Opinione pubblica molto critica nei confronti della cultura del superlavoro e una nuova generazione di imprenditori «buddisti» attenti alle esigenze dei dipendenti. Il clima che si respira in Cina sembra chiamare a un profondo cambiamento delle dinamiche lavorative, in particolar modo nel settore del tech, già da mesi sotto il tiro di indagini e multe legate a presunte pratiche monopolistiche e a violazioni della privacy degli utenti.
MA IL FAMIGERATO ORARIO 996, che prevede un solo giorno libero a settimana e dodici ore di lavoro giornaliere, è ancora presente nella quotidianità di sviluppatori e programmatori. Lo denuncia una nuova campagna lanciata il 12 ottobre e divenuta virale in poche ore, dal nome altisonante Worker Lives Matter – poi mutato in Worker time per ragioni di «sensibilità politica».
Il lancio su Github ricorda molto il movimento che si è fatto strada nel 2019 con il dominio 996.ICU (Intensive Care Unit) – il cui slogan tra l’altro recitava «Developers’ lives matter». Gli aderenti, che denunciavano la loro condizione di lavoro con commenti del tipo «Persegui l’orario 996 e finirai dritto in terapia intensiva», avevano stilato una lista nera di aziende i cui orari proibitivi potevano condurre al burnout entro i trent’anni.
MA «IL MOVIMENTO 996.ICU non ha fatto granché per migliorare il fenomeno», ha spiegato uno dei fondatori della nuova campagna su Zhihu, una piattaforma simile a Quora. «Questo progetto ne eredita lo spirito ma ne elimina i difetti». Ciò che ha condannato il movimento del 2019 al fallimento, secondo il suo punto di vista, è il non aver risposto al primo insegnamento di Mao Zedong: «Quali sono i nostri amici, quali i nostri nemici?». I primi sono i lavoratori, tutti. Working Time intende raccogliere le loro istanze per contrastare chiunque tenti di sfruttarli.
NATI TRA IL 1996 E IL 2001, i quattro fondatori hanno fatto esperienza di «straordinari molto diffusi e non regolamentati» durante tirocini curriculari in importanti società tech cinesi. Consapevoli della poca chiarezza delle dinamiche da lavoro flessibile, hanno invitato migliaia di «colletti bianchi» a riportare in forma anonima una serie di informazioni sulle aziende cinesi, per tentare di fornire «un riferimento più accurato possibile per le future scelte lavorative».
In un documento caricato su Github e aggiornato in tempo reale, visualizzato più di 100.000 volte in una manciata di ore, gli utenti hanno riportato dettagli come durata del turno di lavoro e tempo concesso per i pasti, menzionando oltre 1.300 aziende – la maggior parte delle quali del settore tech, ma anche petrolifere, immobiliari e finanziarie. I dati riportano che nelle grandi società più citate – al primo posto Tencent, seguita da Alibaba, ByteDance e Meituan, ma anche Jingdong e Huawei – si superano le dieci ore al giorno di lavoro, e spesso si smonta dopo le dieci di sera.
MA SONO GLI STESSI COLOSSI del tech a venire menzionati nell’elenco per una serie di concessioni ai dipendenti: il 75% delle voci parlano di due giorni di riposo a settimana – già a giugno, infatti, alcune grandi società come Douyin avevano detto addio alla settimana lavorativa di sei giorni.
E nella colonna dei cosiddetti «giorni speciali» si legge che Tencent ha istituito una giornata della salute, in cui i dipendenti sono invitati a smontare non più tardi delle sei di sera. Nella sezione dedicata alla valutazione soggettiva dell’ambiente di lavoro, alcuni raccontano di un buon legame con il resto del team, un capo particolarmente gentile e ottimi pasti forniti dall’azienda. Ma emergono anche numerose lamentele per straordinari non pagati, multe in caso di ritardo, «rigidi requisiti di presenza» o richieste di flessibilità.
L’ORARIO «FLESSIBILE» si palesa nel 10% delle voci e, come sottolinea un’analisi pubblicata sulla piattaforma cinese che fornisce servizi di consulenza 36 Kr, ciò il più delle volte comporta la reperibilità durante i giorni di riposo e una gran mole di straordinari in caso di esigenze particolari.
L’enorme quantità di informazioni – pur non del tutto accurate, come ammettono gli stessi organizzatori – che riguardano le aziende dell’economia delle piattaforme hanno spinto alcuni a chiedere sul web che la tabella sia circoscritta alle sole società tech.
«I CAPITALISTI SFRUTTANO in modalità diverse a seconda del settore?», hanno ribattuto su Zhihu gli organizzatori della campagna. «Non dovremmo voler tutti boicottare il 996?». L’obiettivo del movimento è chiaro: promuovere il 995, otto ore al giorno per cinque giorni a settimana, in conformità con la legge e, dopo decenni di rapida crescita a discapito della dignità umana, spingere per uno sviluppo che tenga conto dei parametri qualitativi.
Di Vittoria Mazzieri
[Pubblicato su il manifesto]Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.