Nel giorno del 32esimo anniversario del massacro di piazza Tian’anmen, la polizia di Hong Kong ha preso in custodia Chow Hang Tung , la vicepresidente dell’ Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements of China, l’organizzazione che in passato ha organizzato la veglia in Victoria Park. Come nel 2020, anche quest’anno le celebrazioni sono vietate ufficialmente a causa del Covid e, dopo la campagna di arresti scatenata dall’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale, molti attivisti avevano in programma di ricordare il triste evento individualmente, nelle proprie abitazioni. Precauzioni che non sono bastate a proteggere Chow. Stamattina quattro persone, che si sono identificate come agenti di polizia in borghese, hanno prelevato la 36enne mentre cercava di raggiungere Victoria Park per accendere una candela in ricordo delle vittime. Circa 7000 agenti sono stati schierati nel centro di Hong Kong per prevenire l’insorgere di proteste. Solo pochi giorni fa il Museo del 4 giugno, realizzato per commemorare gli eventi dell’89 era stato costretto a chiudere i battenti a stretto giro dall’apertura. Ai fatti delle ultime ore segue la dura condanna di Stati uniti e Taiwan, l’unica “Cina” a ricordare pubblicamente il massacro dopo che quest’anno i divieti sono stati estesi formalmente anche a Macao. “Tutti i taiwanesi vanno orgogliosi della loro libertà e democrazia e non dimenticheranno mai questo giorno, malgrado le sfide” ha dichiarato la presidente Tsai Ing-wen. Sullo stesso spartito il segretario di Stato americano Antony Blinken, che citando le migliaia di vittime ha ricordato come “i diritti umani sono universali e tutti i governi devono proteggerli e promuoverli”. L’allineamento tra Taipei e Washington pare abbia favorito anche la fornitura di vaccini AstraZeneca che il Giappone ha inviato stamattina all’isola dopo giorni di negoziati [fonte Reuters, Guardian, CNA]
Nuove aziende cinesi nella blacklist americana
Il neopresidente americano Joe Biden ha ampliato il divieto sugli investimenti in società cinesi con presunti legami nell’esercito cinese introdotto lo scorso anno da Trump. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha ampliato la lista nera con un ordine esecutivo che porta a 59 il numero totale delle aziende cinesi in cui è vietato investire, comprese China General Nuclear Power Corp e il produttore di tubi di plastica Aerosun Corp. Sarà previsto un periodo di grazia di 60 giorni, fino al 2 agosto, prima dell’inizio delle sanzioni, mentre gli americani che hanno già investitmenti nelle società potranno aspettare un anno prima di cominciare a disinvestire. Le misure rappresentano il primo vero affondo dell’amministrazione Biden e giungo a stretto giro dalla ripresa dei colloqui commerciali. Proprio ieri il ministero del Commercio cinese aveva parlato con ottimismo dell’apertura di nuovi negoziati dopo un’interruzione che durava dallo scorso agosto. [fonte WSJ]
Nuove rivelazioni sul bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado
Nuove rivelazioni gettano luce sul controverso bombardamento dell’ambasciata cinese a Belgrado durante la Guerra del Kosovo nel 1999, un incidente – secondo Washington – che la Cina ha sempre interpretato come un attacco deliberato. L’episodio, in cui persero la vita tre cittadini cinesi, innescò accese proteste antiamericane in Cina, facendo precipitare le relazioni bilaterali a un minimo storico. Scondo alcuni articoli ripresi dal Nikkei Asia Review, gli Usa bombardarono l’ambasciata per distruggere i resti di un loro cacciabombardiere stealth F-117 Nighthawk abbattuto circa un mese prima dalle Forze armate serbe. L’aereo, si era schiantato nelle campagne e pare che agenti cinesi fossero riusciti ad acquistare e nascondere nell’ambasciata alcuni componenti dai contadini al fine di acquisire tecnologia per la realizzazione di velivoli stealth “made in China” . Ai tempi della Guerra del Kosovo l’F-117, sviluppato da Lockheed a partire dagli anni ’70, non rappresentava più l’apice della tecnologia aerospaziale, ma gli Stati Uniti erano allora i soli al mondo ad avere aerei da combattimento invisibili ai radar. [fonte Nikkei]
L’autorità doganale cinese blocca brand occidentali per prodotti nocivi
Continua il boicottaggio di brand occidentali in Cina. Il governo cinese ha formalmente accusato una serie di marchi di moda occidentali, tra cui H&M, Nike e Zara, di vendere abiti scadenti che rappresentano potenziali rischi per la salute dei bambini. È quanto si legge in una nota pubblicata sul sito web dell’Amministrazione generale delle dogane cinese, che ha elencato 81 lotti di prodotti importati per bambini, come indumenti, giocattoli, spazzolini da denti, scarpe e biberon, analizzati tra giugno 2020 e maggio 2021. Secondo l’autorità doganale cinese, in nove lotti di vestiti di cotone del brand H&M sono stati rilevati sugli indumenti tracce di colorante e altre sostanze nocive, che potrebbero essere assorbite attraverso la pelle. Gli stessi elementi sono stati identificati nei pigiami per bambini e negli shorts per neonati di cotone del marchio Zara e GAP, così come nelle magliette di cotone della Nike. Non è la prima volta che H&M e Zara vengono presi di mira con questo tipo di avviso: era già successo il 30 maggio 2020, quando la dogana cinese ha accusato i due marchi di importare vestiti per bambini che presentavano potenziali rischi per la salute dei bambini, sulla base di un’indagine svolta da gennaio a maggio dello scorso anno. Tuttavia, è la prima volta che brand come Nike, GU e GAP finiscono nel mirino delle autorità doganali, che hanno confiscato, distrutto o restituito i prodotti non conformi. L’avviso è stato pubblicato lo scorso martedì, quando in Cina si celebra la Giornata dell’infanzia. Una scelta non casuale, che mira ad alimentare il boicottaggio dei brand occidentali iniziato lo scorso marzo, dopo che diversi aziende di moda hanno deciso di non utilizzare il cotone proveniente dallo Xinjiang per i loro prodotti, in risposta alle violazione dei diritti umani verso la minoranza etnica degli uiguri per mano del Pcc. [fonte SCMP]
Borrell: “il 21° secolo sarà scritto nell’Indo-Pacifico”
L’alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, è stato a Giacarta per incontrare i suoi omologhi in Indonesia e nell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN). Durante la trasferta indonesiana, Borrell ha riconosciuto l’esistenza di tensioni bilaterali (chiara allusione al braccio di ferro sulla produzione di olio di palma) ma ha anche dichiarato che in un quadro strategico “turbolento”, Giacarta e Bruxelles hanno ottime ragioni per intensificare le loro relazioni sulla base di “prosperità, sostenibilità e sicurezza”: nessuna delle due parti vuole schierarsi nel confronto tra Stati Uniti e Cina. “La storia dell’umanità del 21° secolo sarà scritta nell’area indo-pacifica”, ha dichiarato Borrell, “il baricentro del mondo non è più al centro dell’Europa”. Intanto nel Mar Cinese Meridionale la tensione rimane alta: lunedì la Malesia ha alzato in volo i propri jet per intercettare 16 aerei da guerra cinesi “sospetti” che, secondo Kuala Lumpur, hanno “violato lo spazio aereo e la sovranità malese”, mentre stando al think tank South China Sea Strategic Situation Probing Initiative sono pressocché raddoppiate le incursioni aerei statunitensi nell’area rispetto all’anno scorso [fonte EU SCMP SCMP]
Ha collaborato Serena Console
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.