urlanti invitavano rumorosamente studenti, docenti e lavoratori della zona a entrare. Camminando venti metri più giù, e girando a destra in un vialetto laterale, si poteva scorgere, un po’ in disparte, un altro ristorantino ancora più piccolo e sgangherato, con una grande insegna verde: era un ristorante Halal, gestito da una famiglia di etnia Hui, in cui i musulmani della zona si recavano quando desideravano una pausa pranzo più gustosa del solito. Anche noi, col nostro gruppetto eterogeneo di studenti che vedeva insieme a italiani, israeliani ed americani anche pakistani ed egiziani, andavamo lì per poter mangiare assieme agli amici di religione islamica senza il pensiero della carne di maiale nascosta in agguato in ogni piatto. Lì ci furono alcuni dei pranzi più deliziosi fatti in Cina. Ma per uno studente alle prime armi era già quasi una novità imbattersi in cinesi di religione islamica: chi sono e – soprattutto – cosa mangiano i musulmani cinesi?
Le principali etnie di questa religione in Cina sono due: gli Uyghur e gli Hui. Gli Uyghur, popolazione di confine, sono un’etnia turcofona proveniente dal Xinjiang, regione nordoccidentale crocevia di popoli, situata al confine tra Cina, Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan, India e Pakistan. La vicinanza con il centro Asia non è solo geografica ma anche culinaria: pane naan, riso pilaf cotto con grasso di agnello, ma anche samosa al forno (烤包子kaobaozi), gelati con echi di Turchia. Inoltre, c’è spesso un uiguro dietro le bancarelle street food che preparano spiedini di agnello alla brace, gli 羊肉串 yangrouchuan – abruzzesi d’Oriente?
Oltre a questi spiedini irrorati da generose dosi di cumino, uno dei piatti più celebri della cucina uigura è il 大盘鸡dapanji, (chong texse toxu qorumisi in lingua Uyghur) “gran piatto di pollo”, è un ricco spezzatino di pollo con cipolla, peperoni, patate e peperoncino; spesso viene usato per condire gli spaghetti.
Gli Hui, invece, devono la loro religione a quei primi mercanti arabi che, durante l’epoca Tang (VII secolo d.C.) entrarono in Cina lungo la via della Seta. E infatti la maggior concentrazione di questa etnia si trova nelle regioni nordoccidentali che rappresentavano la porta di quella via commerciale (Ningxia, Gansu, Qinghai, ma un po’ in tutto il nord). Gran parte dei ristoranti Halal cinesi sono gestiti dagli Hui, e si riconosco dalle insegne ricche di toni di verde e blu – infatti il primo carattere di 清真qingzhen significa proprio verde/blu. La macelleria Halal ha come protagonisti manzo e agnello e prevede una serie precisa e codificata di rituali e precetti igienici. In molte città tibetane c’è questa simbiosi per cui i tibetani, buddhisti e quindi poco propensi all’uccisione degli animali, si affidano agli Hui per la macellazione della carne, che viene poi rivenduta al mercato.
Tra i loro piatti più celebri impossibile non citare lo spaghetto più amato della Cina: i 兰州拉面Lanzhou Lamian, diffusi ormai in tutto il paese e gradualmente in tutto il mondo, sono spaghetti tirati a mano con una particolare tecnica e serviti in un ricco e profumato brodo di manzo. È molto tipico anche lo 手抓羊肉shouzhua yangrou, così chiamato perché l’agnello, cotto molto a lungo in brodo, si stacca facilmente dall’osso con le mani, per poi essere inzuppato in vari intingoli di salse e spezie.
Come mai si mangia così bene nei ristoranti Halal in Cina? La risposta al momento è sconosciuta. Ciò che è certo è che, quando dietro il fumo degli spiedini vedo stagliarsi un’insegna verde acceso, la pancia brontola e la bocca sorride.
Di Livio Di Salvatore
*Livio Di Salvatore, abruzzese, classe ’93, laureato in Lingue, economie e istituzioni dell’Asia e dell’Africa Mediterranea presso l’Università Ca’Foscari di Venezia, ha poi frequentato un master in Food&Wine Management alla 24 Ore Business School. Attualmente si occupa di export verso la Cina nel settore vinicolo, e nel tempo libero alterna musica e birrini