In Cina e Asia – Covid: i paperoni cinesi guadagnano 1,5 mila miliardi di dollari

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

Ben 1,5 mila miliardi di dollari. E’ quanto guadagnato dai super ricchi cinesi nel 2020 grazie a Covid-19, secondo la lista stilata da Hurun. Dopo il calo degli ultimi due anni, il numero dei paperoni cinesi è tornato a salire. Sono 257 i cinesi accolti nel club dei miliardari, un incremento che porta il numero totale a quota 878 contro i 626 registrati negli Stati Uniti lo scorso febbraio. Le ricchezze accumulate – soprattutto grazie all’espansione dell’e-commerce e del gaming – rappresentano una crescita superiore a quanto incassato complessivamente nei trascorsi cinque anni. La classifica vede di nuovo in testa Jack Ma. Le ricchezze del fondatore di Alibaba sono cresciute del 45 percento a 58,8 miliardi di dollari. La minaccia di un ban americano non sembra aver compromesso gli affari di Pony Ma, il papà di Tencent, la casa madre di WeChat, che con 57,4 miliardi di dollari si classifica al secondo posto seguito da Zhong Shanshan, proprietario del colosso del beverage Nongfu (53,7 miliardi ). [fonte AFP]

Botte da orbi tra funzionari cinesi e taiwanesi alle Fiji

È stata resa pubblica solo nelle ultime ore la rissa tra due funzionari cinesi e un diplomatico taiwanese avvenuta in occasione di un ricevimento al Grand Pacific Hotel della capitale Suva. Sembra che all’incontro, avvenuto in occasione della festa nazionale di Taiwan l’8 ottobre scorso, i due funzionari cinesi abbiano iniziato a fotografare gli ospiti. Questo atteggiamento non è stato gradito dagli organizzatori dell’evento, che avrebbero invitato i due uomini ad allontanarsi scatenando una lite  finita con il ricovero del funzionario taiwanese. Ancora poco chiara la dinamica della collusione, che sarebbe avvenuta in un’area pubblica “fuori dalla sede dell’incontro ufficiale”. Al momento entrambe le parti hanno chiesto delle indagini approfondite sull’accaduto, anche perché non mancano accuse incrociate su chi abbia agito per primo. La scaramuccia ha infiammato l’opinione pubblica nei due paesi, dove già sono accese le tensioni scatenate dalla crescente aggressività della diplomazia cinese e dalla maggiore visibilità mediatica di Taiwan come protetta del governo USA. [Fonte: Hong Kong Free Press, Reuters]

 

Thailandia: stretta su organi di stampa e social network

Lunedì i manifestanti thailandesi hanno ribadito le tre richieste principali del movimento pro-democrazia: le dimissioni del primo ministro e del governo, la modifica della Costituzione secondo la volontà popolare e la riforma della monarchia. Il Nikkei Asia sta tenendo una cronistoria degli eventi salienti delle ultime sei giornate di protesta che sfidano i divieti di giovedì introdotti (in via teorica) contro la diffusione del Covid-19. Sempre più forte la stretta su organi di stampa e social network, dopo che la polizia ha aperto un’indagine sui quattro principali organi di stampa nazionali con l’accusa di diffondere fake news e causare “distorsioni nella società”. La proposta di “gestione” dei media punta a regolamentare le trasmissioni della televisione nazionale ed è stata subito condannata anche dai corrispondenti stranieri nel paese come una misura di “abuso del concetto di sicurezza nazionale su temi che mettono il governo a disagio”. Nel frattempo, in serata, il ministero dell’economia e della società digitale avrebbe ordinato il blocco di Telegram, la famosa app di messaggistica che sarebbe diventata lo strumento principale per organizzare i raduni. Alle nove di ieri sera i manifestanti hanno lanciato l’ultima richiesta di confronto col governo, la rimozione dello stato di emergenza e il rilascio degli attivisti detenuti senza alcun procedimento legale. Stando alle parole dell’organizzatore della protesta “The People” il governo ha 24 ore per rispondere alle richieste, minacciando “nuove sorprese” se le proteste continueranno a non avere riscontri oltre la risposta della polizia.[Fonte: Nikkei]

Giappone e Vietnam firmano trattato su scambi commerciali e difesa

Il Vietnam è la prima tappa del tour asiatico del neoeletto premier Yoshihide Suga. Il primo ministro giapponese ha discusso con la controparte Nguyen Xuan Phuc sulle riaperture dei confini tra i due paesi, accelerando la piena ripresa degli scambi commerciali e l’accesso ai cittadini dopo le chiusure provocate dalla pandemia. L’economia è la priorità principale nella missione diplomatica di Suga, con grande interesse di Hanoi nell’espandere le proprie possibilità già amplificate dal trattato di libero scambio con l’Unione Europea. A questo si aggiunge l’accordo sulla difesa, che permetterà a Tokyo di esportare in Vietnam armi e tecnologie avanzate di sorveglianza. Questo tipo di trattative sono in corso anche con i governi di Indonesia e Thailandia, dopo che il Giappone ha fatto decadere la legge che vietava le esportazioni di armi nel 2014 e crescono le tensioni nel Mar Cinese Meridionale. Secondo Suga queste iniziative servono anche a diversificare le catene di approvvigionamento dopo che la pandemia ha messo in discussione la dipendenza dell’economia giapponese dalla Cina. I due ministri hanno dato previsioni positive anche sugli investimenti in Vietnam e sulla crescita economica dei prossimi mesi. Oggi Suga partirà invece alla volta dell’Indonesia, proseguendo il suo primo viaggio all’estero per – ha dichiarato – “mostrare alla nostra nazione e al mondo che il Giappone svolgerà un ruolo di primo piano nella pace e nella prosperità della regione”. Il confronto con Pechino rimane quindi moderato, ma aumentano le pressioni per una risposta coordinata alle pressioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale. [Fonte: SCMP, Straits Times]

Myanmar: gruppo armato conferma il rapimento di tre candidati alle elezioni

Un gruppo di militanti dell’Arakan Army ha confermato di aver preso in ostaggio tre candidati del partito di Aung San Suu Kyi, il National League of Democracy (NLD). Il gruppo, che milita da anni per sostenere l’indipendenza dell’etnia Rakhine, accusa il partito di “collaborare e coprire i crimini di guerra commessi dall’esercito del Myanmar”. Le elezioni in Myanmar si terranno l’8 novembre e si prevede che il NLD tornerà al potere. In un contesto di scarsa tutela degli elettori e forti pressioni dalle diverse fazioni militanti, non sono pochi i gruppi etnici che potrebbero trovarsi completamente privati dei diritti civili, primi tra tutti i Rohingya. Le preoccupazioni per la sicurezza delle elezioni potrebbero far annullare il voto in alcune parti del paese, compreso il Rakhine e rischiano di riaccendere i conflitti e la violenza politica tra gruppi antagonisti.[Fonte: the ASEAN post]

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