Le recenti polemiche sulla repressione e il controllo sociale attuato dal partito comunista nella regione nordoccidentale dello Xinjiang, contro la minoranza turcofona e musulmana degli uiguri, hanno riaperto la discussione sullo «Stato di sorveglianza» cinese.
Oggi la Cina ha parecchie armi a propria disposizione per arrivare, nel tempo, a un controllo totale delle persone. Si tratta di una potenzialità diventata reale grazie alla grande trasformazione tecnologica del paese (e con essa la nuova straordinaria capacità di raccogliere dati biometrici da parte di Pechino) associata a un’attenzione all’ordine e al controllo sociale che costituisce un aspetto tradizionale nella storia cinese.
Il sistema dei crediti sociali (un insieme di «modelli» per verificare l’«affidabilità» delle persone associandole a un punteggio e a blacklist), le smart city iper controllate e tutto quanto messo a disposizione dall’Intelligenza artificiale e dai Big Data, oltre ad avere assonanze nella storia imperiale cinese, si è sviluppato 40 anni fa.
L’attuale evoluzione è un’accelerazione dei ragionamenti su cui il partito comunista è impegnato da tempo. L’origine dell’odierno Panopticon cinese risiede infatti negli anni ’70 e nella cibernetica. La cibernetica – in breve – è la scienza che studia il controllo e le comunicazioni fra persone e macchine. Solitamente si attribuisce al matematico Norbert Wiener la sua introduzione nell’ambito scientifico, grazie al suo libro pubblicato nel 1948 dal titolo Cybernetic.
IL «WIENER CINESE» è Qian Xuesen, considerato il padre del programma di sviluppo missilistico cinese ma non solo. Oggi Qian è una sorta di eroe. Scienziato di punta negli Usa, venne cacciato durante il maccartismo perché accusato di simpatie comuniste.
Nel 1954 Qian ha pubblicato Engineering Cybernetics: si deve a lui e ad altri scienziati cinesi la prima configurazione di modelli di ingegneria sociale che, utilizzati nel tempo dal partito comunista, sono confluiti in quello che è noto come il Golden Project, un progetto di totale organizzazione della società su basi ingegneristiche e che ha trovato di recente alcune sue realizzazioni.
LE SMART CITY e il sistema dei crediti sociali ne sono due esempi, così come la corsa all’intelligenza artificiale e all’utilizzo di Big Data. Le nuove tecnologie consentono alla Cina di delineare quanto Qian aveva tratteggiato, attraverso la volontà di dividere spazi e persone per consentire un controllo migliore da parte delle autorità.
Un esempio più recente di questo percorso arrivò già nel 2002, quando la Cina diede vita a una nuova concezione di polizia: a Shanghai gli agenti erano impegnati nella raccolta di informazione grazie a un sistema che divideva lo spazio urbano in «griglie», con ciascuna delle griglie assegnate a «gestori» diversi in grado così di dare risposte più rapide e ottenere più informazioni dettagliate possibili in uno spazio più limitato. Ora, immaginiamo tutto questo oggi con la potenza di videocamere e riconoscimento facciale.
PARTICOLARE ATTENZIONE è stata data al ruolo dei flussi di informazione. Infatti, all’interno del Golden Project, c’è il progetto Golden Shield, quello che secondo Rogeer Creemers in China’s Social Credit System: An Evolving Practice of Control «merita particolare attenzione», perché si tratta di un «programma che mira a creare un’infrastruttura nazionale all’interno della polizia e della sicurezza interna, che è diventata rapidamente sempre più potente negli ultimi anni, affinché acquisisca migliori capacità tecnologiche, di analisi e di gestione».
Passando attraverso la leadership di Jiang Zemin e di Hu Jintao poi, prima di arrivare a Xi Jinping, il partito comunista ha continuato a sviluppare i piani di ingegnerizzazione sociale, di cui il «sistema dei crediti sociali» rappresenta solo uno dei tanti aspetti.
ANCHE PER QUESTO non dovremmo limitarci a cercare di evidenziarne solo i caratteri che ai nostri occhi appaiono distopici, quanto inserirli all’interno di un disegno più ampio: a quel punto tutto potrebbe apparire anche più inquietante di una semplice assonanza tra la Cina e Black Mirror.
Se infatti i crediti sociali mirano a creare una società basata sulla fiducia nella quale cosa è virtuoso e morale lo decide il partito comunista, un’ulteriore «griglia sociale» sarà stabilita dalle smart city, a loro volta governate socialmente attraverso crediti sociali e capacità tecnologiche che consentono raccolta ed elaborazioni di dati continua.
Come specifica Samantha Hoffmann in Managing the State: Social Credit, Surveillance and the CCP’s Plan for China, «Nella costruzione del sistema di credito sociale, la ricerca e lo sviluppo attuali sono in gran parte focalizzati su aree quali l’analisi e l’integrazione di Big Data per supportare la raccolta di informazioni e garantirne l’uso efficace per l’intelligence. Questa è una delle molte aree in cui i progressi nell’intelligenza artificiale aiuterebbero a snellire i processi di gestione sociale e, forse idealmente, persino ad automatizzarli».
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.