Nel congratularsi con Linn Thant, designato dal governo ombra birmano come una sorta di ambasciatore provvisorio presso il governo della Cechia, il ministro degli Esteri di Praga Martin Tlapa si è spinto un po’ più in la.
E mentre i suoi colleghi europei titubano e tentennano, il capo della diplomazia ceca parla all’«amico» Linn senza mezzi termini: «La nostra posizione – gli scrive in una lettera che il manifesto ha potuto vedere – è chiara: non riconoscere il nuovo regime come governo…sosteniamo il Committee Representing Pyidaungsu Hluttaw (Crph-parlamento clandestino ndr) e salutiamo la nascita del Governo di unità nazionale (Nug)». Se non è un riconoscimento, la Cechia ci va vicino ed è comunque la prima nazione a sbilanciarsi per un obiettivo verso il quale promette di adottare «l’approccio più adatto» nei forum internazionali.
Benché una lettera non sia che un pezzo di carta, il peso della posizione ceca rompe il silenzio che, dal Consiglio di sicurezza Onu all’Asean (che rema contro un embargo di armi al Myanmar) circonda il dossier birmano, molto caldo nell’arena internazionale. Si è visto all’Oms che ha rifiutato le credenziali della giunta mentre all’Ufficio del lavoro (Ilo) ancora si deve decidere se riconoscere il nuovo regime o le credenziali proposte dal Nug.
Il Myanmar intanto continua a infiammarsi con notizie quotidiane di azioni di guerriglia urbana che testimoniano un salto di qualità nella resistenza al golpe ma con un futuro incerto se il silenzio del mondo dovesse rimanere tale. La diaspora continua a muoversi: ieri in Duomo la comunità birmana in Italia si è trovata con l’arcivescovo di Milano mons. Delpini per una preghiera interreligiosa e dà appuntamento a metà maggio per un global strike in diverse città del pianeta. Alla preghiera almeno duecento persone e anche la modella birmana May. Per il suo impegno anti giunta è entrata nella lista nera dei militari.
Di Emanuele Giordana