Non solo gli appelli degli attivisti contro le Olimpiadi invernali di Pechino 2022 non stanno trovando ascolto. La Cina ha anche incassato una vittoria diplomatica clamorosa raggiungendo un accordo con il Comitato olimpico internazionale per la fornitura dei vaccini per tutti i partecipanti ai Giochi di Tokyo di quest’estate, oltre che per l’evento casalingo del prossimo anno. Secondo quanto concordato, il Comitato coprirà il costo dei sieri per tutti i concorrenti olimpici e paralimpici che ne hanno bisogno, mentre la distribuzione avverrà attraverso le agenzie internazionali. Se confermato, il piano permetterebbe a Pechino di guadagnare punti agli occhi della comunità internazionale, dando maggiore credibilità ai vaccini cinesi. A Tokyo però, dove l’organizzazione dei Giochi è motivo di prestigio nazionale, non l’hanno presa bene. Secondo gli organizzatori nipponici, la decisione spetta ai paesi in cui il vaccino cinese è già stato approvato. E il Giappone non rientra tra questi. [NYT, Reuters]
Dialogo Cina-USA nell’industria di semiconduttori
L’Associazione Cinese per l’Industria di Semiconduttori (CSIA) ha annunciato l’istituzione di un gruppo di lavoro con la controparte americana, la SIA (Associazione delle Industrie di Semiconduttori) di Washington, che si riunirà ogni sei mesi per discutere di nuove tecnologie, aggiornarsi sulle restrizioni alle esportazioni vigenti tra i due paesi e migliorare la sicurezza della supply chain. Secondo quanto dichiarato sul sito ufficiale della CSIA, il gruppo di lavoro sarà composto da venti aziende rappresentanti e punterà a promuovere “una maggiore conoscenza e fiducia reciproca” tra l’industria di semiconduttori cinese e americana. A seguito dell’annuncio le azioni di alcune aziende chiave del settore sono salite in modo significativo, come la SMIC di Shanghai che nella giornata di ieri ha registrato una crescita del 12.4%, ma anche la Hua Hong Semiconductor (+14%) e la Hang Seng Tech (+5.2%). Il progetto si presenta come uno spazio di collaborazione tra Cina e USA, cosa che parrebbe in linea con l’approccio meno restrittivo previsto da Biden in materia commerciale, e che fa ben sperare l’industria elettronica cinese messa a dura prova dalla guerra di dazi di Trump. Al momento la SIA non ha confermato l’istituzione del gruppo di lavoro e non ha rilasciato dichiarazioni in merito. [fonte SCMP]
Sempre meno studenti cinesi sceglono gli USA
Il fiorente business degli studenti cinesi negli USA che per anni ha sostenuto l’accademia americana è oggi in rapido declino, complici anche le restrizioni ai visti imposte da Trump agli albori della pandemia. E’ quanto dichiarato da una ricerca condotta da una think tank di Pechino, che riporta un incremento degli studenti cinesi pari a solo 0.8% nel 2020. Nell’anno accademico 2018-2019 gli Stati Uniti costituivano la prima destinazione estera per studio per i giovani cinesi, seguita a ruota dal Regno Unito, ma da allora si è registrato un crollo delle iscrizioni pari al 1.8% annuo. Secondo il rapporto, il trend è direttamente imputabile alla discriminazione nei confronti di studenti e ricercatori cinesi da parte dell’amministrazione Trump, che dall’inizio della pandemia ha imposto severe restrizioni alle borse di studio del governo, restringendo così gli scambi culturali internazionali, e che ha ripetutamente accusato diversi ricercatori di spionaggio a favore dell’intelligence di Pechino. Tali misure, unitamente alla già complessa situazione pandemica, avrebbero portato molte famiglie cinesi ad optare per scuole internazionali in Cina, invece che sostenere l’oneroso carico di mandare i propri figli all’estero. Un brutto colpo per il settore dell’istruzione scolastica internazionale, che anche in altri paesi continua a soffrire le conseguenze della pandemia da Covid-19. In crescita stabile invece il “rientro di cervelli”, il numero di studenti cinesi che scelgono di tornare in patria una volta completati gli studi, con 580000 laureati in questa categoria solo nel 2019. [fonte: scmp]
Saltare i controlli in metro con i crediti sociali
Era un po’ che non si sentiva parlare di crediti sociali, il sistema con cui Pechino punta a premiare o punire i cittadini in base al comportamento. Secondo quanto annunciato dalla stampa statale, la municipalità di Pechino sta pensando di intraprendere un utilizzo sperimentale dei crediti per permettere alle persone più virtuose di non doversi sottoporre ai fastidiosi all’ingresso della metropolitana. Il servizio, che in realtà è già stato introdotto nella stazione di Fuchengmen, sarà usufruibile dai passeggeri con bagagli poco ingombranti attraverso l’app del telefono Yitongxing e fa uso del riconoscimento facciale. [fonte GT]
Strategia dispersiva per la marina americana nell’Indo-Pacifico
Gli Stati Uniti hanno in programma di schierare le proprie milizie nell’ Indo-Pacifico su un fronte esteso e frastagliato, invece che proseguire con la strategia di agglomeramento presso poche basi navali adottata finora, nel tentativo di proteggersi dall’avanguardia missilistica cinese. Lo ha confermato l’ammiraglio Philip Davidson nel discorso di apertura presso la conferenza tecnologica Indo-Pacifica della scorsa settimana. “Ci stiamo riadattando dalla una prospettiva storicamente incentrata sul nordest asiatico e Guam, verso una joint force più integrata e distribuita” ha dichiarato Davidson, “questo include il rivedere il nostro dispiegamento di forze nell’Indo-Pacifico insieme ai nostri alleati, per fronteggiare la rapida modernizzazione della Cina”. Il progetto è in linea con la strategia di difesa proposta nel 2018 dall’amministrazione Trump, che richiedeva una transizione verso “meno basi, sparse, ma più resilienti e flessibili” e sembrerebbe un riflesso della crescente preoccupazione americana per l’avanzamento tecnologico cinese in campo militare, oltre che una risposta alle nuove tensioni nel mar cinese meridionale. L’intento è quello di creare una forza armata che sia “manovrabile, agile, dall’estesa capacità di fuoco” che possa garantire un vantaggio posizionale alla marina nel territorio, sottraendola dal pericolo missilistico cinese. Secondo l’analisi di Nikkei Asia, nel caso di uno scontro aperto i Marines dispiegherebbero tante piccole unità nella “prima catena di isole”, che si colloca entro il raggio di portata dei missili cinesi, impiegando difese marittime, aeree e sistemi di sorveglianza per ostacolare le forze cinesi. Per il successo della strategia sarà necessario che gli USA consolidino i rapporti con i paesi limitrofi alla Cina, che però potrebbero non vedere di buon grado un coinvolgimento americano per timore di inimicarsi Pechino. Il rapporto di Washington con le Filippine, per esempio, è quello che secondo gli esperti potrebbe comportare maggiori complicazioni. [fonte:Nikkei]
Di Lucrezia Goldin e Alessandra Colarizi