Sono le risorse naturali e le rotte commerciali che si apriranno nei prossimi decenni nell’estremo Nord ad attirare i responsabili della politica estera di Tokyo. Si stima, ricorda l’Asahi Shimbun, secondo quotidiano giapponese, che in Artide sia conservato (anche se non è confermato) un quarto delle riserve di petrolio e gas naturale del mondo.
D’altra parte, l’inesorabile scioglimento dei ghiacci che bordano la costa russa sta aprendo una rotta marittima tra Asia orientale ed Europa potenzialmente più breve del 40 per cento rispetto all’attuale via che attraversa il Canale di Suez.
La strategia giapponese per la regione artica sarà più chiara tra qualche mese. A ottobre tra Berlino e l’Islanda si terranno due conferenze internazionali sull’Artide a cui si attende la partecipazione di funzionari e ministri giapponesi. A Reykjavík sarà presente anche il ministro degli Esteri nipponico Taro Kono.
Il Giappone non è affacciato sul Mar Glaciale Artico, ma da anni ha numerosi progetti di ricerca e cooperazione nell’area. Dal 1990, anno della sua fondazione, è membro del Comitato scientifico internazionale sull’Artide e negli ultimi tre decenni si è dotata di istituti di ricerca specializzati.
Dai primi degli anni ’90, alcune fondazioni private giapponesi in collaborazione con enti norvegesi e russi hanno promosso progetti di ricerca circa la fattibilità di nuove rotte commericali.
L’interesse si fa più forte alla fine degli anni 2000. Nel 2009, il governo di Tokyo fa domanda per un posto da osservatore nel Consiglio artico, il forum dei Paesi affacciati sul Mar glaciale artico, ottenendola quattro anni dopo.
Tra il 2011 e il 2015, il ministero dell’Educazione, della Scienza, dello Sport e della Tecnologia (Mext) ottiene finanziamenti dal governo centrale per un programma di ricerca sui cambiamenti climatici. È proprio nel 2015 che il governo stila la sua prima comprensiva politica sull’Artide.
Uno dei punti della strategia giapponese in Artide, ha ricordato durante una conferenza organizzata dal Brookings Institute a ottobre 2015 Kazuko Shiraishi, ambasciatrice plenipotenziaria per gli affari artici di Tokyo, è lo studio dei cambiamenti climatici e del loro impatto sulle società umane.
Ma non è tutto. Ad un Paese in costante bisogno di fonti energetiche, le materie prime presenti sui fondali del Mar Glaciale Artico, fanno particolarmente gola.
Per il momento però, ha spiegato Shiraishi, in un’altra intervista al magazine online The Diplomat, l’interesse delle aziende giapponesi nelle risorse naturali del Mar glaciale artico non è ancora sviluppato. Ma la percezione potrebbe presto cambiare. Non si tratta solo di sfruttamento di risorse naturali: Tokyo può fornire tecnologia e know-how ai Paesi coinvolti nella corsa all’Artide.
Al momento è la Russia a fare la parte del leone sul Mar Glaciale Artico. Soprattutto per quanto riguarda l’estrazione di gas naturale. Questo è estratto nella zona economica esclusiva di Mosca e può essere portato ai porti per lo scarico esclusivamente da navi registrate in Russia. Allo sfruttamento economico già avviato va aggiunta la massiccia presenza militare: sono 545 i luoghi affacciati sul Mar Glaciale Artico in cui sono installate strutture militari russe.
È stata però la Cina, che ha inserito l’Artide nel suo grande progetto di costituire una Nuova via della seta marittima e terrestre per collegare l’Asia all’Europa, ad aver aperto una via tra i ghiacci fuori dalla zona economica esclusiva russa.
Ed è proprio in questo dualismo che si cela il terzo e fondamentale punto della strategia artica di Tokyo, ovvero l’ergersi ad “arbitro” della competizione sino-russa nella regione. Secondo una dichiarazione di un anonimo ufficiale governativo giapponese riportata ancora dall’Asahi, al prossimo summit di Reykjavík del prossimo autunno, Kono chiederà ai Paesi coinvolti nel summit di “evitare frizioni” per non trasformare la regione artica in un teatro di scontri.
Lo aveva già ricordato durante una conferenza organizzata dal Brookings Institute a ottobre 2015 la stessa Shiraishi: l’obiettivo giapponese è costruire un sistema di regole affidabile, fondato sulle convenzioni internazionali (come quella sul diritto del mare delle Nazioni Unite), che faccia da sostegno alla cooperazione internazionale nell’area.
Non esiste infatti, al momento, un trattato sull’uso pacifico delle risorse del Mar Glaciale Artico, a differenza di quanto invece è stato fatto per l’Antartide già alla fine degli anni ’50 del secolo scorso.
di Marco Zappa
[Pubblicato su Eastwest]