Se passeggiassimo per le strade cinesi e chiedessimo a dei ragazzi se conoscono una app chiamata Shein, la risposta non potrebbe che essere una faccia tra il perplesso ed l’interrogativo. Eppure Shein è una delle shopping app più in voga del momento in Occidente. Perché quindi sorprende che sia sconosciuta in Cina? Perché l’app è cinese.
Considerata come outsider nel settore del fast fashion online retail, il portale in questione non vende affatto all’interno dei confini della Repubblica Popolare. Il suo target di pubblico sono infatti quei paesi occidentali, Stati Uniti in testa, dove sta attualmente riscuotendo un successo incredibile. Nata nel 2008 a Nanchino, l’app vanta incassi per quasi $3 miliardi. Come suggerisce il nome Shein (She-in) si concentra prevalentemente su un pubblico femminile. Con prodotti che vanno dai 20 dollari vino ed accessori a 5 dollari, in un periodo di crisi, questo portale sta riscuotendo il favore dei consumatori. Ultimamente l’app ha allargato anche l’offerta ha prodotti di moda maschile, accessori per lo smartphone quali auricolari e altri gadget elettronici.
Nonostante l’app sia estremamente popolare in mercati quali Stati Uniti, Francia, Spagna o Regno Unito, questa ha allargato gli orizzonti ad altre aree di mondo come il Medio Oriente, senza contare che secondo BrandZ, l’app siede al posto 14 tra le 50 top Chinese global brand.
Il successo di Shein deriva in parte da un sapiente utilizzo degli influencer nelle campagne di marketing sui social media. Tramite la pubblicazione di annunci mirati, il principale account Instagram di Shein ha attirato oltre 11 milioni di follower da diversi paesi. A maggio, Shein ha tenuto anche una raccolta fondi online per aiutare concretamente chi colpito dalla pandemia. L’evento chiamato “Shein Together”, ha visto protagonisti molti artisti tra cui Katy Perry e Rita Ora.
Ed in patria? Nel paese più connesso al mondo, Shein non ha una così grande presenza online. Su Weibo, ad esempio, Shein gestisce solo un account, ed è quasi esclusivamente per il reclutamento di fornitori. Stesso dicasi per WeChat. Sebbene l’app abbia circa una una dozzina di account, quasi tutti si concentrano su fornitori e partner logistici. In poche parole, i social occidentali funzionano da “vetrina” per Shein, mentre quelli cinesi da “calamita” per fornitori e possibili produttori che cerchino una esposizione al di fuori della Repubblica Popolare.
La presenza di Shein non si limita al solo mondo digitale. Shein ha infatti lanciato un negozio pop-up a Parigi lo scorso anno, dove ha invitato numerosi blogger e giornalisti di moda a partecipare. La mossa ha sicuramente generato la curiosità degli utenti. In un certo senso Shein sta adottando la stessa strategia di Xiaomi e di molte altre start-up cinesi. Non aprire, e gestire, immediatamente uno store fisico, bensì puntare in un primo momento su una forte presenza online e solo successivamente, espandersi sulla vendita al dettaglio nei brick and mortar stores.In questo modo non solo Shein p in grado di contenere i costi, ma di competere anche con le grandi catene di vendita al dettaglio come H&M.
Nonostante le perplessità suscitate da utenti – i prezzi troppo economici sono indice di poca qualità? – e KOL, i giovani, soprattutto la GenZ, sono pronti a scommettere sull’app e fare shopping tramite i suoi canali. Tuttavia molte le sfide per l’astro nascente dell’apparel cinese. In primis proprio la sua “origine cinese”. Il crescente sentimento anti-Cina, in particolare in India, amplificato dalle tensioni USA-Cina e dalla pandemia di Covid-19, probabilmente metterà a dura prova l’ulteriore espansione della società nel mercato globale. L’app è stata iscritta tra le 59 applicazioni cinesi vietate dal governo indiano per motivi di sicurezza nazionale. Una scelta estrema che potrebbe essere sicuramente difficile da applicare anche in Occidente, ma che pone Shein ad un bivio: considerare attentamente come posizionare il proprio marchio in questi tempi delicati.
Di Cifnews*
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