Meno esami e più attività fisica. Sono alcuni dei provvedimenti annunciati questa settimana dal ministero dell’Istruzione cinese alla vigilia della riapertura delle scuole dopo la pausa estiva. A partire dal nuovo semestre saranno aboliti i test scritti per gli alunni di 6-7 anni, mentre per tutti gli altri studenti della scuola primaria le prove verranno ripartite su base semestrale. Con la raccomandazione che la difficoltà degli esami – anche per i ragazzini delle medie – venga “valutata ragionevolmente”. Misure a cui si aggiungono orari più comodi per l’inizio delle lezioni (non prima delle 8.20 per la scuola primaria e le 8.00 per la scuola secondaria), un’ora al giorno di sport, oltre a una drastica riduzione dei compiti a casa: non sono più previste esercitazioni per i bambini della prima elementare, mentre gli studenti delle medie non dovranno dedicare allo studio più di un’ora e mezza alla sera. Buone notizie anche per i genitori, sollevati dall’incarico di correggere i compiti dei figli.
Lo scopo conclamato delle nuove regole è quello di allentare la pressione sulla “salute fisica e mentale” degli alunni e rinnovare uno dei sistemi scolastici più duri e competitivi al mondo. Anche più costosi, se si aggiungono i dispendiosi corsi doposcuola, a cui spesso ricorrono i genitori per facilitare la carriera scolastica dei propri figli. Ma le finalità della riforma trascendono il benessere dei più giovani.
Le nuove misure giungono nel pieno di una stretta normativa volta a potenziare il ruolo dello Stato nella fornitura di servizi educativi, limitando drasticamente la partecipazione del settore privato. Mossa tesa a livellare l’accesso all’istruzione per tutte le fasce della popolazione, anche quelle meno abbienti. Le considerazioni economiche sono intuibili: da una parte, si vuole agevolare le famiglie nella speranza che, ridotta la spesa, le coppie contribuiscano a sostenere la crescita demografica facendo più figli. Dall’altra la Cina, non più fabbrica mondo, ha bisogno di forza lavoro con maggiori qualifiche per scalare la catena del valore. Obiettivo che traspare contestualmente dalla promozione dell’istruzione professionale nel tentativo di rilanciare il manifatturiero dinnanzi al calo della popolazione in età lavorativa e alla fuga delle nuove generazioni dalle linee di produzione verso impieghi meno faticosi e più redditizi. Ma sostenere la crescita nazionale non è l’unico cruccio di Pechino.
Dopo le restrizioni sugli investimenti stranieri nel settore del tutoring online, la recente inclusione del “pensiero di Xi Jinping” nei programmi scolastici e universitari suggerisce ancora una volta la volontà di stemperare i valori occidentali rispolverando la dottrina marxista, che il contributo ideologico del presidente cinese si propone di riadattare alle esigenze della “nuova era.” Commentando il recente giro di vite, un articolo comparso online e ripreso dai principali media statali spiega che la regolamentazione del comparto privato è una “rivoluzione profonda”: “un ritorno del capitale alle masse”.
Questo ruolo paternalistico del Partito/Stato si riflette in una maggiore ingerenza delle autorità non solo tra i banchi di scuola, ma anche nella vita privata dei cittadini. Dopo le ripetute lamentele dei genitori, lunedì l’Amministrazione nazionale della stampa e delle pubblicazioni, l’ente di vigilanza dell’editoria, ha pubblicato più stringenti linee guida per le società web che limitano la fornitura dei servizi di gaming ai minori di 18 anni per non oltre un’ora al giorno e solo nel fine settimana o nei festivi dalle 20 alle 21. Ad agosto l’Economic Information Daily aveva definito il settore “oppio dello spirito”.
A due mesi dal centenario del Pcc e in vista del rimpasto politico del prossimo anno, la leadership cinese cerca di consolidare la propria legittimità rispondendo alle richieste del popolo. O così almeno pensa di fare. Per ora, infatti, le conseguenze delle nuove direttive non sono quelle sperate. Migliaia di persone hanno già perso il lavoro a causa della campagna contro il tutoring online.
Di Alessandra Colarizi
[Pubblicato in forma ridotta su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.