La Cina si farà promotrice di una “revisione completa della risposta globale a Covid-19″ ma solo quando l’epidemia sarà sotto controllo …”. Lo ha affermato ieri il presidente Xi Jinping nel corso di un inatteso discorso tenuto in apertura all’Assemblea mondiale della sanità, quest’anno organizzata online a causa del virus. Il leader cinese ha precisato che l’indagine dovrà essere “condotta in maniera obiettiva e imparziale”, chiaro riferimento alla campagna lanciata da Washington per screditare la risposta di Pechino alla pandemia. Campagna che ha travolto anche l’Oms, accusato di aver sottovalutato la crisi per compiacere il gigante asiatico, sempre più influente all’interno delle agenzie internazionali anche grazie al disimpegno americano. Xi ha quindi aggiunto che la Cina stanzierà 2 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi due anni per contribuire alla lotta globale contro covid-19. Una menzione speciale è stata dedicata ai paesi emergenti e in particolare all’Africa, tassello fondamentale del progetto nuova via della seta. Le difficoltà riscontrate dal continente nel fronteggiare il virus si sommano all’instabilità finanziaria causata dai prestiti cinesi, da tempo motivo di critiche internazionali. La proposta di Xi Jinping risponde alla risoluzione promossa da Australia e Unione Europea – con l’appoggio di oltre 100 paesi (Russia compresa) – a favore di un’inchiesta “indipendente e scientifica” sull’origine del virus “il prima possibile”. Un’iniziativa simile verrà avviata internamente dall’Oms su consiglio di una commissione associata al Programma di emergenze sanitarie. E’ invece abortita sul nascere una votazione sulla riammissione di Taiwan nell’assemblea in qualità di membro osservatore, ruolo mantenuto fino al 2016 quando l’arrivo della progressista Tsai Ing-wen al potere ha coinciso con la rottura dei rapporti tra le due sponde dello Stretto. Le ottime capacità gestionali dimostrate nel corso della pandemia avevano spinto Stati uniti e un altra quindicina di paesi a sponsorizzarne una riabilitazione. Le pressioni di Pechino, che considera l’isola una provincia ribelle, potrebbero aver contribuito alla scelta. Ufficialmente, Taipei ha ritirato momentaneamente la propria candidatura su consiglio degli alleati (quei pochi rimasti) per non deviare l’attenzione dei partecipanti dal tema principale del vertice: la guerra contro Covid. [fonte NYT, SCMP]
Covid, il Jilin entra in lockdown
La città di Shulan, nella provincia del Jilin, ha introdotto misure sulla falsariga di Wuhan per far fronte a un nuovo focolaio di coronavirus. Da ieri i residenti non potranno lasciare le abitazioni se non per spese strettamente necessarie ogni due giorni, a turno con gli altri componenti della famiglia. In tutta la provincia sono 34 le infezioni registrate da quando due settimane fa era stato riportato il primo caso in città. Anche la vicina Jilin ha introdotto un parziale lockdown dopo una serie di contagi legati al cluster di Shulan. Entrambe le città hanno sospeso i servizi di bus e taxi in entrata ed uscita. Sei funzionari locali sono stati rimossi dai loro incarichi per negligenza nella gestione della malattia. La vicepremier Sun Chunlan, a capo della task force istituita mesi fa per gestire la crisi, ha raggiunto la provincia la scorsa settimana per verificare l’andamento delle operazioni. Negli ultimi giorni, diversi esperti cinesi hanno messo in guardia dal rischio di una seconda ondata del virus. [fonte SCMP]
Riforme economiche e “Go West”: Una vecchia ricetta contro una nuova sfida
La Cina contrasterà le difficoltà economiche post-covid spingendo sul pedale delle riforme. E’ quanto annunciato ieri dal Consiglio di Stato e dal comitato centrale del Pcc a pochi giorni dalla sessione plenaria dall’Assemblea nazionale del popolo, l’evento politico più importante dell’anno che coincide con l’approvazione degli obiettivi economici discussi nei mesi precedenti. Le “nuove” misure in questione sono le stesse annunciate a partire dal plenum del 2013 e mai attuate completamente: più spazio alle aziende private e straniere, più mercato nell’allocazione delle risorse e una ristrutturazione delle aziende statali. Che la strategia perseguita non sia nuova lo dimostra l’allusione alla politica del “Go West”, lo slogan lanciato negli anni ’90 per direzionare la crescita (trainata dagli investimenti infrastrutturali) verso le province occidentali del paese, quelle più arretrate. Come spiega il documento ripreso dalla stampa cinese, rispolverare il Go West servirà a promuovere “uno sviluppo regionale equilibrato e a coordinare gli interessi generali, sia interni che esterni”. Ora che l’epidemia è diventata un male globale, la sopravvivenza del gigante asiatico dipende sempre di più dal mercato domestico. [fonte: SCMP, Reuters]
Gli USA chiedono chiarezza sulla sorte del Pachen Lama
Mike Pompeo ha chiesto al governo cinese di chiarire “immediatamente” la situazione di Gedhun Choekyi Nyima, riconosciuto nel 1995 dal Dalai Lama come reincarnazione del Pachen Lama, la seconda carica del buddhismo tibetano, e fatto sparire da Pechino quando aveva appena sei anni per lasciare il posto a un candidato filocinese. Da allora si sono perse le tracce di quello che è stato definito il prigioniero politico più giovane al mondo. Il 16 maggio è ricorso il 25esimo anniversario dalla scomparsa scena . [fonte BBC AFP]
Domato Covid, la Cina torna a fare i conti con le emissioni
L’effetto benefico di Covid sull’ambiente ha avuto durata breve. Secondo uno studio del Centre for Research on Energy and Clean Air , la riapertura delle fabbriche dopo due mesi di lockdown ha già compromesso la qualità dell’aria, in alcuni casi facendo schizzare la concentrazione di poveri sottili a livelli peggiori rispetto allo scorso anno. Questo vale per il biossido di azoto, l’anidride solforosa e il particolato fine registrato nei 30 giorni precedenti all’8 maggio, sostanze rilevate nei distretti industriali, mentre le aree urbane densamente popolate – dove le emissioni provengono principalmente dai veicoli – hanno mostrato incrementi minori. Segno che la responsabilità va ricercata sopratutto nella ripresa economica, sebbene il peggioramento vada in parte attribuito anche all’utilizzo più diffuso di automobili a fronte di una riduzione dei mezzi pubblici per evitare il rischio di nuovi contagi. [fonte: Reuters]
Il fentanyl arriva in Myanmar
La polizia birmana ha sequestrato una partita di fentanyl liquido, precursore della potente droga che negli ultimi anni ha fatto migliaia di vittime negli Stati Uniti. Secondo Reuters, è la prima volta che l’oppioide sintetico più potente dell’eroina viene trovato nel Triangolo d’Oro, la regione tra Thailandia, Myanmar e Laos, snodo cruciale del narcotraffico mondiale. La merce ritirata comprende anche 17,5 tonnellate di yaba, altro stupefacente molto diffuso nel Sud-est asiatico, oltre ad armi illegali. L’operazione – che ha portato all’arresto di 120 persone – è stata definita dal UN Office on Drugs and Crime “senza precedenti” per quantità di sostanze requisite. Stando agli esperti, il caso mette in evidenza come la stretta applicata dalla Cina, fino a poco tempo fa fabbrica mondiale del fentanyl, stia dirottando il contrabbando verso i paesi limitrofi dove i controlli sono ancora carenti. [fonte: Reuters]
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.