Tsai Chen Chu

Taiwan, Tsai nel mirino dell’opposizione. Il caso della nomina di Chen Chu

In Asia Orientale, Economia, Politica e Società by Lorenzo Lamperti

Chi segue la politica interna taiwanese sa che non ci sono solo i colori e le canzoni della campagna elettorale, ma anche occupazioni e scazzottate parlamentari. Una di queste è accaduta martedì mattina, all’ingresso dello Yuan legislativo (il parlamento monocamerale di Taipei), con i membri del Kuomintang (il partito nazionalista cinese di minoranza) che cercava di prendere possesso dell’edificio per impedire il discorso di Chen Chu, designata presidente dello Yuan di controllo, uno dei cinque rami del governo. E un gruppo di loro ci è riuscito, esponendo dei cartelli con la scritta “no al clientelismo“, impedendo di fatto lo svolgersi dei lavori. Chen non ha parlato di fronte ai parlamentari, mentre sono attese nuove tensioni nei prossimi giorni con il voto di conferma in calendario per venerdì.

Andiamo con ordine. Lo Yuan di controllo è una sorta di agenzia di sorveglianza politico: il suo compito è quello, appunto, di controllare l’operato degli uffici governativi centrali e locali e funzionari pubblici. Ha il potere, qualora le sue indagini portassero a prove sostanziali, di avviare la procedura di impeachment per le cariche politiche, compresi presidente e vice presidente. Spesso la si paragona a una sorta di corte dei conti, ma la differenza è che lo Yuan di controllo è molto più all’interno della dimensione politica. Quasi un unicum, eredità di Sun Yat-sen, padre fondatore della Repubblica di Cina e teorico della separazione dei poteri “con caratteristiche cinesi”.

Lo Yuan di controllo ha 29 membri che vengono eletti ogni sei anni dal presidente salvo approvazione parlamentare. A fine giugno, Tsai Ing-wen ha reso nota la sua lista, visto l’attuale composizione dell’organo governativo va in scadenza il 31 luglio. E come guida dello Yuan di controllo Tsai ha scelto Chen Chu. Si tratta di una figura politicamente di spicco nello scenario taiwanese.

Attivista e dissidente durante l’era del Kmt partito unico e della legge marziale, nel 1979 venne arrestata durante il cosiddetto “incidente di Kaohsiung“, vale a dire la repressione delle proteste in corso nella seconda città dell’isola. Chen trascorse sei anni in carcere, prima di cominciare una carriera politica che l’ha portata a essere il sindaco della stessa città (divenuta nel frattempo un feudo del Democratic Progressive Party prima che Han Kuo-yu, candidato presidente sconfitto a gennaio da Tsai, diventasse il suo successore fino al mese scorso, quando un voto popolare lo ha rimosso dall’incarico) per tre mandati consecutivi tra il 2006 e il 2018, in un crescendo di consensi: dal 49,41% del 2006, quando vinse per poco più di mille voti, fino al 68% del 2014. In mezzo, l’organizzazione della visita del Dalai Lama a Taiwan del 2009 (rimasta finora l’ultima) e dei World Games di Kaohsiung, sempre nello stesso anno.

Ma perché il Kmt ce l’ha tanto con Chen? Il partito di opposizione sostiene che Chen e la sua amministrazione di Kaohsiung siano stati accusati più volte dallo stesso di Yuan di controllo per la gestione dei fondi elargiti come aiuto alla ripartenza dopo la serie di esplosioni di gas che colpirono la città il 31 luglio 2014 provocando 32 morti e 321 feriti. L’ufficio di Chen replica che tutto è stato chiarito e che l’ex sindaca non ha mai ricevuto accuse formali. In effetti, nessuno dei procedimenti aperti dall’allora Yuan di controllo si è concluso in tal modo, ma il Kmt sostiene che ci siano nuovi elementi del coinvolgimento di Chen che proverebbero spese inappropriate di quei fondi da parte della sua amministrazione di allora.

C’è poi una valutazione più politica. Chen viene ritenuta una figura troppo caratterizzata, per la sua lunga militanza nel Dpp e per la sua vicinanza alla presidente Tsai. Effettivamente, gli ultimi due presidenti dello Yuan di controllo (dopo una fase di stallo e col posto vacante durata tra il 2005 e il 2008) erano figure meno connotate con uno dei due partiti principali. Wang Chien-shien, nominato dall’ex presidente Kmt Ma Ying-jeou nel 2008, aveva alle spalle l’incarico di ministro delle Finanze tra il 1990 e il 1992 e un’elezione a sindaco di Taipei (candidato per il suo New Party) persa proprio contro lo stesso Ma nel 1998. Dopo di lui, sempre Ma nominò nel 2014 Chang Po-ya, fondatrice del Non-Partisan Solidarity Union e ministro della Sanità tra il 1990 e il 1997.

Da aggiungere al tutto, il fatto che da tempo i principali partiti sostengano che lo Yuan di controllo vada abolito, insieme al suo “fratello” Yuan d’esame. Per ora solo a parole, non nei fatti. Le forze politiche (per ora) minori, come il Taiwan’s People Party del sindaco di Taipei Ko Wen-je, sono particolarmente agguerrite sul tema, anche per gli alti stipendi elargiti ai suoi membri, che spesso diventano controllori di uffici o funzionari a loro politicamente vicini.

[Pubblicato su Affaritaliani]