Il governo pakistano ha da pochissimo annunciato che la commissione incaricata di legittimare un cambiamento epocale nei programmi di istruzione del paese si è pronunciata favorevolmente all’uniformazione dei curricola scolastici per le classi di istruzione media (il sistema pakistano prevede cinque classi di istruzione elementare, dalla I alla V e tre di istruzione “media”, dalla Vi all’VIII). La manovra governativa, apparentemente favorevole ad una laicizzazione del sistema educativo, non sarà con molta probabilità esente da ricadute di tipo sociale, religiose ma anche socio-economiche.
Molti istituti di istruzione nel Subcontinente, e soprattutto in Pakistan, sono legati in qualche modo al sistema delle scuole islamiche (madaris) che raggiungono nel paese numeri impressionanti, con una certa probabilità aggirandosi intorno alle 40000 unità, delle quali circa 30000, pur non appartenendo a organizzazioni estremiste, non rientrano nemmeno sotto un parziale controllo del governo centrale. Il sistema si istruzione di base del paese è caratterizzato dalle scuole religiose, che in molti casi, date le difficoltà logistiche e le carenze economiche, diviene l’unica possibilità di scolarizzazione.
L’aspetto sociale e socio-economico.
Il governo ha intrapreso la campagna di uniformazione tentando di accorpare i precetti religiosi sotto un unico tipo di insegnamento, un’unica materia, ovvero “Studi islamici” e prevedendo tale rimodulazione per tutte le scuole del paese, anche grazie alla prevista creazione di nuovi libri di testo. Il completo processo di rivisitazione della didattica è iniziato formalmente nel 2018 per uniformare la performance degli istituti di formazione delle varie e asimmetriche realtà del paese. Non è però difficile scorgere una volontà, da parte del governo, di sottrarre, lentamente, peso al sistema delle scuole islamiche e delle associazioni religiose e culturali che le sostengono. In qualche modo e quasi mai in maniera scevra da interessi di proselitismo, il sistema delle scuole islamiche è stato parte della spina dorsale del sistema scolastico pakistano e molto spesso unica occasione di formazione per realtà sociali meno abbienti o isolate, nel frammentato universo etnico del paese. Palesi influenze religiose sono state determinanti nello stabilimento di noti movimenti religiosi come i Deobandi e nella creazione e radicamento di realtà estremiste. Il ruolo religioso nell’educazione ha costituito d’altronde un importante motore di diffusione della scolarizzazione specialmente nelle aree rurali e montane del compartimentato territorio pakistano. Se si pensa che le madaris salafite tra gli anni Novanta e il primo decennio del 2000 sono un network portante dell’istruzione nel Khyber Pakhtunkwa e in determinate agenzie delle Aree Tribali, si comprende ulteriormente l’importanza del fenomeno dell’istruzione, già studiato da importanti scienziate politiche come Maryam Abou Zahab. Se i gruppi religiosi, incalzati da un’eccessiva laicizzazione, cedessero parti significative della propria fetta del sistema educativo con larga probabilità lo stato non sarebbe all’altezza di rimpiazzarle immediatamente.
Il dilemma che si andrà a definire sul piano sociale è anche relativo al controllo che il governo potrà effettivamente giocare sulle scuole islamiche: le madaris più conosciute saranno sicuramente raggiungibili da ispezioni del ministero dell’educazione di Islamabad, ma cosa ne sarà di quelle meno in vista e comunque insistenti su territori più complessi da raggiungere? L’istruzione in Pakistan è di competenza regionale e ha caratteristiche decisamente differenti da provincia a provincia, riuscirà il ministero ad avocare a sé le specifiche competenze regionali per l’attività di controllo dell’uniformazione dei programmi scolastici?
Di Francesco Valacchi*
*Dottorato in Geopolitica presso l’Università di Pisa. Collabora con “Affarinternazionali”, “Geopolitica.info”, “Ispi-online”, “RISE” (del TWAI), “Pandora rivista”, “Dialoghi Mediterranei” e altre riviste