L’economia post Covid sarà trainata dal Far East

In Asia Orientale, Economia, Politica e Società by Redazione

La pandemia ha colpito nel 2020 l’intera economia mondiale. Ogni regione è entrata in recessione, con un deciso calo del prodotto interno lordo e di altri indicatori macroeconomici. Tuttavia, molti Paesi asiatici sono riusciti a contrastare l’emergenza sanitaria e hanno rilanciato la crescita dal terzo trimestre dell’anno, anche se a velocità differenti.

In base alle stime del FMI, l’economia regionale in Asia dovrebbe registrare un calo del 2,2% nel 2020, per poi recuperare del 6,9% nel 2021. Asian Development Bank (ADB) evidenzia diverse tendenze all’interno della regione: l’Asia orientale continuerà a crescere nel 2020 (1,3%) e nel 2021 (7%), mentre il PIL in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico scenderà rispettivamente del 6,8% e del 3,8%, per rimbalzare nel 2021 (7,1% e 5,5% rispettivamente).

A livello globale il FMI si attende una perdita del PIL pari al 4,4% nel 2020, seguita da una crescita più moderata del 5,2% nel 2021. Una tendenza simile viene evidenziata anche dall’OCSE, che nel suo ultimo outlook stima un calo dell’economia globale del 4,2% nel 2020, seguito da una progressione del 4.2% nel 2021.

Hanoi e Pechino saranno in Asia le uniche economie in crescita nel biennio 2020-2021 e l’FMI prevede che le migliori performance 2021 saranno di India (+8,8%), Cina (+8,2%), Malesia (+7,8%) e Filippine (+7,4%).

Cina

A differenza di molti altri Paesi, che stanno ancora affrontando le seconde ondate della pandemia, la ripresa in Cina è stata relativamente rapida. Pechino ha applicato rigide misure di controllo e prevenzione e supportato la crescita economica con centinaia di miliardi di dollari per progetti infrastrutturali. Il governo ha implementato una serie di misure finalizzate ad incrementare la spesa pubblica, fornire sgravi fiscali e tassi di interesse ridotti sui prestiti, per rilanciare l’economia e sostenere l’occupazione. In base alle stime dell’FMI, la Cina crescerà nel 2020 ad un tasso del 1,9%, dopo l’incremento del PIL pari al 6,1% registrato nel 2019. Nel 2021 la crescita dovrebbe raggiungere l’8,2% secondo il Fondo Monetario Internazionale mentre ADB e OSCE stimano un tasso di crescita tra 7,7% e 8%. Nel mese di novembre, il Manufacturing Purchasing Managers Index (PMI) ha registrato un valore di 52,1%, evidenziando un’accelerazione nella ripresa del settore manifatturiero cinese, dopo il rallentamento subito nella prima metà dell’anno. Nello stesso periodo la Cina ha firmato l’accordo RCEP con altri 14 paesi, pari a circa il 30% della popolazione mondiale (2,2 miliardi di persone) e il 30% del PIL globale (26 mila miliardi di dollari), rendendolo il più grande accordo di libero scambio finora siglato.

Corea del Sud

In base alle proiezioni economiche dell’FMI, il PIL della Corea del Sud dovrebbe contrarsi dell’1,9% nel 2020, dopo aver registrato una crescita del 2,0% nel 2019. Seul ha implementato misure che hanno riversato oltre 12 miliardi di dollari (circa lo 0,7% del PIL) nell’economia, a vantaggio di cittadini e imprese. Inoltre, all’inizio di novembre, il Paese ha annunciato un ulteriore round di stimoli, iniettando ulteriori 6,5 miliardi di dollari. Il PIL sud-coreano è previsto cresca del 2,9% nel 2021 in base alle previsioni dell’FMI, mentre ADB si attende un 3,3%. Le esportazioni dovrebbero crescere con la ripresa dell’economia globale, anche grazie ad un allentamento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Giappone

Lo shock causato dalla pandemia all’inizio del 2020 ha innescato una decisa contrazione del PIL nazionale, che dovrebbe diminuire di circa il 5,3% quest’anno, rispetto alla crescita dello 0,7% registrata nel 2019. La crisi sanitaria ha frenato la domanda interna e rinviato nuovi investimenti. Con la progressiva rimozione delle restrizioni nel breve termine, si prevede una ripresa dei consumi, sostenuta da sussidi e incentivi statali. L’incremento nella domanda esterna in seguito al miglioramento delle condizioni nei Paesi partner sosterrà la crescita delle esportazioni, con stime di crescita del PIL del 2,3% nel 2021.

Indonesia

L’economia indonesiana si contrarrà nel 2020, colpita da shock sia dal lato dell’offerta che della domanda, e per la prima volta dopo la crisi finanziaria asiatica del 1997. In particolare, durante la prima metà dell’anno, si è assistito ad un significativo declino nei consumi, dovuto al taglio della spesa da parte delle famiglie, oltre che il rinvio degli investimenti non prioritari. Inoltre, il governo ha dirottato la spesa pubblica in risposta alla pandemia. Il PIL diminuirà dell’1,5% nel 2020 dal 5,0% nel 2019. Tuttavia, il progressivo attenuamento delle misure di contenimento e l’incremento della domanda interna dovrebbero sostenere la ripresa economica nel 2021, con PIL al 6,1% secondo il FMI, e al 5,3% secondo ADB.

Singapore

Il PIL della città-stato è atteso in contrazione del 6% nel 2020, in seguito alla crescita del 0,7% registrato nel 2019. Il FMI stima che la crescita economica dovrebbe riprendere nel 2021, con un incremento atteso del PIL pari al 4.5%-5.0% in base alle stime ADB e FMI. Singapore è tra i firmatari del RCEP, e questo potrebbe fornire un ulteriore impulso agli investimenti stranieri.

Vietnam

Il Vietnam è tra i pochi Paesi per cui il FMI prevede una crescita del PIL nel 2020, grazie all’efficace contenimento della pandemia e al tempestivo sostegno alle imprese e agli individui. Secondo le ultime stime, il PIL del Vietnam dovrebbe crescere tra il 1,6% e l’1,8% nel 2020, in base al FMI e ADB, dopo l’ottima performance del 2019, quando il Paese aveva registrato una crescita del 7%.

Nel corso dell’anno il Vietnam ha anche ratificato l’accordo di libero scambio con l’UE, che potrebbe rilanciare il commercio e gli investimenti nei prossimi anni, e siglato l’accordo RCEP nella regione dell’Asia – Pacifico.

Nel 2021, l’FMI prevede un tasso di crescita del PIL del 6,7%: a causa della guerra commerciale in corso tra Cina e Stati Uniti, il Vietnam è considerato un hub di produzione alternativo per i gruppi multinazionali che delocalizzano produzione e supply chain in Asia.

di Lorenzo Riccardi*

*Lorenzo Riccardi insegna presso Shanghai Jiaotong University ed è managing partner di RsA Asia (rsa-tax.com). Vive in Cina da 15 anni dove segue gli investimenti esteri nel Far East e ha ricoperto ruoli nella governance dei piu grandi gruppi industriali italiani. A gennaio 2020 ha completato un progetto di viaggio in ogni paese del mondo raccogliendo trend e dati economici da Shanghai, in ogni regione, lungo le nuove vie della seta (200-economies.com).