Alcuni ambasciatori africani in Cina hanno scritto al ministro degli Esteri Wang Yi accusando il paese di “discriminazione” contro i propri connazionali, alludendo alle misure prese da Pechino contro gli stranieri per cercare di prevenire una seconda ondata di contagi. Inoltre, in una lettera separata, gli ambasciatori di Ghana, Kenya e di altri paesi africani hanno messo in evidenza una serie di incidenti avvenuti principalmente nella città meridionale di Guangzhou, dove alcuni media riportano casi di cittadini africani espulsi dagli hotel nel cuore della notte oppure minacciati di sequestro dei passaporti e revoca dei visti. Sebbene nessun commento ufficiale sia arrivato da parte dell’ufficio stampa del Ministero degli Esteri cinese, il funzionario per gli affari esteri Liu Baochun ha dichiarato ad una conferenza stampa la scorsa domenica che Guangzhou sta attuando misure anti-contagio su chiunque entri in città dall’estero, indipendentemente dalla nazionalità, razza o genere. [fonte: Reuters, SCMP:]
Pechino vuole controllare gli studi scientifici sull’epidemia
La Cina starebbe bloccando la pubblicazione di ricerche accademiche sulle origini di Covid-19, in un gesto che sembra far parte di un più ampio tentativo del governo di Pechino di controllare la narrativa riguardo alla pandemia. Sarebbero già due infatti i siti web appartenenti ad università cinesi ad aver rimosso l’annuncio di nuove linee guida per la pubblicazione di studi scientifici. Il primo è quello della China University of Geoscience di Wuhan, che avrebbe cancellato una dichiarazione secondo la quale i documenti accademici riguardanti il coronavirus devono essere sottoposti a controlli da parte del Ministero della Scienza e della Tecnologia di Pechino prima di essere inviati per la pubblicazione. Una simile dichiarazione pare sia stata divulgata il 9 aprile anche dalla scuola di Informatica e Tecnologia dell’Università Fudan di Shanghai, che ha richiesto una gestione “severa e seria” dei documenti che indagano sulla fonte dell’epidemia. Secondo quanto è possibile leggere dalla versione cache del sito, i documenti accademici sul Covid-19 possono essere pubblicati solo dopo essere stati approvati da un ufficio dedicato, probabilmente annesso al Ministero dell’Educazione cinese. Le direttive sembrano rientrare in un piano del governo centrale per unificare la posizione cinese riguardo alle origini dell’epidemia: il 3 aprile Pechino aveva infatti già dichiarato che gli studi clinici sul coronavirus dovranno essere segnalati alle autorità entro tre giorni dall’inizio delle ricerche, pena l’interruzione immediata del progetto. [fonte: Guardian]
Coronavirus: le difficoltà delle eredità digitali
La questione dell’eredità digitale è da tempo oggetto di negoziazione in Cina, ma il repentino propagarsi dell’epidemia del Covid-19 ha riacceso il dibattito, poiché i malati spesso muoiono senza lasciare testamenti ed indicazioni per accedere ai loro profili online. Senza leggi specifiche in materia di eredità digitali, i giganti del tech che operano in Cina hanno messo in atto politiche spesso arbitrarie e divergenti, rendendo difficile per le famiglie delle vittime recuperare i beni materiali e personali che i loro cari avevano conservato nei loro portafogli digitali o su social come Douban. In questi casi, i gestori di telefonia mobile sono spesso il primo riferimento per le famiglie: siccome molti account possono essere sbloccati da chiunque abbia accesso al numero di cellulare dell’utente, China Unicom offre la possibilità di ottenere una copia della scheda SIM ai parenti che presentino un certificato di morte ed un comprovante di eredità, consentendo loro di accedere agli SMS che possono sbloccare altri account. Al contrario, Tencent consente ai familiari di ereditare il saldo e gli investimenti fatti con WeChat Pay, ma non l’accesso agli account del social (compresi i “momenti”), considerati di proprietà dell’azienda. Tuttavia, il lutto si estende oltre i diritti di proprietà, soprattutto quando si tratta di contenuti online: Facebook è stata la prima piattaforma a progettare un approccio al lutto online, permettendo alle persone di designare un amministratore – o “Legacy Contact” – che mantenga la memoria del defunto attraverso il suo profilo, ed in Cina molti familiari hanno già richiesto a piattaforme come Weibo o Douban di attuare misure simili. Ad oggi infatti, tale opzione non esiste su alcuna piattaforma cinese, sebbene in passato Weibo abbia permesso ai parenti di gestire i profili dei familiari deceduti. [fonte: FT]
In Cina, i colossi della telefonia mobile sfidano WeChat
Mercoledì scorso i tre principali gestori di telefonia mobile cinesi – China Mobile, China Unicom e China Telecom – hanno annunciato il lancio di una piattaforma di messaggistica unica abilitata al 5G, nel tentativo di riposizionarsi come concorrenti di WeChat, l’utilizzatissimo social di Tencent. La tecnologia presentata è una forma di Wealthy Communications Service (RCS), una sorta di SMS “potenziato” che possiede funzionalità come video in HD, chat di gruppo, GIF, chatbot ed altri contenuti non ottenibili tramite comuni messaggi di testo. Sebbene il sistema RCS sia disponibile dal 2007 e sia già stato impiegato in altri paesi, l’iniziativa non aveva finora ottenuto l’appoggio dei grandi brand di telefonia, ma questa volta sembrerebbe che almeno 10 produttori di cellulari – tra cui i cinesi Huawei, Xiaomi, Vivo e Oppo – abbiano affermato che i loro futuri smartphone 5G saranno dotati di RCS. Sebbene non vi sia ancora una data ufficiale per il lancio, gli esperti prevedono che il sistema sarà operativo entro giugno. L’annuncio congiunto dei tre gestori per il lancio di un’unica piattaforma è una svolta senza precedenti, con un grande potenziale tecnologico, ma i tempi non sono ancora maturi per valutare se l’iniziativa possa rappresentare una minaccia per il dominio di WeChat. La creatura di Tencent infatti è più centrata sui social network che sulla messaggistica, dove invece si posiziona il sistema RCS. [fonte:Caixin]
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Classe ’94, valdostana, nel 2016 si laurea con lode in lingua cinese e relazioni internazionali presso l’Università cattolica del sacro cuore di Milano. Nonostante la sua giovane età, la sua passione per la cultura cinese e le lingue la portano a maturare 3 anni di esperienza professionale in Italia, Svezia, Francia e Cina come policy analyst esperta in Asia-Pacifico e relazioni UE-Cina. Dopo aver ottenuto il master in affari europei presso la prestigiosa Sciences Po Parigi, Sharon ora collabora con diverse testate italiane ed estere, dove scrive di Asia e di UE.