Il numero di casi di coronavirus ieri è balzato da circa 2.800 a oltre 4.500, +60% in un solo giorno. Il numero dei morti ha superato il centinaio. Secondo paese europeo dopo la Francia, anche la Germania ha annunciato il primo caso di coronavirus sul suo territorio. Si tratta di un dipendente della Webasto (azienda produttrice di componenti per auto), che lavora nella sede bavarese di Stockdorf. Non ha nulla a che fare con la Cina, ma avrebbe contratto il virus da un collega cinese di passaggio in Germania.
Secondo Andreas Zapf, direttore dell’ufficio sanitario bavarese, il paziente «sta bene e rimarrà in isolamento almeno per le prossime due settimane». Una quarantina di persone tra colleghi e familiari è tenuta sotto osservazione.
È VEROSIMILE che altri casi di infezione secondaria (non direttamente legati al focolaio iniziale di Wuhan) si presentino in Germania e altrove. Anche gli altri annunciati ieri in Giappone e a Taiwan sono dello stesso tipo. Nel primo caso, si tratta un autista di pullman contagiato da una comitiva proveniente da Wuhan. A Taiwan, invece, un uomo ha contratto il virus dalla moglie reduce da un viaggio in Cina.
SI CONFERMA L’IPOTESI che la trasmissione da persona a persona stia contribuendo notevolmente all’allargamento dell’epidemia. Anche Sri Lanka ha registrato il primo caso sul proprio territorio: una turista cinese di circa 40 anni. I Paesi coinvolti salgono così a 17, Cina inclusa. In Francia, il direttore generale del ministero della sanità Jerôme Salomon nel pomeriggio di ieri ha annunciato un quarto caso, «un turista cinese di età avanzata ricoverato a Parigi in rianimazione».
Xi Jinping ieri ha incontrato a Pechino Tedros Gebreyesus, direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Entrambi sono sotto pressione. Si moltiplicano le richieste affinché l’Oms dichiari lo stato di emergenza internazionale, una decisione delicata e finora negata perché probabilmente condurrebbe a limitazioni della circolazione di merci e persone, con un impatto negativo sulle reti globali di distribuzione delle merci. Sul governo centrale cinese, invece, si concentrano le critiche per l’iniziale sottovalutazione dell’epidemia e per la scarsa trasparenza nei confronti della popolazione. Xi e Gebreyesus, dunque, hanno tutto l’interesse a esibire la massima attenzione e trasparenza nella risposta sanitaria al coronavirus di fronte all’opinione pubblica.
MA LE FOTO UFFICIALI potrebbero non bastare. A Hong Kong, teatro da mesi di proteste contro il governo, aumentano le spinte isolazioniste: da ieri sono interrotti i collegamenti ferroviari a alta velocità e i traghetti. L’Hospital Authority Employee Alliance, un sindacato locale dei lavoratori della sanità, minaccia uno sciopero potenzialmente devastante a partire dal 3 febbraio, se non verranno prese misure più radicali per proteggere la città-stato dal contagio. Tra le richieste, la chiusura di Hong Kong agli ingressi dall’entroterra cinese e l’obbligo di indossare mascherine per la popolazio.
Di Andrea Capocci
[Pubblicato su il manifesto]