Il mondo intero è da più di un anno alle prese con la pandemia da COVID-19, ma non tutte le regioni e i Paesi sono stati colpiti allo stesso modo. Diversi paesi del Sud-Est asiatico hanno cercato di limitare la diffusione del nuovo coronavirus, ma ciò è avvenuto a caro prezzo, tenendo conto soprattutto della dipendenza della regione dal turismo[1]. In aggiunta, il processo di vaccinazione nella regione sta procedendo a rilento e le potenze regionali come la Cina e l’India smaniano per sfruttare questa situazione a proprio vantaggio ricorrendo a ciò che è stata denominata come la “diplomazia dei vaccini”. La domanda complessiva a cui questo articolo cercherà di rispondere è come e in che misura competitor esterni utilizzano il soft power nel Sud-Est asiatico – sotto forma sia di gratitudine per l’aiuto ricevuto sia di potenziale incremento della buona reputazione – e che cosa significa tutto ciò per il futuro della regione.
L’impatto del COVID-19 nel Sud-Est asiatico
La Thailandia è stato il primo Paese ad aver registrato il primo caso di COVID-19 oltre i confini della Cina, l’8 gennaio 2020, ma grazie a una concomitanza di fattori – come l’esperienza in ambito medico, cittadini rispettosi delle linee-guida indicate dal governo e, molto probabilmente, un tocco di fortuna – è riuscita a contenere la diffusione del contagio[2]. Singapore ha conosciuto grandi difficoltà nel periodo iniziale a seguito dello scoppio dell’epidemia nei dormitori dei lavoratori stranieri, anche se la città-Stato alla fine è stata in grado di isolarli e il numero di decessi è stato limitato. Il Viet Nam, verosimilmente la più grande storia di successo della regione, ha immediatamente controllato l’epidemia ed è stata anche riconosciuta come “la migliore economia dell’Asia” nel 2020[3]. L’Indonesia, le Filippine e la Malaysia hanno invece registrato centinaia di migliaia di casi e varie iniziative governative e i lockdown hanno solo evitato che si verificassero scenari ben peggiori. Il Laos, la Cambogia e il Brunei hanno visto una limitata diffusione del virus, essenzialmente per via dei flussi di persone e turisti più bassi rispetto ai Paesi confinanti più popolosi. Il Myanmar ha affrontato la pandemia solo recentemente, ma i casi stavano aumentando anche prima del golpe militare del 1° febbraio, un evento che ha molto probabilmente aggravato una situazione già di per sé difficile.
Sebbene le previsioni regionali non possano essere considerate un successo uniforme, alcuni osservatori hanno notato alla metà del 2020[4] che le condizioni di gran parte dei Paesi sono state nettamente migliori rispetto a quelle riscontrate in Europa e negli Stati Uniti prima dell’avvio del programma di vaccinazione di massa, e i lockdown sono stati localizzati. L’Indonesia e le Filippine sono delle eccezioni rilevanti, occupando rispettivamente il diciottesimo e il ventiquattresimo posto per numeri di casi registrati, e il diciottesimo e il ventottesimo posto per numero di morti[5]. Considerato tutto questo, la tempestività di reazione della regione, rispetto a quella dimostrata dalle proprie controparti occidentali, dipende principalmente dalle precedenti esperienze con le epidemie di SARS, H1N1 e MERS di due decenni fa[6].
Dalla diplomazia delle mascherine alla diplomazia dei vaccini
Il primo periodo della pandemia ha visto una carenza di dispositivi medici come le mascherine. Diversi Paesi sono stati colti impreparati e hanno dovuto fare affidamento sui produttori stranieri. Allo stesso tempo, pochi sono stati capaci non solo di soddisfare la domanda interna, ma anche di esportare le eccedenze di prodotto all’estero. La Cina, per esempio, è riuscita fin da subito ad allocare il suo surplus produttivo nei Paesi che ne avevano bisogno, sia quelli sviluppati sia quelli in Via di Sviluppo (PVS). Questo fenomeno, comunemente riconosciuto con il nome di “diplomazia delle mascherine”, ha anticipato il grande problema dell’approvvigionamento dei vaccini e si è configurato come lo sforzo di costruire una narrativa positiva per conquistare il cuore e le menti[7]. Tuttavia, oltre ai timori relativi alla qualità dei dispositivi medici, gli osservatori occidentali hanno subito identificato nella condotta della Cina il tentativo di coprire le responsabilità del Paese relative alla diffusione del virus oltre i propri confini[8].
A causa delle diverse norme sociali, dell’inquinamento urbano e delle sopracitate esperienze con le epidemie passate, le forniture di mascherine nel Sud-Est asiatico sono state probabilmente più alte che in qualsiasi altro posto. Dunque, da questa prima fase di sforzi diplomatici della Cina avrebbero potuto trarre vantaggio altre aree del mondo come l’Europa e l’Africa[9]. Invece, con i vaccini la storia è totalmente diversa. Dato che pochi Paesi del Sud-Est asiatico sono in grado di sviluppare e produrre i vaccini, soprattutto in maniera adeguata e in un periodo di tempo breve, l’aiuto esterno è bene accolto e ambìto.
Detto questo, è opportuno notare che la diplomazia dei vaccini non è del tutto una nuova espressione poiché è stata già impiegata con riferimento all’assistenza umanitaria multilaterale e coordinata[10]. Invece, in questa circostanza, sta prendendo la forma di una vetrina competitiva attraverso cui sfoggiare le proprie capacità di risposta alle emergenze e fornire un sostegno tempestivo a chi lo richiede.
Chi sta aiutando chi nel Sud-Est asiatico?
La copertura mediatica sulla diplomazia dei vaccini si è concentrata prevalentemente sugli sforzi della Cina, in particolare quelli nel Sud-Est asiatico. Questo perché, in parte, le promesse e gli accordi di Pechino sono arrivati per primi. Malgrado l’intensificarsi degli attriti nel Mar Cinese Meridionale, nel luglio 2020 il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha promesso al governo delle Filippine la priorità di accesso al vaccino. A ciò ha fatto seguito un accordo tra la Sinovac Biotech, un’azienda di Stato cinese, e l’Indonesia per la fornitura di 250 milioni di dosi di vaccino all’anno. Subito dopo, anche al Myanmar è stato garantito l’accesso alle dosi del vaccino cinese[11]. Tutti i Paesi del Sud-Est asiatico, eccetto il Viet Nam, hanno raggiunto accordi per l’acquisto dei vaccini, soprattutto in considerazione del fatto che le vaccinazioni contro il COVID-19 potrebbero essere somministrate con cadenza annuale, richiedendo pertanto delle partnership di lungo termine[12]. Vista la gravità della situazione, un report riporta che molti Paesi si mostrano “più inclini a prendere in considerazione” una dipendenza di lungo periodo dalla Cina, purché questa possa riportare la situazione alla normalità[13].
La strategia cinese reca con sé tanti vantaggi quanti tranelli. Da una parte, il Paese è stato il primo ad aver già spedito le dosi. I vaccini cinesi possono essere conservati ad alte temperature e non richiedono un processo di refrigerazione uguale a quello applicato ai vaccini di produzione occidentale: in questo modo, risultano più idonei per i PVS. Dall’altra parte, invece, la Cina ha temporeggiato prima di condividere i risultati dei test e questa mancanza di trasparenza non ha fatto che aumentare lo scetticismo[14]. Il Primo Ministro della Thailandia, Prayut Chan-o-cha, ha chiarito che il suo Paese non accetterà che i suoi cittadini siano utilizzati come delle “cavie da laboratorio” per testare i vaccini[15].
Nel complesso, la Cina non è il produttore di vaccini più affidabile[16], ma, finché mancheranno le alternative, gran parte dei Paesi continuerà ancora ad accettare l’offerta della Cina.
Oltre alla Cina, anche l’India sta seriamente portando avanti la diplomazia dei vaccini. Comunque, se si osservano attentamente gli sforzi del Paese, risulta evidente come “la grande abilità messa in mostra dall’India nel campo dei vaccini venga dalla collaborazione e non dall’autosufficienza,[18]” giacché il cuore della sua produzione e delle sue donazioni dipendono dalla cooperazione con le potenze occidentali. Detto ciò, l’India ha donato ai Paesi del Sud-Est asiatico 1,5 milioni di dosi al Myanmar e centomila alla Cambogia. Se compariamo questi sforzi con quelli della Cina, osserviamo che l’azione dell’India è confinata in gran parte nella regione, mentre Pechino ha mostrato una prospettiva più globale, abbinata a una strategia indipendente che ruota attorno ai vaccini prodotti localmente[19]. Fino a poco tempo fa, le interconnessioni bilaterali sembravano essere favorevoli, ma in realtà la Cina ha aderito al COVAX, un’iniziativa globale che intende garantire l’equo accesso ai vaccini, mentre l’India ha riunito le forze con le altre potenze del Quadrilateral Security Dialogue (QUAD) – gli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia – annunciando la volontà di distribuire un miliardo di dosi del vaccino contro il nuovo coronavirus a vari Paesi del continente asiatico entro la fine del 2022[20].
Per via della crescente rilevanza del fenomeno, il Think Global Health sta tenendo traccia della “politica delle donazioni e della diplomazia del vaccino” a livello mondiale. A partire dalla fine di marzo di quest’anno, il Myanmar, il Laos e la Cambogia hanno ricevuto delle donazioni di vaccino sia dall’India sia dalla Cina, le Filippine solo dalla Cina, mentre la Russia ha fornito al Viet Nam una donazione simbolica di mille dosi. Il report stilato dal progetto nato su iniziativa del Council on Foreign Relations ha anche sottolineato come tutti i Paesi del Sud-Est asiatico che hanno ricevuto gli aiuti cinesi hanno aderito alla Belt and Road Initiative (BRI), ad eccezione di uno: questo dato rivela l’ambizione di Pechino di spingere per la costituzione di una “via della Seta sanitaria” che rientri sotto l’ombrello della BRI[21]. Nonostante lo scetticismo e le previsioni sfavorevoli[22], i vaccini cinesi stanno già per prendere la direzione di vari Paesi del Sud-Est asiatico e, probabilmente, solo il Viet Nam persiste nel suo atteggiamento tendente a non accettare le dosi di vaccino del suo vicino settentrionale[23].
La “diplomazia sanitaria” e i guadagni in termini di reputazione
Le prime analisi che hanno esaminato l’intento del governo cinese di capitalizzare sull’assistenza internazionale furono moderatamente ottimistiche, riconoscendo la solidarietà, il multilateralismo e la trasparenza come le principali rappresentazioni di una strategia che aveva come obiettivo il miglioramento dell’immagine e della reputazione cinese a livello internazionale[24]. Un articolo più recente – ma similmente cauto – apparso in Foreign Affairs sosteneva che la diplomazia dei vaccini della Cina ha avuto successo perché ha avuto un vantaggio iniziale, e tuttavia Pechino non ha ancora completamente guadagnato una posizione di superiorità in termini di soft power[25].
Non tutti sono convinti che gli sforzi della Cina siano ben riusciti, in quanto è ancora troppo presto per giungere a delle conclusioni[26]. La State of Southeast Asia Survey pubblicata quest’anno dall’ISEAS – Yusof Ishak Institute di Singapore ci mostra che il 44,2% degli intervistati riconosce la Cina come il principale sostenitore della regione del Sud-Est asiatico durante la pandemia, seguita dal Giappone, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo, più del 70% dichiara di temere l’influenza della Cina che cresce gradualmente dall’inizio di quest’anno[27]. Le risposte sono state, comunque, raccolte agli inizi dell’anno e se la Cina riuscirà a rispettare le sue promesse, in coppia con le cosiddette “bolle di viaggio” che potranno rimettere in moto le economie regionali[28], potrebbe ottenere grandi benefici dal suo ruolo.
La Cina potrebbe non essere esente da colpe, ma nemmeno le potenze occidentali lo sono, anzi, alcune di esse sono state accusate di perseguire un “nazionalismo dei vaccini”[29]. Come ha sintetizzato Chatham House, “la Cina è stata accusata di usare il suo vaccino per espandere la propria influenza, ma per molte economie in difficoltà sta riempiendo il vuoto lasciato dagli Stati occidentali e dai donatori”[30]. In considerazione di ciò, focalizzandoci sul Sud-Est asiatico, la promessa del QUAD potrebbe essere onorata al più presto e se esso spera di recuperare terreno sulla diplomazia dei vaccini della Cina, già in azione a pieno ritmo, sarebbe meglio se lo facesse in maniera appropriata.
Di Daniele Carminati
[ Pubblicato su RISE – Relazioni internazionali e International Political Economy del Sud-Est asiatico, Vol. 6, n. 1, “La pandemia da COVID-19 nel Sud-Est asiatico”, al link https://www.twai.it/articles/
Note bibliografiche:
[1] Anwar, N. (2020), “Southeast Asia Struggles to Kickstart its Battered Tourism Industry as the Pandemic Chokes Demand”, CNBC, 3 ottobre, disponibile online al link https://www.cnbc.com/2020/10/13/southeast-asia-struggles-to-kickstart-tourism-industry-amid-coronavirus.html. [2] Bainbridge, A. e Vimonsuknopparat, S. (2020), “Thailand Had the World’s First Coronavirus Case outside China. Here’s How it Avoided Disaster”, Australian Broadcasting Corporation, 22 giugno, disponibile online al link https://www.abc.net.au/news/2020-06-22/thailand-defies-odds-to-successfully-manage-coronavirus-pandemic/12359632. [3] Lee, Y.N. (2021), “This is Asia’s Top-performing Economy in the COVID Pandemic – It’s Not China”, CNBC, 27 gennaio, disponibile online al link https://www.cnbc.com/2021/01/28/vietnam-is-asias-top-performing-economy-in-2020-amid-covid-pandemic.html. [4] Meagher, D. (2020), “What’s the Secret to Southeast Asia’s COVID Success Stories?”, The Interpreter, 28 luglio, disponibile online al link https://www.lowyinstitute.org/the-interpreter/what-s-secret-southeast-asia-covid-success-stories. [5] Worldometers, Coronavirus Cases – by Country, disponibile online al link https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries (dati aggiornati al 23 maggio 2021). [6] Caballero-Anthony, M. (2021), “COVID-19 in Southeast Asia: Regional Pandemic Preparedness Matters”, Brookings, 14 gennaio, disponibile online al link https://www.brookings.edu/blog/order-from-chaos/2021/01/14/covid-19-in-southeast-asia-regional-pandemic-preparedness-matters/. [7] Chen, A. e Molter, V. (2020), “Mask Diplomacy: Chinese Narratives in the COVID Era”, Stanford – Freeman Spogli Institute for International Studies, 16 giugno, disponibile online al link https://fsi.stanford.edu/news/covid-mask-diplomacy. [8] Horning, J.W. (2020), “Don’t Be Fooled by China’s Mask Diplomacy”, The RAND Blog, 5 maggio, disponibile online al link https://www.rand.org/blog/2020/05/dont-be-fooled-by-chinas-mask-diplomacy.html. [9] Wong, B. (2020), “China’s Mask Diplomacy”, The Diplomat, 25 marzo, disponibile online al link https://thediplomat.com/2020/03/chinas-mask-diplomacy/. [10] Hotez, P.J. (2001), “Vaccine Diplomacy”, Foreign Policy, 124, pp. 68-69, disponibile online al link https://search.proquest.com/openview/b2d595d8f32eae2eb474565eeefbd92a/1?pq-origsite=gscholar&cbl=47510. [11] Yang, L. (2020), “The Price of Beijing’s Vaccine Diplomacy in Southeast Asia”, Voice of America, 12 settembre, disponibile online al link https://www.voanews.com/east-asia-pacific/voa-news-china/price-beijings-vaccine-diplomacy-southeast-asia. [12] Strangio, S. (2020), “China’s Southeast Asian ‘Vaccine Diplomacy’ Comes Into Relief”, The Diplomat, 5 novembre, disponibile online al link https://thediplomat.com/2020/11/chinas-southeast-asian-vaccine-diplomacy-comes-into-relief/. [13] Tan, C. e Maulia, E. (2020), “Red Pill? Behind China’s COVID-19 Vaccine Diplomacy”, Nikkei Asia, 4 novembre, disponibile online al link https://asia.nikkei.com/Spotlight/The-Big-Story/Red-Pill-Behind-China-s-COVID-19-vaccine-diplomacy. [14] Wang, Y. (2021), “China’s Dangerous Game Around COVID-19 Vaccines”, Human Rights Watch, 4 marzo, disponibile online al link https://www.hrw.org/news/2021/03/04/chinas-dangerous-game-around-covid-19-vaccines. [15] Bangprapa, M. (2021), “No Shots Until Proven Safe: PM”, The Bangkok Post, 18 gennaio, disponibile online al link https://www.bangkokpost.com/thailand/general/2052451/no-shots-until-proven-safe-pm. [16] Smith, M. (2021), “How Much Difference Does It Make to People Where a COVID Vaccine Was Developed?”, YouGov, 15 gennaio, disponibile online al link https://yougov.co.uk/topics/health/articles-reports/2021/01/15/how-much-difference-does-it-make-people-where-covi. [17] Cfr. le dichiarazionì del Ministro della Salute vietnamita rilasciate ai media locali, Onishi, T. (2021), “Viet Nam launches $1.1bn COVID vaccine fund: 5 things to know”, Nikkei Asia, 4 giugno, disponibile online al link https://asia.nikkei.com/Spotlight/Coronavirus/Vietnam-launches-1.1bn-COVID-vaccine-fund-5-things-to-know. [18] Dhume, S. (2021), “India Beats China at Vaccine Diplomacy”, The Wall Street Journal, 18 marzo, disponibile online al link https://www.wsj.com/articles/india-beats-china-at-vaccine-diplomacy-11616086729.[19] Yang, S. (2021), “Rising-Power Competition: The COVID-19 Vaccine Diplomacy of China and India”, The National Bureau of Asian Research, 19 marzo, disponibile online al link https://www.nbr.org/publication/rising-power-competition-the-covid-19-vaccine-diplomacy-of-china-and-india/.
[20] BBC (2021), “COVID: US and Allies Promise One Billion Jabs for South-East Asia”, 12 marzo, disponibile online al link https://www.bbc.com/news/world-56381104. [21] Kiernan, S. et al. (2021), “The Politics of Vaccine Donation and Diplomacy”, Think Global Health, 25 marzo, disponibile online al link https://www.thinkglobalhealth.org/article/politics-vaccine-donation-and-diplomacy. [22] Heydarian, R.J. (2021), “China’s Vaccine Diplomacy Falls Flat in the Philippines”, Asia Times, 4 marzo, disponibile online al link https://asiatimes.com/2021/03/chinas-vaccine-diplomacy-falls-flat-in-the-philippines/; Strangio, S. (2020), “Is Cambodia Really Turning Its Back on Chinese Vaccines?”, The Diplomat, 22 dicembre, disponibile online al link https://thediplomat.com/2020/12/is-cambodia-really-turning-its-back-on-chinese-vaccines/. [23] Luong, D. (2021), “Vietnam Proves Immune to China’s Vaccine Diplomacy Campaign”, Nikkei Asia, 27 marzo, disponibile online al link https://asia.nikkei.com/Opinion/Vietnam-proves-immune-to-China-s-vaccine-diplomacy-campaign. [24] Mulakala, A. e Hongbo, J. (2020), “COVID-19 and China’s Soft-Power Ambitions”, The Asia Foundation, 29 aprile, disponibile online al link https://asiafoundation.org/2020/04/29/covid-19-and-chinas-soft-power-ambitions/. [25] Huang, Y. (2021), “Vaccine Diplomacy Is Paying Off for China”, Foreign Affairs, 11 marzo, disponibile online al link https://www.foreignaffairs.com/articles/china/2021-03-11/vaccine-diplomacy-paying-china. [26] Phar, K.B. e Bizot, C. (2021), “The Jury Is Still Out on Beijing’s ‘Vaccine Diplomacy’”, The Diplomat, 20 gennaio, disponibile online al link https://thediplomat.com/2021/01/the-jury-is-still-out-on-beijings-vaccine-diplomacy/. [27] Seah, S. et al. (2021), “The State of Southeast Asia 2021”, ISEAS – Yusof Ishak Institute, disponibile online al link https://www.iseas.edu.sg/articles-commentaries/state-of-southeast-asia-survey/the-state-of-southeast-asia-2021-survey-report/. [28] Davidson, H. (2021), “China to Only Allow Foreign Visitors Who Have Had Chinese-made Vaccine”, The Guardian, 17 marzo, disponibile online al link https://www.theguardian.com/world/2021/mar/17/china-to-allow-foreign-visitors-who-have-had-chinese-made-vaccine. [29] Bollyky, T.J. e Bown, C.P. (2020), “The Tragedy of Vaccine Nationalism”, Foreign Affairs, ottobre/novembre, disponibile online al link https://www.foreignaffairs.com/articles/united-states/2020-07-27/vaccine-nationalism-pandemic. [30] El Kadi, T.H. e Zinser, S. (2021), “Beijing’s Vaccine Diplomacy Goes Beyond Political Rivalry”, Chatham House, 22 febbraio, disponibile online al link https://www.chathamhouse.org/2021/02/beijings-vaccine-diplomacy-goes-beyond-political-rivalry.