In Cina e Asia – I paesi baltici lanciano l’allarme sull’influenza cinese in occidente

In Notizie Brevi by Serena Console

Il servizio di intelligence estone, nell’ultimo rapporto annuale, denuncia i costanti e sempre più frequenti tentativi della Cina di mettere a tacere le critiche e dominare le tecnologie chiave in Estonia e in altre democrazie. Secondo il testo diffuso ieri, la Cina vuole condurre operazioni di influenza in Occidente e creare una divisione tra Stati Uniti ed Europa attraverso la leva economica, ma anche con la sorveglianza dei cittadini cinesi all’estero e i privilegi economici concessi alle élite locali. Il rapporto fa suonare un campanello d’allarme ed evidenzia come Pechino abbia il “chiaro obiettivo di rendere il mondo dipendente dalla tecnologia cinese”, citando il produttore 5G Huawei e il sistema di navigazione BeiDou. I paesi baltici, dipendenti dal sostegno militare di Washington, si stanno dimostrando l’anello debole della strategia cinese in Europa. Di ieri la notizia che la Lituania ha bloccato le forniture di Nuctech, azienda tecnologica cinese – gestita per anni da Hu Haifeng, figli dell’ex presidente Hu Jintao – i cui sistemi per il monitoraggio di merci, bagagli e passeggeri stanno diventando presenze fisse in porti, valichi e aeroporti del Vecchio Continente. La posizione in merito di Estonia e Lituania era già emersa durante l’ultimo vertice dei 17+1, quando a rappresentare i due paesi sono stati inviati dei semplici ministri [fonte Axios, Reuters]

Il ministro dell’Istruzione vuole fermare l’esodo di studenti cinesi all’estero

Sempre più giovani cinesi si formano all’estero. Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione cinese, più di 700 mila studenti hanno lasciato il paese per motivi di studio nel 2019, registrando un aumento di oltre il 6 per cento rispetto all’anno precedente. E’ andata meglio nel 2020: nonostante la pandemia globale, il dicastero cinese ha visto un’ulteriore crescita del numero di studenti delle scuole superiori che hanno seguito corsi ed esami all’estero. A sorprendere è proprio la giovane età degli studenti, segnalando l’appoggio dei genitori desiderosi di assicurare un prospero futuro lavorativo per i loro figli, ma soprattutto intenzionati a proteggerli dalle pressioni psicologiche dei rigidi esami di accesso alla scuola e università. In un rapporto pubblicato il mese scorso da Koolearn, una piattaforma
di istruzione online utilizzata da New Oriental, il più grande fornitore di servizi educativi privati della Cina, circa il 20 per cento di tutti coloro che hanno iniziato un percorso di studi all’estero lo scorso anno sono studenti del 12° livello dell’ordinamento scolastico cinese (corrispondente all’ultimo anno della scuola superiore in Italia). Ma il governo di Pechino non accetta con favore la partenza di tanti giovani che vogliono formarsi all’estero e vuole fermare questo fenomeno in costante crescita. Il ministero dell’Istruzione, nel corso di una conferenza nazionale sull’istruzione a gennaio, ha espresso l’intenzione di avviare un meccanismo per scoraggiare i minori a partire. Tuttavia, il ministero non ha elaborato ancora alcuna misura. Non è la prima volta che il ministero esprime preoccupazione per la tendenza degli studenti cinesi a lasciare i confini cinesi. Già nel 2016, il dicastero dell’istruzione ha scoraggiato la partenza degli studenti cinesi, sostenendo che fossero troppo giovani per vivere in un altro paese. [fonte SCMP ]

Gli Usa accusano di hackeraggio tre nordcoreani

Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accusato tre funzionari dell’intelligence militare nordcoreana di aver compiuto una serie di attacchi informatici rubando 1,3 miliardi di dollari in criptovalute e valute tradizionali da banche e aziende di tutto il mondo. Il fascicolo è stato depositato presso il tribunale federale di Los Angeles, partendo dal caso del 2018, quando uno dei tre hacker, Park Jin Hyok, è stato accusato per l’attacco informatico del 2014 contro la Sony Pictures Entertainment ma anche per la creazione del ransomware WannaCry, il malware che nel 2017 ha infettato i sistemi informatici di numerose aziende e organizzazioni in tutto il mondo. Secondo le nuove accuse, gli altri due imputati, Jon Chang Hyok e Kim Il, hanno lavorato con Park nel gruppo di hackeraggio legato all’intelligence militare nordcoreana, il Reconnaissance General Bureau, noto anche come Lazarus Group e APT 38. Secondo i funzionari americani, i tre hacker hanno creato applicazioni dannose di criptovaluta, aprendo backdoor nei computer delle vittime; sono entrati nei sistemi di società che commercializzano e scambiano valute digitali come bitcoin; e hanno sviluppato una piattaforma blockchain per eludere le sanzioni e raccogliere fondi segretamente. Il dipartimento Usa non esclude che i tre abbiano anche violato e derubato gli scambi di valuta digitale in Slovenia e Indonesia, oltre ad aver hackerato uno scambio di valuta a New York intascandosi 11,8 milioni di dollari. Chissà se il governo di Washington muoverà accuse direttamente a Pyongyang e a Kim Jon Un, che recentemente ha modificato il suo titolo in inglese da “chairman” a “president of the State Affairs of the Democratic People’s Republic of Korea”. Può sembrare un cambiamento da poco, ma il valore simbolico è enorme considerato che fino a oggi l’unico leader ad aver ottenuto l’appellativo di “presidente” è stato il nonno di Kim, Kim Il-sung.[fonte WaPo Nikkei]

Il cyberspazio cambogiano con caratteristiche cinesi

La Cambogia ha installato un firewall in stile cinese per bloccare l’accesso ad alcuni siti web. Il governo di Phnom Penh esercitarà un controllo quasi totale del cyberspazio del paese, istituendo un gateway (NIG) che canalizzerà tutte le connessioni internazionali attraverso un unico punto di ingresso. In un decreto firmato dal premier cambogiano Hun Sen e ottenuto dall’AFP si legge che il NIG ha lo scopo di controllare le connessioni web al fine di migliorare “la riscossione delle entrate nazionali, proteggere la sicurezza nazionale e preservare l’ordine sociale”. Ma nel testo sono presenti anche misure repressive per tutti gli utenti che online promuovono attività di ribellione contro il governo. Secondo il testo, l’operatore del gateway dovrà lavorare con le autorità cambogiane per intraprendere azioni al fine di bloccare e disconnettere qualsiasi connessione di rete per la diffusione di contenuti che ledono la moralità, cultura, tradizioni e costumi del paese. L’operatore del NIG sarà inoltre tenuto a presentare regolarmente alle autorità rapporti sul traffico internet. La Cambogia ha visto un rapido aumento dell’uso di internet negli ultimi anni, ma il governo del premier Hun Sen ha intensificato la repressione del dissenso online. La nuova misura preoccupa gli attivisti, che temono come lo strumento agevoli la sorveglianza di massa, attraverso l’intercettazione e la censura delle comunicazioni digitali e la raccolta di dati personali. [fonte Afp]

Ha collaborato Alessandra Colarizi

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