Il risultato finale delle presidenziali a Taiwan è stato netto: otto milioni di voti (record dall’introduzione dell’elezione diretta nel 1996) per l’uscente Tsai Ing-wen del Partito democratico progressista (Dpp). Tsai ha ottenuto il 57,1 per cento dei voti contro il 38,6 del principale sfidante, Han Kuo-yu del Partito nazionalista (Kmt). Il 4,2 per cento dei voti è andato al terzo candidato, James Soong del People First Party.
Per il Parlamento (Legislative Yuan), rispetto alla legislatura in scadenza: il Dpp perde sette seggi, conquistandone 61, ma mantiene la maggioranza e conta in più sul sostegno di altre formazioni minori sue alleate; tre seggi in più, ovvero 38, per il partito di Han (Partito nazionalista, Kmt) che rimane così all’opposizione.
Da sottolineare che nelle elezioni parlamentari il Dpp e il Kmt hanno avuto il medesimo risultato nel proporzionale con circa il 33 per cento dei voti ciascuno e con lo stesso numero di seggi conquistati (tredici). La differenza è stata fatta dal voto nei collegi uninominali: il Dpp ha quasi doppiato il Kmt con 48 seggi a 25.
Buon esordio per il partito (Taiwan People Party) da poco fondato dal sindaco di Taipei: 11,7 per cento dei voti e cinque seggi nel proporzionale. Insuccesso invece per il People First Party di Soong, un veterano della politica taiwanese già candidato presidente in passato nelle fila del Kmt, che non ha beneficiato dell’endorsement e dell’attivismo di Terry Gou, fondatore del gigante mondiale della componentistica FoxConn, nell’ultima settimana di campagna elettorale.
Sia il mandato presidenziale che la legislatura parlamentare durano quattro anni.
Nella giornata di oggi Tsai ha ripreso le attività presidenziali incontrando il presidente della Japan-Taiwan Exchange Association (JTEA), che rappresenta gli interessi giapponesi nell’isola in assenza di relazioni diplomatiche. È plausibile ritenere che anche nel secondo mandato Tsai, cui compete la nomina del primo ministro senza bisogno del voto di fiducia da parte del Parlamento, si concentrerà molto sulle relazioni esterne con l’obiettivo di mantenere viva e ove possibile rafforzare la rete già esistente di “relazioni informali” con i paesi dell’Asia sud e sud-orientale, così come con gli Stati Uniti.
Obiettivo, questo, fondamentale per Taiwan nei confronti della Cina che durante il mandato di Tsai, soprattutto nell’ultimo biennio ha aperto relazioni diplomatiche con vari Paesi dell’America centrale, del Pacifico e dell’Africa in precedenza ancora legati al governo di Taipei.
Significativa su questo fronte è apparsa le lettura di alcuni passaggi contenuti sia nel comunicato ufficiale rilasciato dal governo di Pechino, ieri stesso a risultati elettorali ormai assodati, e nel discorso della vittoria tenuto da Tsai al fianco del suo vicepresidente designato, l’ex primo ministro William Lai che fino ad alcuni mesi fa sembrava poterle contendere la candidatura presidenziale in rappresentanza del Dpp. In sostanza, la Cina ha confermato quello che viene definito come il proprio obiettivo di perseguire la riunificazione nazionale atraverso lo Stretto di Taiwan. La rieletta Tsai ha invece affermato che, in linea di continuità con il precedente mandato, essa si opporrà a ogni tentativo di modificare lo status quo. Una posizione, questa, che nella sostanza appare del tutto in linea con quanto auspicato ieri stesso dal segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, nel tweet di congratulazioni a Tsai.
Di Raffaele Cazzola Hofmann*
**Raffaele Cazzola Hofmann, laureato in Scienze politiche all’Università di Roma La Sapienza, è dottore di ricerca in Sociologia dello sviluppo presso l’Università di Enna Kore. Ha svolto attività di ricerca a Taipei con il programma Taiwan Fellowship 2019. Giornalista pubblicista. Autore dei saggi “L’Asia sulla strada del futuro” (Pantheon), “Cina, il boom made in Africa” (Kore University Press) e “La pirateria del terzo millennio” (Mursia). E’ Senior Associate presso Strategic Advice, società dedicata alla consulenza nel campo delle relazioni istituzionali e della comunicazione strategica.