A meno di un mese dal 30esimo anniversario di Tian’anmen, Pechino ha censurato del tutto Wikipedia. Mentre il sito cinese è inaccessibile dal 2015, la versione in altre lingue era fino a pochi giorni fa ancora consultabile senza VPN. Ma, secondo l’organizzazione GreatFire.org, dal 23 aprile l’enciclopedia online sarebbe stata completamente oscurata. Una mossa motivata probabilmente dalla diffusione di traduttori online e quindi dalla maggiore accessibilità di materiale straniero, chiarisce Open Observatory of Network Interference, che per primo ha riportato la notizia. Ma la censura, se da una parte rispecchia l’ossessione del governo per la stabilità sociale, dall’altra limita l’accesso a informazioni indispensabili nel settore della ricerca, su cui poggia in buona parte il nuovo modello di sviluppo cinese. Proprio oggi il periodico di partito Qiushi ha ripubblicato un vecchio di scorso di Xi Jinping sulle fragilità dell’economia cinese. Letteralmente: “anche se la nostra economia è volata al secondo posto nel mondo, è grande ma non è forte. Ciò si riflette principalmente nella mancanza di forza nella capacità di innovazione, che è il ‘tallone d’Achille’ della nostra economia.” [fonte: Scmp, AFP]
Attacco a tenaglia di Trump contro Huawei
Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha annunciato di aver aggiunto Huawei Technologies Co Ltd e 70 affiliate alla sua cosiddetta “Entity List”, una mossa che vieta al gigante delle telecomunicazioni di acquistare parti e componenti da società statunitensi senza l’approvazione del governo americano. La decisione “impedirà l’uso di tecnologia americana da parte di entità di proprietà straniera che potenzialmente minano gli interessi di sicurezza nazionale o di politica estera degli Stati Uniti”, ha spiega il segretario al Commercio Wilbur Ross. Data la dipendenza del colosso cinese dalla componentistica statunitense, il divieto limiterà di molto la produzione. Mentre ufficialmente il provvedimento segue l’incriminazione di Huawei per furto di segreti commerciali e violazione delle sanzioni contro l’Iran, la controffensiva di Trump va letta alla luce di uno scontro a tutto campo nel settore tecnologico. Sempre nella giornata di mercoledì Trump ha emesso un ordine esecutivo “generico” che vieta alle società americane di installare apparecchiature stranieri che potrebbero rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale. Un ulteriore passo avanti rispetto al disegno di legge che dalla scorso agosto impedisce al governo americano di utilizzare apparecchiature Huawei e ZTE, le società cinesi più temute sebbene non le uniche. Nei giorni scorsi la Federal Communications Commission ha bloccato l’operatore telefonico statale China Mobile preannunciando misure simili per China Unicom e China Telecom [fonte: Reuters, NYT]
Nuova stretta sulla sicurezza informatica
Le società straniere operanti in Cina dovranno fare i conti con nuove restrizioni nei settori del cloud computing. Lo riporta in esclusiva il Financial Times secondo il quale l’annuncio potrebbe arrivare entro la fine della settimana. I documenti visionati parlano di un rafforzamento delle regole informatiche e del cosiddetto “sistema di protezione multilivello” con l’obiettivo di ampliare il controllo governativo nei settori quali rete mobile, internet delle cose, big data e sicurezza industriale. Sarebbero almeno già due le società straniere coinvolte nella gestione dei dati dei consumatori sotto inchiesta per possibili violazioni della sicurezza informatica. Dato il clima, secondo il quotidiano finanziario, Morgan Stanley avrebbe già deciso di ricollocare circa 150 posizioni dall’ufficio di Shanghai ad altri paesi dell’Asia [Fonte: FT]
Jack Ma: “più lavoro e più sesso”
Dal “996” al “669” la polemica avviata da Jack Ma si sposta dalla richiesta di turni di lavoro massacranti al sessismo. Secondo Caixin, in occasione dell’annuale matrimonio di massa organizzato da Alibaba lo scorso 10 maggio. Rivolgendosi alle 102 coppie presenti, Ma avrebbe fatto riferimento all’ormai conosciutissima espressione 996 – che sta a indicare turni di lavoro dalle 9 di mattina alle 9 di sera per 6 giorni alla settimana – aggiungendo che, fuori dall’ufficio, è al 669 che bisogna puntare. Con il gioco di parole, anzi di numeri, l’uomo più ricco di Cina voleva invitare i propri dipendenti a fare sesso sei volte alla settimana e a farlo “a lungo” (espressione che in cinese si pronuncia come il numero nove). Il siparietto ha scatenato un putiferio su Weibo, dove l’account di China Women’s News ha definito fuori luogo l’intrusione di Ma nella vita privata dei dipendenti. C’è poi chi come l’ong Queer Workers’ Service Center vi ha riscontrato sfumature sessiste considerato che l’invito era chiaramente rivolto al team di sesso maschile. Non è la prima volta che Alibaba finisce nell’occhio del ciclone per i commenti inopportuni di Ma e le politiche discriminatorie dell’azienda [fonte: Caixin]
China Files propone alle aziende italiane presenti sul mercato cinese e a tutte quelle realtà interessate a conoscere il paese, servizi di comunicazione quali: newsletter, aggiornamenti su specifici settori e gestione dei contenuti web sui social network locali, oltre a progetti formativi e di approfondimento ad hoc. Contattaci a info@china-files.com
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.