A soli cinque mesi dalla firma, l’accordo di investimento bilaterale Cina-Ue è virtualmente congelato. Con 599 voti a favore, 30 contrari e 58 astenuti, nella giornata di ieri il parlamento di Strasburgo ha approvato una mozione che interrompe ufficialmente i lavori di ratifica necessari all’approvazione finale del testo. A decretare lo stop sono state le sanzioni comminate da Pechino contro cinque eurodeputati in risposta alle misure punitive di Bruxelles contro quattro funzionari cinesi responsabili per la repressione delle minoranze etniche nello Xinjiang. I parlamentari chiedono la rimozione delle sanzioni prima di considerare l’accordo “senza pregiudicare il risultato finale del processo di ratifica”. La risoluzione condanna inoltre la mancanza di coesione tra i 27 paesi membri per quanto riguarda l’assunzione di provvedimenti in risposta all’erosione delle libertà a Hong Kong, chiaro riferimento all’ostruzionismo dell’Ungheria, uno dei principali “alleati” di Pechino nel Vecchio Continente. Viene inoltre richiesta l’approvazione di “ulteriori misure mirate” per “affrontare adeguatamente le minacce alla sicurezza informatica della Cina, gli attacchi ibridi e il programma di fusione civile-militare”. Il trattato – che dovrebbe concedere più reciprocità per aziende europee nel mercato cinese – era stato ultimato lo scorso dicembre grazie al pressing di Francia e Germania nonostante le perplessità circa gli impegni assunti da Pechino in materia di lavori forzati e difesa dei diritti umani. Il ritiro della Merkel dalla scena politica potrebbe contribuire a decretare la morte effettiva dell’accordo. La reazione cinese non si è fatta attendere. La stampa statale ha definito la decisione “assurda” e motivata da “pregiudizi ideologici”, facendo notare come il Vecchio Continente stia attraversando una fase economica difficile a causa del Covid. E poi non è detta l’ultima parola. “Il congelamento significa che la discussione dell’accordo sarà sospesa, non che l’accordo non sarà ratificato. Il processo di ratifica richiederà mesi a causa di lunghe procedure, inclusa la traduzione dei documenti”, spiega Wang Yiwei, direttore l’Istituto di studi europei della Renmin University. Ma il clima non è certamente dei più favorevoli. Proprio ieri la Lituania è diventata l’ultimo paese del Vecchio Continente a utilizzare il termine “genocidio” per descrivere quanto in corso nello Xinjiang [fonte SCMP, Bloomberg, GT]
Xi al Summit di Roma
Ci sarà anche il presidente cinese Xi Jinping al Global Health Summit che si terrà oggi a Roma. Sarà una partecipazione virtuale – con ogni probabilità – finalizzata a rimarcare l’impegno della Cina nella lotta globale al Covid-19. Secondo la stampa cinese, il leader, invitato da Mario Draghi, pronuncerà un discorso. Alla richiesta di dettagli, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha risposto che “a livello globale stiamo assistendo a una nuova ondata della pandemia, che rende quanto mai cruciale la collaborazione internazionale nella lotta contro il virus. La Cina auspica che il vertice possa valorizzare il ruolo del G20 come piattaforma importante per risolvere le crisi globali, continuandone la tendenza positiva nel guidare la cooperazione globale contro la pandemia. Inoltre, la speranza è che dal summit venga inviato un segnale forte riguardo alla necessità di continuare a insistere sul multilateralismo e a promuovere la cooperazione e la solidarietà, che venga iniettata fiducia ed energia al fine di migliorare la gestione della sanità globale, così da costruire insieme una comunità dal futuro condiviso della sanità e della salute.” [fonte SCMP]
Cina: le emissioni crescono ai livelli del 2012
La neutralità carbonica è sempre più lontana. Secondo la roadmap annunciata da Xi Jinping, entro il 2030 la Cina dovrà aver raggiunto il picco delle emissioni per diventare carbon neutral intorno al 2060. Ma, stando agli ultimi dato raccolti dal Centre for Research on Energy and Clean Air di Helsinki, nel primo trimestre dell’anno il gigante asiatico ha generato un 9% in più di CO2 rispetto ai livelli pre-epidemici. Nei 12 mesi trascorsi, da quando, allentate le restrizioni anti-Covid, la Cina ha cominciato a spingere sul pedale degli investimenti, le emissioni totali hanno riportato un tasso di crescita del 7%, il più elevato dal 2012, ovvero da quando l’amministrazioni X Jinping-Li Keqiang ha dichiarato guerra all’inquinamento dell’aria. A preoccupare è soprattutto il motivo del trend in rialzo: circa il 70% dell’aumento delle emissioni è imputabile al consumo di carbone, in crescita del 16% su base annua. La leadership ha già messo in chiaro di non voler rinunciare al combustibile fossile, che verrà limitato nel mix energetico solo a partire dal 2025. Il problema è sempre il solito: come passare da un modello economico energy intensive a uno più sostenibile. Gli ultimi dati economici confermano una crescita ancora fortemente sbilanciata verso la produzione industriale e gli investimenti in asset fissi. Dal 2019, la Cina genera più CO2 di tutti i paesi Ocse messi insieme. [fonte Reuters]
Anche il Ceo di ByteDance si defila
Zhang Yiming, il co-fondatore di ByteDance, società madre di TikTok, ha annunciato ieri che lascerà la carica di Ceo per concentrarsi sulla “strategia a lungo termine”. Il testimone passa nelle mani del socio Liang Rubo. Zhang ha spiegato che “mi mancano alcune delle capacità che rendono un manager ideale. Sono più interessato ad analizzare i principi organizzativi e di mercato che che a gestire effettivamente le persone”. Ma, secondo fonti di The information, la decisione è stata in buona parte indotta dalla recente stretta normativa sulle big tech cinesi. Proprio stamattina Douyin (il Tik Tok cinese) è stata bacchettata per uso improprio dei dati personali insieme ad altre 104 app. Zhang non è l’unico golden boy ad aver optato per un basso profilo. Pochi mesi fa anche il fondatore di Pinduoduo, colosso dell’ecommerce rivale di Alibaba e JD, ha rinunciato alla carica di presidente – ufficialmente – per far posto “a una nuova generazione di leader”. [fonte Reuters]
Educazione patriottica per la nazionale cinese
La nazionale cinese di calcio si prepara ai prossimi Mondiali infondendo patriottismo tra i giocatori. Secondo il Beijing Youth Daily, martedì il team ha interrotto gli allenamenti per visitare la sede dove nel 1921 fu fondato il Pcc. “Dal punto di vista dell’Associazione calcistica cinese e dello staff tecnico, è fondamentale che i giocatori rafforzino il loro senso di missione, responsabilità e onore ricevendo un’educazione ideologica patriottica prima di partecipare alle principali competizioni”, spiega il giornale, aggiungendo che “l’educazione patriottica fornisce energia positiva”. Alle attività hanno partecipato anche i cinque calciatori naturalizzati, di cui tre nati in Brasile e due in Inghilterra. C’è da dire che più che patriottismo serve un miracolo. Nonostante l’ambizioso piano di riforma annunciato da Xi jinping per rendere la Cina una potenza del calcio, i risultati sul campo sono deprimenti. La squadra allenata da Li Tie è al momento al 77° posto e una qualificazione sembra sempre più irraggiungibile. [fonte AFP]
Myanmar: la giunta scioglie il partito di Suu Kyi
La commissione elettorale nominata dalla giunta birmana scioglierà la Lega nazionale per la democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi, agli arresti dal colpo di stato. Secondo Myanmar Now, che ha riportato la notizia in anteprima, la decisione è stata presa a seguito della presunta “frode elettorale” che lo scorso anno ha permesso all’NLD di confermarsi come la prima forza politica del Myanmar, mettendo a rischio il potere dei militari. Intanto, stando all’Irawaddy, il generale Min Aung Hlaing avrebbe rimosso la regola del pensionamento obbligatorio dopo i 65 anni prevista per lui e il suo vice. [fonte Reuters]
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.