Nonostante le smentite di Ren Zhengfei, Huawei starebbe continuando a collaborare con l’Esercito cinese, come accusato più volte dagli Stati Uniti. E’ quanto emerge da un’inchiesta di Bloomberg, secondo la quale, nell’ultimo decennio, dipendenti del colosso di Shenzhen hanno realizzato almeno dieci progetti di ricerca in collaborazione con personale militare. Tra questi spiccano studi sull’intelligenza artificiale e la geocalizzazione satellitare con un’unita investigativa della Commissione militare centrale e la prestigiosa National University of Defense Technology. Il report, che si è avvalso di database online e riviste specializzate, lascia intendere l’esistenza di altro materiale classificato non consultabile. Ma non è chiaro fino a che punto Huawei fosse compartecipe nelle ricerche, che riportano il nome di dipendenti ancora formalmente impiegati nell’azienda [fonte: Bloomberg]
Oltre la metà dei consumatori cinesi boicotta il “made in Usa”
Pur evitando atti vandalici e campagne di boicottaggi, i consumatori cinesi hanno silenziosamente cominciato a dare sfogo al loro proverbiale patriottismo. Secondo la società di consulenza londinese Brunswick, oltre la metà dei cinesi sta accuratamente evitando di acquistare qualsiasi prodotto “made in Usa”. Il sondaggio – che parla di rischio “significativo” per le società statunitensi – ha preso in esame 1.000 consumatori. Di questi il 56% ha dichiarato di stare scartando del tutto i prodotti statunitensi, mentre il 68% ammette di avere maturato un’opinione peggiore nei confronti delle ditte americane. La situazione sull’altra sponda del Pacifico non è molto migliore. Delle 1.000 persone intervistate il 60% ha affermato di aver notato un aumento dei prezzi dei beni per la casa a causa delle tariffe. Come avvertito da innumerevoli studi, le vere vittime della guerra commerciale sono consumatori e aziende domestiche non i competitor sull’altra sponda del Pacifico [fonte: Reuters]
L’AI arriva nei casinò di Macao
L’ossessione per la videosorveglianza e l’intelligenza artificiale arriva fino ai tavoli da gioco. Sono almeno già due i casinò di Macao – Las Vegas Sands Corp. e MGM Resorts International – ad aver introdotto la controversia tecnologia per studiare la propensione al rischio dei clienti. Telecamere nascoste riprendendo il comportamento dei giocatori durante le puntate, inviando le informazioni raccolte a un database centralizzato attraverso cui viene creato un profilo di rischio della persona. Mentre le aziende fornitrici ne esaltano gli aspetti virtuosi – la tecnologia aiuta a rilevare possibili collusioni tra croupier e giocatori, a prevenire frodi e a sorvegliare il lavoro dei dipendenti – gli esperti ne criticano la violazione della privacy e delle norme etiche. I soggetti più predisposti al rischio sono normalmente anche quelli che investono e perdono somme più alte [fonte: Reuters]
Arrestato lo chef giapponese della famiglia Kim?
Per la prima volta dalla morte di Otto Warmbier, la Corea del Nord avrebbe arrestato altri due cittadini stranieri. Secondo la stampa giapponese e sudcoreana si tratterebbe rispettivamente di Kenji Fujimoto, ex chef della famiglia Kim, e Alek Sigley, studente australiano molto attivo sui social e considerato una fonte d’informazione sul Regno Eremita. Fujimoto, che gestiva un ristorante di sushi a Pyongyang, sarebbe irraggiungibile dall’agosto 2018, mentre le ultime notizie di Sigley risalgono a lunedì scorso [fonte: Upi]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.