Obiettivo «moderata prosperità» nel 2035, con Xi Jinping ancora al comando.
È quanto si può intuire dai comunicati ufficiali che hanno annunciato la fine della tre giorni di riunione del quinto Plenum del partito comunista cinese. Tutto già annunciato dai documenti e dai discorsi di Xi Jinping precedenti all’avvio dei lavori e confermato, a quanto pare, dalla tre giorni di incontri.
Un primo dato è quello che manca: non sembra che sia stata effettuata alcuna nomina di rilievo, specie quella della vice commissione militare, anticamera dei numeri uno (solitamente i futuri leader vengono sistemati in quella posizione con anticipo, a indicare quale sarà la strada che percorrerà la leadership): significa che Xi Jinping vuole arrivare al 2035 se non ancora da numero uno quanto meno come burattinaio di una eventuale nuova figura (che per altro al momento non si intravede).
Si tratta davvero di una grande novità per la Cina: Xi è in carica dal 2013, in soli sette anni ha accumulato più potere di qualunque leader lo abbia preceduto, ha rimescolato le carte all’interno del partito trainando con sé un gruppetto di fedelissimi che ha raccolto nel corso della sua carriera, ha eliminato il limite a due mandati come deciso nel 1982 da Deng Xiaoping, ha effettuato una campagna anti corruzione, che periodicamente torna a farsi sentire, con la quale ha guadagnato molto seguito popolare e ha eliminato potenziali rivali.
A questo proposito è bene ricordare alcune cose accadute prima del Plenum, come ad esempio il recente arresto di Dong Hong, membro della Commissione anti corruzione e sodale di Wang Qishan, capo della Commissione, e uomo considerato il braccio destro di Xi.
Secondo gli osservatori degli eventi cinesi saremmo in presenza di una nuova ondata di arresti che punterebbe a fare fuori gli ultimi principini rimasti al fianco del numero uno. Tornando al Plenum, quanto al resto, tutto confermato: il piano quinquennale arriva fino al 2025 ma guarda inesorabilmente al 2035, data a metà tra 2021, anniversario dei cento anni del partito comunista e 2049, anniversario dei 100 anni di Repubblica popolare.
Numeri non casuali, con la Cina alla ricerca di una moderata prosperità che dovrà essere guidata da consumi interni (il mercato interno – si legge nel comunicato ufficiale – diventerà più forte, la struttura economica sarà ulteriormente migliorata e la capacità di innovazione sarà notevolmente rafforzata), nuova spinta tecnologica e «green» (Pechino ha già annunciato di voler arrivare alle zero emissioni entro il 2060, un obiettivo decisamente ambizioso).
Il Plenum celebra dunque la «doppia circolazione» di cui si è tanto parlato nei giorni che lo hanno preceduto e prova a tranquillizzare investitori e paesi stranieri: non si tratterà di una chiusura, fanno intuire i funzionari del Pcc, quanto invece una volontà a ricevere investimenti stranieri importanti nei settori trainanti dell’economia. Sperando che la classe media continui a trainare il mercato e la leadership.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.