La Cina ha annunciato che non riconoscerà come documenti di identità validi per l’espatrio i passaporti speciali rilasciati dal governo britannico ai cittadini di Hong Kong nati prima dell’handover. Lo scorso luglio, contestualmente all’introduzione della legge antisedizione, era stato annunciato un nuovo programma di visti per i cittadini britannici d’oltremare (British National Overseas) che permetterebbe potenzialmente a 5 milioni di hongkonghesi di ottenere la cittadinanza e la residenza permanente oltremanica dopo cinque anni. Secondo quanto confermato ieri, mentre il sistema di application diventerà operativo da domenica, 7000 persone sono già state ammesse “a discrezione del governo”. Come spiega la Reuters, l’annuncio di Pechino ha natura simbolica dal momento che i residenti di Hong Kong normalmente non usano i loro passaporti BNO per viaggiare nella Cina continentale. Ma secondo fonti diolomatiche con base nell’ex colonia britannica, [fonte RTHK FT SCMP]
Covid: esperti cinesi mettono in dubbio il “modello Cina”
Nonostante i tassi di crescita invidiabili, il “modello cinese” non è infallibile. Questo il messaggio diramato da alcuni economisti e consulenti del governo cinese. Aver domato l’epidemia in breve tempo ha permesso alla seconda economia mondiale di tornare in terreno positivo mentre i giganti occidentali continuano ad arrancare. Il paragone impietoso ha permesso a Pechino di sfruttare la vittoria per respingere le accuse ricevute nelle prime fasi concitate del contagio e promuovere il proprio sistema di governance all’estero. Ma la strategia adottata se da una parte è servita a sconfiggere il virus dall’altra ha creato distorsioni e profonde diseguaglianze. Secondo Jia Kang, ex direttore del centro di ricerca del ministero delle Finanze, “mentre l’opinione pubblica sottolinea all’unanimità i vantaggi della Cina … non dovremmo attribuire importanza anche agli svantaggi ai quali non si presta attenzione?”. L’esperto fa riferimento soprattutto all’impiego di misure restrittive delle libertà personali efficaci in alcuni contesti deleterie in altri quando applicate senza un minimo di flessibilità. E’ il caso di Tonghua, cittadina recentemente messa recentemente in quarantena totale senza le necessarie scorte alimentari e con medicine insufficienti. Jia condanna il perseguimento dello sviluppo economico a discapito dei diritti umani”. Un vantaggio competitivo nei confronti dei paesi democratici che presenta a sua volta diversi effetti collaterali. E’ d’accordo Zhang Wenhong, esperto di malattie infettive, secondo il quale il ruolo prevaricante dello Stato nella gestione dell’epidemia sul lungo periodo sta penalizzando le aziende private (quelle più produttive) e aggravando il divario economico tra Nord e Sud del paese. Le province settentrionali, le più colpite dall’ultima ondata di contagi, lo scorso anno hanno rappresentato solo il 34,5% del pil nazionale il valore più basso in trent’anni. Le previsioni per il futuro sono piuttosto ottimistiche. Mentre, secondo fonti Reuters, Pechino non fisserà un obiettivo di crescita nemmeno quest’anno, le province cinesi aspirano tutte a espandere il proprio Pil tra il 6 e il 10%.
L’Oms comincia le indagini mentre il virus rovina il Capodanno cinese
Concluse le due settimane di quarantena obbligatoria, gli esperti dell’Oms si apprestano a condurre le prime indagini sul campo per cercare di fare chiarezza sulle prime fasi dell’epidemia. “Il team prevede di visitare ospedali, laboratori e mercati. Le visite sul campo includeranno l’Istituto di virologia di Wuhan, il mercato di Huanan e il laboratorio CDC (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie) di Wuhan “, ha detto l’OMS in un tweet. La buona riuscita delle ricerche dipende interamente dall”accesso alle fonti pertinenti”, ovvero dal supporto del governo cinese. Il direttore dell’agenzia General Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ringraziato il ministro della Salute per la “conversazione franca”. Ma le aspettative sono piuttosto basse. Mercoledì l’addetta stampa di Biden, Jen Psaki, ha chiesto un’indagine internazionale “solida e chiara” e ha espresso “grande preoccupazione” per la “disinformazione” diffusa da “alcune fonti in Cina”. Intanto, nonostante il calo degli ultimi casi, la Cina si appresta a festeggiare mestamente il Capodanno lunare. Negli ultimi giorni, le autorità hanno scoraggiato i grandi spostamenti – che tradizionalmente caratterizzano il lungo periodo festivo- con incentivi economici e nuovi posti di lavoro per i migranti. Mentre è stato fatto il possibile per evitare un ban nazionale, secondo proiezioni ufficiali, grazie alle misure preventive quest’anno verranno effettuati 1,15 miliardi di viaggi, il 20% in meno rispetto al 2020 e il 60% in meno rispetto al 2019.
Intanto, a Hong Kong, dove l’infezione ha ricominciato a propagarsi, il governo sta portando avanti una propria strategia di testing che prevede raid e chiusura improvvisa di interi blocchi residenziali per impedire alla popolazione locale di sfuggire ai controlli medici. Il basso livello di positività riscontrata, tuttavia, ha causato non poche polemiche, soprattutto considerato il disagio provocato dalla quarantena in quartieri densamente popolati con spazi abitativi ristrettissimi. [fonte Reuters, NYT, HKFP]
Pechino ha pronta una nuova legge per il controllo di internet
L’occhio vigile della sorveglianza cinese estende il suo sguardo tramite un nuovo aggiornamento della legislazione sul controllo dei servizi di informazione online, che amplia le attività soggete al controllo statale e chiarisce le responsabilità dei fornitori di servizi digitali. La Cyberspace Administration of China ha pubblicato la proposta di aggiornamento a inizio mese, dichiarando necessario “garantire il corretto e sano sviluppo dei servizi di informazione online” e “mantenere la sicurezza nazionale nell’interesse pubblico”. La bozza contiente 54 articoli e indica per la prima volta che cosa si intende per informazione online; motori di ricerca, messaggeria istantanea, siti web e pagamenti online rientreranno tutti tra le attività sotto la giurisdizione del governo di Pechino. Il nuovo regolamento include clausole specifiche rivolte a contrastare forme di frode online quali furto di identità e vendita di account, e prevede sanzioni fino a 1 milione di yuan per i trasgressori. Tra le attività vietate, anche la diffusione di notizie false, con una estensione del concetto di “informazione dannosa”. Secondo la Regulation of Internet Information Service, è proibita ogni tipo di informazione che possa danneggiare la sicurezza nazionale, che riveli segreti di stato o che incoraggi sovversione contro il potere statale. A queste, si aggiunge ora il divieto di informazioni online che possano perturbare l’ordine del mercato finanziario, nonché notizie false su disastri, epidemie, emergenze e sicurezza alimentare. Dalla bozza arrivano anche precisazioni circa i poteri del governo centrale rispetto ai contenuti diffusi online. L’articolo 3 prevede per esempio che il governo abbia il potere di “monitorare, prevenire o rimuovere attività criminali online che possono mettere a rischio l’ordine dello cyberspace cinese”. Questo si applica anche a servizi creati per cittadini cinesi che fanno uso di server stranieri, e coinvolgono misure tecniche per rafforzare il blocco di informazioni provenienti dall’estero. Inoltre, i gestori di app e altri servizi di informazione digitale saranno ritenuti responsabili delle trasgressioni al pari dei singoli individui, cosa per altro recentemente dimostrata dal caso di Byte Dance, sanzionata per la diffusione di materiale pornografico da parte di alcuni utenti di Tik Tok. Le piattaforme di contenuti e informazioni online dovranno infatti operare previa autorizzazione governativa. E, secondo quanto riportato da Nikkei Asian Review, in caso di violazione delle nuove norme potrebbero essere inserite in una lista nera da parte delle autorità, rischiando così il divieto di pubblicare e diffondere informazioni online fino ad un massimo di tre anni. Prerogativa di Pechino sembra dunque essere il mantenimento della stabilità interna, sia sociale che economica, tramite il controllo delle informazioni diffuse su Internet e una rinnovata stretta ideologica del crescente potere delle big tech cinesi. La bozza rimarrà soggetta a revisione da parte di un gruppo di esperti fino al 7 febbraio, e verrà implementata nei prossimi mesi. [fonte scmp NIKKEI ASIAN REVIEW]
Corruzione nel manifatturiero cinese
Un’inchiesta condotta dal South China Morning Post ha fatto luce su una fitta rete di corruzione nell’ambito degli audit negli stabilimenti manifatturieri cinesi. Secondo l’indagine, un crescente manipolo di consulenti aiuterebbe le imprese non in linea con gli standard di sicurezza del prodotto e diritti dei lavoratori a superare i controlli richiesti dagli acquirenti, sfruttando conoscenze personali (le cosiddette guanxi, 关系) e falsificando documenti quando necessario.Il business dei consulenti opera da tramite tra le fabbriche, sempre in corsa per soddisfare la domanda di prodotti a basso costo da parte di clienti occidentali, e gli ispettori responsabili dei controlli. Secondo quanto scoperto, i servizi offerti dalle compagnie di consulenza includono la preparazione dei dipendenti all’ispezione, la falsificazione di documenti per dimostrare il corretto pagamento degli straordinari, ma anche la forgiatura di contratti e documenti di identità per lavoratori minorenni. Sono stati riportati anche casi estremi in cui i consulenti hanno organizzato delle visite false, mostrando delle fabbriche di facciata che fossero conformi agli standard. Come riferito da un consulente di Shanghai ad un membro del scmp in incognito durante l’indagine: “Se terrete fuori i piantagrane nel giorno dell’ispezione e farete in modo che i dipendenti seguano le nostre direttive su come rispondere, possiamo garantire che passerete”.L’inchiesta ha inoltre rivelato la diffusa corruzione tra gli ispettori, destinatari di tangenti ricevute in forma di hongbao, la classica busta rossa cinese. Diversi esperti del settore descrivono la situazione come “un segreto allo scoperto”, rendendo quindi difficile quantificare l’estensione di tale pratica. Alcuni hanno riportato che molte imprese sono riuscite a passare l’ispezione grazie al “grande potere del nonno Mao”, un riferimento all’immagine di Mao Zedong presente sulle banconote cinesi. Un informatore anonimo ha documentato che delle 5000 ispezioni condotte in Cina lo scorso anno, più del 90% delle fabbriche coinvolte non sono state trasparenti nella loro documentazione. Secondo la China Labour Bullettin, i lavoratori in Cina che effettuano più di 40 ore di lavoro hanno diritto agli straordinari su tariffe fisse per un massimo di tre ore al giorno, oltre che a pensione e copertura sanitaria. Tuttavia, il sistema di insabbiamento e falsificazione alimentato dalle compagnie di consulenza denunciato dall’indagine dimostra come sia spesso difficile identificare situazioni di sfruttamento e infrazione. [fonte SCMP]
La crescita di Taiwan batte quella cinese per la prima volta in 30 anni
Nel 2020, il prodotto interno lordo di Taiwan è cresciuto del 2,98%, più del 2,3% messo a segno dalla Cina. Il ritmo impressionante delle due economie asiatiche si inserisce in un contesto globale di generale rallentamento a causa della pandemia da coronavirus. Il continente Nell’ultimo trimestre il Pil taiwanese si è espanso a un ritmo del 4,94% la sua migliore cifra trimestrale in quasi un decennio. Tuttavia, la superiorità di Taiwan sulla Cina continentale avrà breve durata. Il governo di Taipei prevede un’espansione del 3,83% nel 2021, mentre il pronostico del Fondo monetario internazionale vede la Cine crescere dell’8,1%[fonte NIKKEI]
Ha collaborato Lucrezia Goldrin
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.