Si sono concluse con gli scontri tra i manifestanti e la polizia le proteste pacifiche che domenica hanno visto la popolazione di Hong Kong manifestare contro il discusso emendamento della legge di estradizione. Oltre 1 milione di persone – secondo il Civil Human Rights Front (circa 240mila stando alla polizia) – si sono riversate davanti al parlamento nella serata di domenica per chiedere le dimissioni della chief executive e la sospensione del provvedimento che – una volta approvato – vedrà l’ex colonia britannica consegnare a Pechino i sospettati di alcuni crimini punibili con almeno sette anni di carcere, anche in assenza di un accordo formale di estradizione. La misura, valutata in seguito a un episodio di cronaca nera, si teme possa essere strumentalizzata dal governo cinese per mettere le mani su dissidenti e personaggi scomodi. Anche in assenza di legislazioni ad hoc, negli ultimi anni Pechino si è distinto per una serie di clamorosi rapimenti. Quella di domenica sarebbe ad oggi la mobilitazione di piazza più numerosa dal 2003, anno in cui gli ho gli hongkonghesi protestarono contro la proposta per una legge sulla sicurezza nazionale. Allora le manifestazioni portarono alle dimissioni del chief executive Tung Chee-hwa, ma stavolta la leader Carrie Lam – eletta all’indomani della rivoluzione degli Ombrelli – sembra non mollare.
La stampa cinese accusa influenze straniere. Secondo il China Daily, i manifestanti “non sono riusciti a rendersi conto che il campo di opposizione li sta usando semplicemente come pedine nelle sue manovre per raccogliere guadagni politici danneggiando la credibilità e la reputazione del governo SAR, o che alcune forze straniere stanno cogliendo l’opportunità di far avanzare la loro strategia per danneggiare la Cina cercando di creare scompiglio a Hong Kong ” [fonte: NYT, Reuters, Reuters]
La Cina limiterà l’export di tecnologia
Pechino sta lavorando a un meccanismo di controllo dell’export di tecnologia strategica per “prevenire e risolvere i rischi per la sicurezza nazionale”. Sviluppato dalla Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma sulla base della legge sulla sicurezza nazionale del 2015, il nuova sistema interesserà soprattutto la tecnologia nucleare e militare, ma, in tempi di guerra commerciale, è probabile venga sfruttato per colpire società americane in risposta alle nuove misure introdotte da Washington contro Huawei. La scorsa settimana, la stampa statale ha annunciato l’imminiente creazione di una lista delle aziende straniere “inaffidabili” senza precisare il tipo di sanzioni al vaglio. Da anni Pechino lamenta le regide restrizioni imposte dagli States sull’export di prodotti hi-tech, considerate la vera causa del deficit commerciale americano. Intanto, secondo il NYT, le autorità cinesi starebbero facendo pressione sulle compagnie straniere affinché non seguano il “ban” di Washington [fonte: FT]
La trade war colpisce Hollywood
Mentre la guerra commerciale continua a imperversare, la lista delle vittime indirette si allunga e arriva a includere anche Hollywood. Secondo il Telegraph, lo dimostra la rimozione di film occidentali dal grande e piccolo schermo nonché il licenziamento di attori americani. Il China Film Bureau avrebbe inoltre riferito ai distributori che solo i film statunitensi parzialmente prodotti dalla Cina saranno rilasciati sul mercato cinese. “Essenzialmente dal giorno alla notte molti americani sono stati rimossi dallo schermo: alcuni sono stati licenziati, altri si sono visti annullare i provini, e in sostanza tutti i nostri telefoni hanno smesso di squillare”, ha spiegato un insider a Variety. Ad accrescere i sospetti, la decisione improvvisa di non trasmettere l’ultima puntata della serie Game of Thrones, di cui Tencent detiene i diritti. Il tutto avviene mentre secondo uno studio di PricewaterhouseCoopers, i cinema cinesi incasseranno 12,28 miliardi di dollari nel 2020, scavalcando gli 11,93 miliardi degli Stati Uniti [fonte: Telegraph]
Gaokao e “pillole smart”
Il gaokao, l’esame d’accesso all’università, viene per tradizione visto con timore e angoscia dagli studenti cinesi. Training militareschi e ingegnosi sotterfugi per copiare tinteggiano tradizionalmente la cronaca. Quest’anno tuttavia a tenere banco sulla stampa cinese è stata una nuova inquietante tendenza: l’assunzione di “pillole smart” per migliorare la perfomance scolastica. Infatti, sono sempre di più gli studenti cinesi a fare uso di farmaci a base di metilfenidato, rilasciati su prescrizione medica e usati normalmente per i disturbi del sonno ma assunti spesso impropriamente per aumentare la competenza cognitiva e l’attenzione così da migliorare i risultati accademici in breve tempo. In realtà, le pillole creano dipendenza e causano disturbi dalle nausee alla perdita della memoria. Se la vendita attraverso i canali ufficiali è rigidamente controllata, negli ultimi tempi è sempre più facile acquistarle illegalmente da India, Pakistan, Stati Uniti e Svizzera attraverso WeChat. Mentre il fenomeno delle pillole smart ha raggiunto la sua massima visibilità con il gaokao, i medici hanno rilevato il consumo anche tra gli quattordicenni, spesso incentivato dai genitori, preoccupati per il futuro professionale dei propri figli [fonte: Scmp]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.