Giovedì prossimo, Xi Jinping si recherà in Corea del Nord diventando il primo presidente cinese a visitare il Regno eremita in 14 anni. La trasferta arriva a diversi mesi dall’invito di Kim Jong-un, annunciato a gennaio durante l’ultimo dei quattro meeting tra i due leader, avvenuti tutti in Cina. La visita servirà a commemorare i 70 anni dall’istituzione dei rapporti diplomatici e a “evidenziare i problemi economici e commerciali bilaterali”, spiega il People’s Daily. Pechino teme non poco che le precarie condizioni economiche del Nord spingano nuove ondate di profughi oltre il confine. Ma il tempismo dell’annuncio si presta anche a interpretazioni di natura più strategica. Non solo l’intercessione di Xi potrebbe aiutare a sbloccare l’impasse in cui vertono i colloqui tra Pyongyang e Washington, compromessi ulteriormente dalla ripresa dei test missilistici nordcoreani. Gli esperti sono piuttosto concordi nel ritenere che il presidente cinese cercherà di giocare la carta nordcoreana durante il prossimo G20 di Osaka, quando ci si attende che Xi incontrerà Trump per ricucire lo strappo e riavviare i negoziati commerciali [fonte: Scmp]
Continuano gli espianti sui praticanti della Falun Gong
L’espianto di organi sui detenuti della Falun Gong continua tutt’oggi. E’ la conclusione a cui è giunto il China Tribunal, tribunale indipendente di Londra istituito appositamente per accertare l’attendibilità delle rassicurazioni con cui dal 2014 Pechino sostiene di aver bandito il prelevamento degli organi dai condannati. L’inchiesta – supportata, tra gli altri, da medici, testimoni e difensori dei diritti umani – attesterebbe tutt’oggi l’esecuzione degli espianti forzati sui prigionieri, per la maggior parte praticanti della Falun Gong, mentre il coinvolgimento di uiguri e tibetani rimane ancora di dubbia entità. Secondo stime del tribunale, ogni anno in Cina avvengono fino a 90.000 trapianti, molto più di quanto sostenuto dalle fonti ufficiali del governo [fonte: Guardian]
Attivisti chiedono inchiesta Onu sul massacro di Tian’anmen
Oltre 20 attivisti legati alle proteste di piazza Tian’anmen, sostenuti da Chinese Human Rights Defenders, hanno chiesto al Consiglio per i diritti umani dell’Onu di avviare un’indagine al fine di accertare i crimini commessi dal regime comunista durante la repressione dell’89. Il noto dissidente Wang Dan e un’altra ventina di firmatari auspicano inoltre venga fatta luce sulle “ricorrenti violazioni dei diritti umani durante la persecuzione dei cittadini cinesi che negli ultimi trent’anni hanno rotto il silenzio” sul massacro. Pechino gode di un forte sostegno tra i paesi in via di sviluppo e il Consiglio per i diritti umani non ha mai adottato una risoluzione sulla Cina da quando è stata istituito nel 2006 [fonte: Reuters]
E-commerce dietro le sbarre
Lo shopping online, onnipresente in Cina, è ora disponibile dietro le sbarre. Nella megalopoli meridionale di Guangzhou, la prigione di Conghua – che ospita 1000 detenuti – è diventata la prima nel paese a consentire ai detenuti di acquistare online tramite terminali touch-screen, secondo i media statali cinesi. Una volta al mese, i detenuti possono acquistare generi alimentari, scegliendo tra oltre 200 articoli e pagando i normali prezzi di mercato. Secondo il China Daily, latte, noodles istantanei, carne conservata, sigarette e persino la salsa al peperoncino Lao Gan Ma sono tra i prodotti più popolari. In una Cina sempre più digitalizzata, lo shopping dietro le sbarre permetterà ai detenuti di prendere dimestichezza con nuove metodologie d’acquisto, in cui necessariamente si imbatteranno una volta usciti di prigione [fonte: Inkstone]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.